Una norma della legge della Regione Puglia n. 43 del 09/08/2019, recante “Modifiche e integrazioni alla legge regionale 22 luglio 1998, n. 20 (Turismo rurale) e interpretazione autentica dell’articolo 2 della legge regionale 12 dicembre 2016, n. 38 (Norme in materia di contrasto agli incendi boschivi e di interfaccia)”, consente interventi di particolare rilevanza su immobili vincolati ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio, violando gli articoli 9 e 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, che riconoscono la tutela del paesaggio come valore costituzionalmente garantito, riservato alla competenza legislativa dello Stato.
Così ha deciso il Consiglio dei Ministri n. 7 di ieri 3 ottobre che ha impugnato la suddetta legge regionale dinanzi alla Corte costituzionale.
L’articolo 1, comma 1, della legge regionale in esame, con le lettere a) e b) apporta modifiche all’articolo 1, comma 2 della l.r. n. 20/1998, concernente il turismo rurale . Esso testualmente recita:
1. All'articolo 1 della legge 22 luglio 1998, n. 20 (Turismo rurale), sono apportate le seguenti modifiche:
a) al comma 2:
1) la parola: "consentiti", è sostituita dalla seguente: "consentite";
2) sono soppresse le seguenti parole: ", immutata la volumetria fuori terra esistente";
3) le parole: "e fatti salvi", sono sostituite dalle seguenti: "e fatte salve";
4) prima della parola: "caratteristiche", sono soppresse le seguenti: "i prospetti originari e".
b) al comma 3, dopo la parola: "ampliamento, "sono soppresse le seguenti:", da effettuarsi esclusivamente mediante la realizzazione di volumi interrati, ";
c) i commi 6 e 7 sono abrogati.
A seguito delle modifiche introdotte, dunque, il comma 2 dell’articolo 1 della l.r. n. 20/1998, risulta il seguente:
“2. Nell'ambito di tutto il territorio regionale sono consentite e fattie salve le caratteristiche architettoniche e artistiche dell'immobile, il consolidamento, il restauro e la ristrutturazione di edifici rurali, masserie, trulli, torri, fortificazioni e, in genere, antichi manufatti censiti nel catasto agricolo urbano, rientranti nel regime giuridico della legge 1° giugno 1939, n. 1089 o suscettibili di essere assoggettati a tale regime per essere stati eseguiti da oltre cinquant'anni, al fine della trasformazione dell'immobile in strutture ricettive di cui all'art. 6 della legge 17 maggio 1983, n. 217.”
Il Governo nazionale osserva che la norma regionale, così come modificata, amplia considerevolmente, rispetto alla precedente formulazione, la platea degli interventi finora assentibili sui manufatti storici pugliesi tutelati, confliggendo con le competenze esclusive attribuite al Ministero per i Beni e le attività culturali (e per esso, alle Soprintendenze), dalla parte Seconda del Codice dei beni culturali e del paesaggio, d.lgs. n. 42/2004.
La norma contrasta peraltro con le scelte del legislatore statale di non individuare gli interventi consentiti sui beni culturali, ferma restando la necessità dell’autorizzazione culturale di cui all’art. 21, o di rimettere alla pianificazione la vestizione dei vincoli paesaggistici, ai fini dell’autorizzazione di cui all’art. 146 del Codice dei Beni culturali e del paesaggio d.lgs. n. 42/2004.
Sono infatti consentiti con legge regionale interventi di particolare rilevanza su immobili vincolati ai sensi della citata parte II del Codice , prima vietati; considerato che vengono eliminati alcuni limiti previsti ) quali , alla lettera a) punto 2: "immutata la volumetria fuori terra esistente" e punto 4: "i prospetti originari e") e quanto indicato dalla lett. b) ('da effettuarsi esclusivamente mediante la realizzazione di volumi interrati"), finendo per consentire ampliamenti fuori terra e la modifica dei prospetti , non facendo più salvi quelli originari.
Né può valere il richiamo alla necessità dell'acquisizione dell'autorizzazione della Soprintendenza, di cui al comma 4 della l.r. 20 del 1998, in quanto la normativa regionale, peraltro in materia di competenza esclusiva statale , ingenera confusione e aspettative nell'utenza, indotta a ritenere possibili ampie trasformazioni dell'immobile, a scapito della sua "conservazione" e "integrità". Inoltre le modifiche contrastano con l'iniziale spirito della l.r. 20/1998 che, oltre alla valorizzazione del patrimonio storico artistico rurale, intendeva assicurarne anche la tutela.
Sulla questione, si richiamano i costanti orientamenti della Corte costituzionale, la quale ha posto una precisa linea di distinzione tra le competenze legislative statali e regionali, riservando allo Stato la competenza tutte le volte in cui oggetto della disciplina sia un bene tutelato, anche avendo riguardo al “supporto materiale” inciso dalla normativa.
In particolare, già con la sentenza n. 9 del 2004 la Corte evidenzia come rientri tra le attività costituenti tutela, riservata in via esclusiva allo Stato, quella diretta “a conservare i beni culturali e ambientali”, ossia diretta “principalmente ad impedire che il bene possa degradarsi nella sua struttura fisica e quindi nel suo contenuto culturale”.
La disposizione regionale quindi viola gli articoli 9 e 117, secondo comma lettera s) della Costituzione che rispettivamente riconoscono la tutela del paesaggio come valore costituzionalmente garantito e affidando la stessa alla competenza esclusiva dello Stato.