È stato presentato stamane, presso la sede nazionale della Confederazione, il 2° Rapporto congiunturale e previsionale CNA-Cresme sul mercato dell'installazione degli impianti negli edifici.
“Il 2015 – sottolinea la Confederazione - ha rappresentato per il settore degli impianti negli edifici la svolta nel proprio ciclo economico – oltretutto con una variazione più positiva di quella prevista lo scorso anno. Le prospettive sembrano essere pertanto più luminose del passato, anche se fare previsioni in questi anni di rapidissimi mutamenti macroeconomici e geopolitici è diventato quasi imprudente”.
Nel 2015, il volume d’affari complessivo della filiera dell’impiantistica per l’edilizia in Italia - sommando i valori della produzione di tutti i soggetti coinvolti - è stato di oltre 110 miliardi di euro. Rapportando tale importo al valore della produzione complessiva in edilizia (escluse quindi le opere infrastrutturali) emerge che al 2015 il settore impiantistica riveste un ruolo di primissimo piano assorbendo il 43% delle risorse destinate all’edilizia, attraverso interventi di ammodernamento e manutenzione dell’esistente e di collocazione nei nuovi fabbricati.
Il ruolo delle detrazioni fiscali per interventi di ristrutturazione ed efficienza energetica, attraverso le attuali aliquote del 50 e 65%, è stato fondamentale anche per il rinnovo degli impianti.
Il settore dell’impiantistica è quello, all’interno delle costruzioni, più vocato all’innovazione e l’eredità positiva lasciata dalla crisi è proprio la maggiore percezione dell’importanza dell’innovazione per rimanere sul mercato ed espanderlo.
La sintesi degli elementi che compongono sui vari piani il modello previsionale, definisce per il Rapporto uno scenario prospettico per l’impiantistica negli edifici particolarmente positivo, con i seguenti tassi di crescita annui: +4,4% nel 2016, +4,6% nel 2017, +5,5% nel 2018, +4,0% nel 2019.
GLI IMPIANTI PER GLI EDIFICI IN ITALIA COPRONO NEL 2015 IL 43% DEL VALORE DELLA PRODUZIONE DELL’ATTIVITÀ DI NUOVA COSTRUZIONE E MANUTENZIONE. Questa l'articolazione dei segmenti della filiera:
- 41,4 miliardi è il ricavato delle vendite dei prodotti per l’impiantistica effettuate direttamente dalle aziende produttrici. In questo importo sono incluse le vendite destinate all’estero;
- 22,8 miliardi di euro è il ricavato dei rivenditori di materiali per impianti, sul territorio nazionale;
- 45,8 miliardi è l’importo totale incassato dagli installatori (termoidraulici, idraulici, elettricisti, ecc.) dagli utenti finali.
Questo è il perimetro “stretto” della filiera specializzata, se si volesse integrare il dato degli installatori con i lavori sviluppati da imprese non specializzate e/o dal fai da te, dovremmo aggiungere ai 45,8 miliardi altri 8,6 miliardi, arrivando a 55,5 miliardi di euro spesi dalla domanda finale nell’area dell’impiantistica in edilizia in Italia nel 2015.
Rapportando tale importo al valore della produzione complessiva in edilizia (escluse quindi le opere infrastrutturali) emerge che al 2015 il settore impiantistica riveste un ruolo di primissimo piano assorbendo il 43% delle risorse destinate all’edilizia, attraverso interventi di ammodernamento e manutenzione dell’esistente e di collocazione nei nuovi fabbricati. (Pari al 33% del valore della produzione del settore delle costruzioni comprensivo anche delle opere del genio civile).
LA DINAMICA DEL MERCATO 2008-2015: I LAVORI INCENTIVATI. Il ruolo delle detrazioni fiscali per interventi di ristrutturazione ed efficienza energetica, attraverso le attuali aliquote del 50 e 65%, è stato fondamentale anche per il rinnovo degli impianti. Nel complesso, le agevolazioni hanno veicolato 28 miliardi di euro di spesa nel 2013 e 28,5 miliardi nel 2014. Nel 2015 l’importo complessivo degli investimenti è diminuito a 25,2 miliardi per poi essere rilanciato nel mese di gennaio (+96% tendenziale) e febbraio (+3,7%).
Il confronto fra gli Studi di Settore, predisposti dall’Agenzia delle Entrate, per il 2012, 2013 e 2014 porta in evidenza per il settore “installazione di impianti elettrici, idraulico-sanitari e altri impianti” un progressivo incremento negli anni delle posizioni “non congrue” e “non coerenti” sul totale delle posizioni rilevate: l’incidenza, infatti, è aumentata dal 21% del 2012, al 27% del 2013, fino al 37% del 2013. Assumendo con cautela questi dati, possiamo tuttavia ipotizzare tre possibili modelli di comportamento: il primo è che, in presenza di un calo del fatturato, molte imprese abbiano preferito mantenere oneri e struttura ai livelli degli anni precedenti.
Il secondo comportamento potrebbe essere quello di una importante scontistica sul proprio lavoro: un abbassamento forte dei prezzi. E questo avvalora maggiormente la spiegazione della componente deflazionistica del settore. Il terzo comportamento - ipotesi inevitabile - è quello di un ricorso alla parziale o completa evasione fiscale, e questo può contribuire a spiegare il calo delle risorse incentivate nel 2015.
