Pubblichiamo il parere 3 giugno 216, prot. n. 158051 del Ministero dello Sviluppo economico in risposta a un quesito posto da un'impresa sulla necessità di possedere un’abilitazione particolare per installare impianti elettrici occasionalmente fuori dall’Italia ma all’interno dell’Unione europea.
“La c.d. «libera prestazione dei servizi» costituisce una delle libertà economiche fondamentali e fondanti nel lungo processo di costituzione del mercato comunitario, ed è volta a garantire alle imprese ed ai professionisti un diritto di mobilità nel contesto del mercato interno comune. Essa comporta per i soggetti che legittimamente operano in uno Stato membro dell’Unione europea, siano essi persone fisiche o giuridiche, il diritto di offrire i propri servizi a destinatari residenti in altri Stati membri, su base temporanea, senza che da ciò derivi la necessità di uno stabilimento nello Stato del destinatario della prestazione offerta.
Oltre che da norme recate dai Trattati, la materia è disciplinata nell’Unione dalla direttiva 2005/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 settembre 2005, relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali, recepita nell’ordinamento giuridico nazionale con il decreto legislativo 9 novembre 2007, n. 206, e recentemente modificata ad opera della direttiva 2013/55/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 novembre 2013, a sua volta recepita con il decreto legislativo 28 gennaio 2016, n. 15, che ha introdotto numerose modifiche alle norme del richiamato decreto legislativo 206/2007.
Finalità della disciplina unionale complessivamente in vigore è quella di garantire ai soggetti che hanno acquisito una qualifica professionale in uno Stato membro il diritto di esercitare tale professione in un differente Stato membro in condizioni di parità con i cittadini di quello Stato.
L’articolo 5 della direttiva 2005/36/CE detta disposizioni concernenti il diritto del professionista ad offrire i propri servizi in libera prestazione, in modo temporaneo ed occasionale, stabilendo che non possa essere limitata, per ragioni attinenti alle qualifiche professionali, la libera prestazione di servizi resa nel territorio di un altro Stato membro quando il prestatore sia legalmente stabilito in uno Stato membro per l’esercizio della stessa professione e, nel caso in cui tale attività professionale non sia regolamentata nello Stato di stabilimento, quando egli abbia esercitato la predetta professione per almeno un anno nel corso dei dieci anni precedenti.
Precisa il paragrafo 3 del medesimo articolo che il prestatore che si sposta per offrire i propri servizi nel territorio di un altro Stato membro «è soggetto a norme professionali, di carattere professionale, legale o amministrativo, direttamente connesse alle qualifiche professionali, quali la definizione della professione, l’uso dei titoli e gravi errori professionali connessi direttamente e specificamente alla tutela e sicurezza dei consumatori, nonché le disposizioni disciplinari applicabili nello Stato membro ospitante ai professionisti che, ivi, esercitano la stessa professione», mentre risulta esentato, in forza del successivo articolo 6 della direttiva, da qualsiasi autorizzazione, iscrizione o adesione ad un’organizzazione o ad un organismo professionale (salva la possibilità che lo Stato membro preveda una iscrizione o adesione temporanea ed automatica, senza oneri per il professionista, che sia volta unicamente a facilitare l’applicazione delle disposizioni disciplinari in vigore nel territorio nazionale). Allo stesso modo, lo Stato membro ospitante non può richiedere ai prestatori transfrontalieri l’iscrizione ad un ente di previdenza sociale di diritto pubblico (che deve però essere prontamente informato dal prestatore).
Venendo più specificamente al quesito posto da codesta impresa, l’articolo 7 della direttiva stabilisce che gli Stati membri possano «esigere che, se il prestatore si sposta per la prima volta da uno Stato membro all’altro per fornire servizi, questi informi in anticipo l’autorità competente dello Stato membro ospitante con una dichiarazione scritta.». Tale dichiarazione preventiva, che può essere presentata «con ogni mezzo» e deve essere «rinnovata annualmente se il prestatore intende fornire servizi temporanei o occasionali in tale Stato membro durante l'anno in questione», deve contenere «informazioni sulla copertura assicurativa o analoghi mezzi di protezione personale o collettiva per la responsabilità professionale» ed essere corredata, se richiesto dallo Stato membro ospitante, dai seguenti documenti:
- una prova della nazionalità del prestatore;
- un attestato che certifichi lo stabilimento legale del prestatore in uno Stato membro per l’esercizio dell’attività professionale, nonché l’assenza di sanzioni a suo carico comportanti il divieto anche temporaneo di esercizio;
- una prova dei titoli di qualifiche professionali;
- nel caso di attività non regolamentata nello Stato membro di stabilimento, la prova «con qualsiasi mezzo» del pregresso esercizio dell’attività per almeno un anno nei dieci precedenti la prestazione.
(Si è omessa l’ulteriore documentazione prevista dall’articolo 7, paragrafo 2, in esclusivo riferimento ad ipotesi ed attività differenti da quanto oggetto del quesito posto).
La presentazione della dichiarazione preventiva conformemente alle disposizioni normative unionali e nazionali costituisce condicio sine qua non affinché l’impresa dichiarante possa considerarsi abilitata alla prestazione del servizio per l’anno in corso nell’intero territorio dello Stato membro ospitante. Essa consente al prestatore di «avere accesso all’attività di servizio o di esercitarla sull’intero territorio dello Stato membro interessato» (in tal senso, il paragrafo 2-bis dell’articolo 7 della direttiva).
La direttiva stabilisce che entro un mese dalla ricezione della dichiarazione preventiva l’Autorità dello Stato ospitante informi il prestatore dell’esito dell’istruttoria.
Ai sensi del primo comma del paragrafo 4 dell’articolo 7, essa potrà procedere alla verifica delle qualifiche professionali «nel caso delle professioni regolamentate aventi ripercussioni in materia di pubblica sicurezza o di sanità pubblica, che non beneficiano del riconoscimento automatico ai sensi del titolo III, capo II, III o III bis», e comunicare nel termine anzidetto al prestatore l’assenso alla prestazione dei servizi, ovvero la necessità del previo superamento di una prova attitudinale (nel caso sussistano differenze sostanziali tra le qualifiche possedute dal prestatore e la formazione professionale richiesta nello Stato membro ospitante tali da poter recare nocumento alla salute pubblica o alla sicurezza).
Qualora insorga una difficoltà tale da impedire all’Autorità dello Stato ospitante il rispetto del termine di un mese, quest’ultima ne darà comunicazione al prestatore entro lo stesso termine. In ogni caso, la difficoltà insorta deve essere risolta entro un mese dalla notifica e la decisione assunta non oltre i due mesi successivi alla risoluzione della difficoltà.
Il professionista dichiarante potrà quindi svolgere la propria prestazione di servizi nel caso in cui l’Autorità dello Stato membro ospitante, allo spirare del termine mensile (eventualmente prorogato, come sopra indicato), non gli notifichi la presenza di elementi ostativi, ovvero nel caso in cui essa gli comunichi espressamente il proprio assenso”.