Sentenze

Installazione di un ascensore su area comune per eliminare barriere architettoniche: delucidazioni dalla Cassazione

Allorché l'installazione di un ascensore su area comune sia funzionale allo scopo di eliminare delle barriere architettoniche, occorre tenere conto del principio di solidarietà condominiale, che implica il contemperamento di vari interessi, tra i quali deve includersi anche quello delle persone disabili

martedì 5 luglio 2022 - Redazione Build News

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“Allorché l'installazione di un ascensore su area comune sia funzionale allo scopo di eliminare delle barriere architettoniche (o comunque di agevolare l'accesso alle proprie abitazioni, specie se poste ai piani alti, evitando di affrontare le scale), occorre tenere conto del principio di solidarietà condominiale, che implica il contemperamento di vari interessi, tra i quali deve includersi anche quello delle persone disabili all'eliminazione delle barriere architettoniche (o comunque delle persone che hanno difficoltà ad affrontare le rampe), trattandosi di un diritto fondamentale che prescinde dall'effettiva utilizzazione, da parte di costoro, degli edifici interessati e che conferisce comunque legittimità all'intervento innovativo, purché lo stesso sia idoneo, anche se non ad eliminare del tutto, quantomeno ad attenuare sensibilmente le condizioni di disagio nella fruizione del bene primario dell'abitazione”.

Lo ricorda la seconda sezione civile della Corte di cassazione nell'ordinanza n. 19087/2022 pubblicata il 14 giugno.

L'interesse all'installazione, “nonostante il dissenso di alcuni condòmini, dell'impianto di ascensore è funzionale al perseguimento di finalità non limitabili alla sola tutela delle persone versanti in condizioni di minorazione fisica, ma individuabili anche nell'esigenza di migliorare la fruibilità dei piani alti dell'edificio da parte dei rispettivi utenti, apportando una innovazione che, senza rendere talune parti comuni dello stabile del tutto o in misura rilevante inservibili all'uso o al godimento degli altri condòmini, faciliti l'accesso delle persone a tali unità abitative, in particolare di quelle meno giovani”.

Ai sensi “dell'art. 1120, secondo comma, c.c. - nella formulazione ratione temporis applicabile, antecedente alle modifiche apportate dalla I. n. 220/2012 -, sono vietate le innovazioni che rendano talune parti comuni dell'edificio inservibili all'uso e al godimento anche di un solo condomino, comportandone una sensibile menomazione dell'utilità, secondo l'originaria costituzione della comunione”, precisa la suprema Corte.

Nell'ordinanza la Cassazione ha rammentato il principio secondo cui, “qualora un esborso relativo ad innovazioni non debba essere ripartito fra i condòmini, per essere stato assunto interamente a proprio carico da uno di essi, trova applicazione la disposizione generale dell'art. 1102 c.c., che contempla anche le innovazioni, in forza della quale ciascun partecipante può servirsi della cosa comune - purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri condòmini di farne uguale uso, secondo il loro diritto - e può, perciò, apportare alla stessa, a proprie spese, le modificazioni necessarie a consentirne il migliore godimento”.

Nella specie, “in applicazione di detto principio, la decisione d'appello ha ritenuto che l'installazione dell'ascensore sulle parti comuni, a cura delle attrici e appellate T. R. e C. E., a loro spese, sia legittima ex art. 1102 c.c., non ricorrendo una limitazione della proprietà degli altri condòmini, incompatibile con la realizzazione dell'opera”.

Per le stesse ragioni “è legittima la delibera dell'assemblea di condominio che, con la maggioranza qualificata di cui all'art. 1136, quinto comma, c.c. (ante novella di cui alla legge n. 220/2012), richiamato dall'art. 1120, deliberi l'installazione di un ascensore nel vano scala condominiale a cura e spese di alcuni condòmini soltanto, purché sia fatto salvo il diritto degli altri condòmini di partecipare in qualunque tempo ai vantaggi di tale innovazione, contribuendo nelle spese di esecuzione dell'impianto ed in quelle di manutenzione dell'opera, ed ove risulti che dalla stessa non derivi, sotto il profilo del minor godimento delle cose comuni, alcun pregiudizio a ciascun condomino ai sensi dell'art. 1120, secondo comma, c.c. (sempre ante novella), non dovendo necessariamente derivare dall'innovazione un vantaggio compensativo per il condomino dissenziente”.

IN ALLEGATO l'ordinanza della Cassazione.

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