LA CRESCITA ATTESA 2015-2019. Molto infatti dipenderà dalla stabilità (o positiva evoluzione) delle condizioni generali economiche e sociali del Paese e non solo. Eppure, in una situazione non particolarmente alterata giocheranno attivamente nello scenario previsionale, tra altri, i seguenti fattori:
- Il settore dell’impiantistica è quello, all’interno delle costruzioni, più vocato all’innovazione, sia essa incrementale che “rivoluzionaria”. Oltretutto l’eredità positiva lasciata dalla crisi è proprio la maggiore percezione dell’importanza dell’innovazione per rimanere (ed espandere) il mercato;
- La velocità dell’innovazione diminuisce la vita media dei prodotti: non si tratta quindi di “vita programmata” degli impianti, quanto di obsolescenza tecnologica che muoverà più dinamicamente il mercato;
- L’attenzione culturale verso l’ambiente, i cambiamenti climatici, l’acqua, cresce progressivamente, come pure l’attenzione al risparmio nelle spese di gestione immobiliare. Questo si traduce in un ambiente mercato fertile per quegli ambiti in cui la ricerca e lo sviluppo sono indirizzati al contenimento energetico e idrico;
- Il retrofit immobiliare: l’economia del sistema immobiliare e la sua capacità di produrre reddito e plusvalenza ormai passa quasi esclusivamente attraverso la valorizzazione del tessuto edificato, in termini di riqualificazione edilizia; riqualificazione energetica e idrica; recupero, rigenerazione o trasformazione dei contenitori; manutenzione degli immobili e dell’ambiente circostante. E’ evidente che tutto ciò si traduce nell’integrazione di nuove tecnologie e funzionalità su edifici esistenti, in particolare, ma non solo, nelle aree urbane;
- I provvedimenti di incentivazione alla riqualificazione, attraverso la leva fiscale, con tutta probabilità proseguiranno anche nel 2017 e successivamente con aliquote ridotte ma, prevedibilmente, saranno accompagnati da dispositivi premiali selettivi verso quei componenti che assicurano le migliori performance prestazionali;
- Già oggi si può osservare la progressiva crescita dell’impegno normativo e regolamentativo. Per esempio: l’ampliamento della maggiore aliquota ai dispositivi di controllo remoto elettrotecnici; il Conto Termico 2016; le direttive europee e il loro accoglimento nazionale; i finanziamenti europei al R&S e relativa sperimentazione; l’ampliamento dei benefici fiscali agli ex-Iacp;
- L’invecchiamento della popolazione porta con sé una accelerazione a quell’impiantistica orientata al comfort. Si pensi alla “domotica assistenziale”, a quella per l’autonomia o per la sicurezza.
LA FRAMMENTAZIONE DELL’OFFERTA IMPIANTISTICA E IL PESO DEGLI ARTIGIANI. Come noto il settore delle costruzioni si caratterizza per una elevatissima frammentazione del sistema d’impresa, un fenomeno che si accentuato dal 1991 a oggi: nel 1991 un’impresa di installazione impianti aveva 3,7 dipendenti, nel 2001 e nel 2011 3,2, nel 2013 3,1.
Nel resto delle attività di costruzione si registra un simile processo di progressivo ridimensionamento delle imprese. Si osservi come nel 1991 gli impiantisti erano mediamente di taglio medio più piccolo rispetto alle altre attività di costruzione (3,7 contro 4), mentre nel periodo più recente il processo di ridimensionamento per queste imprese è stato più importante: oggi si attestano su 2,4 addetti, un valore inferiore ai 3,1 (o 3,3 se si considerano anche gli impianti a rete) degli impiantisti.
Insito nelle piccole dimensioni è la diffusione alla configurazione come artigiana dell’impresa che installa impianti: in base al Censimento 2011 più del 73% delle imprese attive e quasi il 56% dei relativi addetti nel settore delle costruzioni è artigiano.
In base ai dati dell’Archivio delle imprese attive, nel 2012 e 2013 la quota delle imprese artigiane si attesta intorno al 70% e quella degli occupati intorno al 50%.
Tali quote aumentano sensibilmente con riferimento alla Divisione dei lavori specializzati (più dell’80% delle imprese e più del 60% degli addetti). Si conferma dunque il carattere meglio osservabile con riferimento ai precedenti Censimenti, per i quali si dispone del dato sugli artigiani per le diverse categorie di attività. In particolare notiamo la seguente situazione:
- le imprese di installazioni elettrica artigiane nel 2001 rappresentavano l’83% del totale imprese operanti in questo campo ed il 66% degli addetti (erano il 53,8% nel 1991);
- le imprese di impiantistica idro-termo sanitaria artigiana rappresentavano l’89,6% del totale imprese e il 77,6% degli addetti (erano il 71,4% nel 1991);
- negli altri lavori di installazione le imprese artigiane rappresentano il 70% delle imprese e il 40,9% degli addetti (erano il 26% nel 1991).
Si può così sostenere che se gli anni ’90 sono stati gli anni della crescita delle imprese artigiane nel settore delle costruzioni, sono stati anche gli anni dell’avvio di un processo che vede i lavori specializzati e gli impianti divenire sempre più importanti nel settore delle costruzioni, e gli impiantisti artigiani giocare un ruolo centrale in questo processo di crescita. E se questa dinamica diventa sempre più importante, e il processo di innovazione tecnologica tende a svilupparsi sempre di più, si pone una questione rilevante tra struttura dell’offerta e capacità di gestire il processo di innovazione.