Sentenze

Interventi edilizi in deroga agli strumenti urbanistici vigenti: alla Consulta la nuova legge della Puglia

La deroga al principio della irretroattività delle norme viola gli articoli 3 e 97 della Costituzione sul piano della ragionevolezza

lunedì 18 febbraio 2019 - Redazione Build News

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Nella riunione di giovedì scorso, il Consiglio dei ministri ha deliberato di impugnare dinanzi alla Corte costituzionale la legge della Regione Puglia n. 59 del 17/12/2018, recante “Modifiche e integrazioni alla legge regionale 30 luglio 2009, n. 14 (Misure straordinarie e urgenti a sostegno dell’attività edilizia e per il miglioramento della qualità del patrimonio edilizio residenziale)”.

Una norma di questa legge regionale, nell’interpretare una precedente disposizione regionale, consente interventi edilizi in deroga agli strumenti urbanistici vigenti. “Essa pertanto, derogando al principio della irretroattività delle norme, viola gli articoli 3 e 97 della Costituzione sul piano della ragionevolezza”, afferma il Governo. Ma vediamo più nel dettaglio:

L’articolo 2 della legge regionale rubricato “Norma interpretativa del comma 1 dell’articolo 4 della l.r. n. 14/2009”, testualmente prevede : 1. Il comma 1 dell'articolo 4 della L.R. 14/2009 deve essere interpretato nel senso che l'intervento edilizio di ricostruzione da effettuare a seguito della demolizione di uno o più edifici a destinazione residenziale o non residenziale, può essere realizzato anche con una diversa sistemazione plano-volumetrica, ovvero con diverse dislocazioni del volume massimo consentito all'interno dell'area di pertinenza, alle condizioni di cui all'articolo 5, comma 3, della medesima L.R. 14/2009 e qualora insista in zona dotata delle urbanizzazioni primarie previste dalle vigenti disposizioni normative, statali e regionali.

Detta disposizione, lungi dal dare una mera interpretazione della citata norma regionale, presenta aspetti del tutto innovativi rispetto alla stessa, che si pretende di interpretare, prevedendo che gli interventi edilizi consentiti dalla medesima disposizione possano essere realizzati “anche con una diversa sistemazione plano-volumetrica, ovvero con diverse dislocazioni del volume massimo consentito all'interno dell'area di pertinenza”.

Occorre ricordare, in proposito, che la legge regionale n. 14/2009 ha dettato norme di carattere straordinario con le quali sono stati consentiti interventi edilizi anche in deroga agli strumenti urbanistici vigenti. La disposizione interpretativa, dunque, appare avere una portata retroattiva di dubbia legittimità. Come affermato dalla Corte Costituzionale (sent. n. 73/2017) infatti la deroga al principio della irretroattività delle norme trova il suo fondamento nel principio di ragionevolezza : “La erroneità della auto-qualificazione delle norme impugnate come interpretative costituisce…. un primo indice…., della irragionevolezza del loro retroagire nel tempo, ulteriormente corroborato dalla constatazione che le stesse introducono innovazioni, destinate, per lo più, ad ampliare facoltà in deroga ai relativi strumenti urbanistici, peraltro non necessariamente in termini di logica continuità con il quadro generale di riferimento sul quale le stesse sono destinate ad incidere” .

Invero, la Corte costituzionale ha individuato alcuni limiti generali all’efficacia retroattiva delle leggi, attinenti alla salvaguardia di principi costituzionali tra i quali sono ricompresi «il rispetto del principio generale di ragionevolezza, che si riflette nel divieto di introdurre ingiustificate disparità di trattamento; la tutela dell’affidamento legittimamente sorto nei soggetti quale principio connaturato allo Stato di diritto; la coerenza e la certezza dell’ordinamento giuridico; il rispetto delle funzioni costituzionalmente riservate al potere giudiziario» (sentenza n. 73 del 2017, nonché sentenze n. 170 del 2013, n. 78 del 2012 e n. 209 del 2010).

Dunque, atteso che la previsione regionale ha un indubbio carattere innovativo, con efficacia retroattiva, essa rende legittime condotte che, non considerate tali al momento della loro realizzazione (perché non conformi agli strumenti urbanistici di riferimento), lo divengono per effetto dell’intervento successivo del legislatore, con l’ulteriore conseguenza di consentire la regolarizzazione ex post di opere che, al momento della loro realizzazione, erano in contrasto con gli strumenti urbanistici di riferimento, dando corpo, in definitiva, ad una surrettizia ipotesi di sanatoria straordinaria che esula dalle competenze regionali e risulta pertanto illegittima.

La norma in questione, pertanto, travalica i limiti individuati dalla richiamata giurisprudenza della Corte costituzionale, violando l’articolo 3 della Costituzione.

La disposizione, inoltre , risulta lesiva degli i artt. 36 e 37, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, recante «Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, norme che costituiscono principi fondamentali in materia di «governo del territorio» e che presuppongono, ai fini del rilascio del titolo abilitativo in sanatoria, la c.d. “doppia conformità”, intesa come conformità dell’intervento sia al momento della realizzazione sia al momento della presentazione della domanda : da qui la violazione dell'articolo 117, terzo comma della Costituzione.

A ciò si aggiunga, quale ulteriore profilo di incostituzionalità della disposizione in commento, che a motivo delle rilevanti modifiche via via apportate alla L.R. n. 14 del 2009 (le modifiche all’articolo 4 di tale L.R. sono state introdotte anche a mezzo dell’articolo 3 della L.R. n. 59 del 2018 e, ancora, da ultimo, mediante l’articolo 35 della L.R. n. 67 del 2018), le amministrazioni comunali potrebbero in realtà non trovarsi nelle condizioni di poter effettivamente verificare caso per caso e distinguere ciò che è stato realizzato (o proseguito, o completato) nei periodi intercorrenti tra le modifiche medesime. Ciò, in contrasto con i principi di ragionevolezza e buon andamento, di cui agli articoli 3 e 97 della Costituzione.

In proposito appare opportuno rammentare che nella citata sentenza n. 73 del 2017, la Corte costituzionale ha avuto modo di affermare che “Anche a voler ritenere che, nella specie, le disposizioni impugnate possano trovare una loro giustificazione nell’esigenza della Regione di assicurare una maggiore omogeneità alle norme in oggetto per fare fronte al sovrapporsi delle modifiche intervenute nel tempo, siffatta finalità deve ritenersi recessiva rispetto al valore della certezza del diritto, nel caso messo in discussione in una materia, quella urbanistica, rispetto alla quale assume una peculiare rilevanza l’affidamento che la collettività ripone nella sicurezza giuridica (sentenza n. 209 del 2010). Del resto, pur guardando alla potenziale incidenza delle norme impugnate sui rapporti interprivati, va osservato che le stesse, per quanto prevalentemente di favore rispetto agli interessi dei singoli destinatari, retroagendo nel tempo sacrificano, in linea di principio, le posizioni soggettive dei potenziali controinteressati che facevano affidamento sulla stabilità dell’assetto normativo vigente all’epoca delle singole condotte.”.

Per questi motivi la legge regionale, limitatamente alle disposizioni indicate, deve essere impugnata ai sensi dell’articolo 127 della Costituzione.

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