L'Agenzia delle Entrate ha fatto ricorso per la cassazione di una sentenza del 2011, con la quale la Commissione Tributaria Regionale dell'Emilia-Romagna, in parziale accoglimento dell'appello del contribuente (di professione agente di commercio), ha disposto il rimborso dell'Irap versata per gli anni 2000, 2001, 2002 e 2003, dichiarando non dovuto il rimborso per il 2004.
La CTR, nell'escludere, per gli anni 2000/2003, l'autonoma organizzazione, ha ritenuto gli utilizzati beni strumentali non eccedenti il minimo indispensabile per l'esercizio dell'attività.
L'Agenzia delle Entrate si duole che la C.T.R. non abbia preso in considerazione quanto evidenziato dall'Ufficio in ordine alla presenza, nelle dichiarazioni relative agli anni in questione, di quote di collaboratori familiari (lire 52.432.000 per il 2000; lire 48.270.000 per il 2001; euro 37.563,00 per il 2002 ed curo 21.672,00 per il 2003).
FONDATO IL RICORSO DELLE ENTRATE. Accogliendo il ricorso delle Entrate, la Corte di cassazione, sezione 6 civile, con la sentenza n. 17429/2016 depositata ieri, ricorda che le sezioni unite della suprema Corte, con la recente sentenza 9451/16, confermando (con alcune precisazioni) i principi già espressi in precedenti pronunce, ha statuito che "con riguardo al presupposto dell'Irap, il presupposto dell'autonoma organizzazione - previsto dall'art. 2 del d.lgs. 15 settembre 1997, n. 446 - , il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell'organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l'id quod plenurmque accidil, il minimo indispensabile per l'esercizio dell'attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui che superi la soglia dell'impiego di un collaboratore che esplichi mansioni di segreteria ovvero meramente esecutive".
Nella sentenza impugnata, la CTR “non ha in alcun modo preso in considerazione il fatto controverso rappresentato dalle dette "quote di collaboratori familiari”, cosicché, in ordine alla valutazione della presenza, nel caso di specie, di lavoro non occasionale che superi la soglia dell'impiego di un collaboratore esplicante mansioni di segreteria ovvero meramente esecutive, la motivazione è insufficiente (trattasi di vizio motivazionale ex art.360 n. 5 c.p.c. ante modifiche recate dal decreto legge n. 83/12, poiché la sentenza impugnata risulta depositata in data anteriore all'11 settembre 2012)”.
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