È stato raggiunto ieri l’accordo tra i partiti di maggioranza su come ripartire gli 8 miliardi del fondo per la riduzione delle tasse. La fetta più importante, 7 miliardi, sarà destinata alla rimodulazione degli scaglioni Irpef che come da prime indicazioni del Mef nel 2022 passeranno da 5 a 4. Un miliardo invece servirà per abbattere l’Irap su persone fisiche e ditte individuali.
La nuova riorganizzazione degli scaglioni prevede a partire dal 2022, che per la fascia di reddito tra 0 e 15 mila euro si applicherà l'aliquota del 23%; per quella tra 15 mila e 28 mila quella del 25%; tra 28 e 50 mila quella al 35% e maggiore di 50 mila euro quella al 42%.
La maggior parte dei quotidiani oggi si concentra nel fare i calcoli di quanto arriverà nelle tasche degli italiani, in base alle varie fasce di reddito, senza però omettere di segnalare il no di Confindustria e la delusione dei Sindacati, che avevano chiesto di utilizzare l’intero fondo alla rimodulazione dell’Irpef.
A conti fatti e secondo una elaborazione effettuata da Caf-cia per Italia Oggi, chi ha redditi da 50 mila euro si prospetta un risparmio fiscale annuo di 920 euro, chi arriva a 35 mila euro potrà arrivare a 470 euro di risparmio, mentre per i redditi da 45 mila euro otterrà un beneficio di 770 euro. Questo per far notare che è proprio la fascia dei redditi da 35 a 50 mila euro, il cosiddetto ceto medio, quella che dovrebbe maggiormente beneficiare della rimodulazione, con il chiaro intento da parte del governo di ristorare il potere d’acquisto, e quindi sostenere la crescita non solo con l’aumento della produzione industriale (come avvenuto finora) ma anche con un aumento dei consumi interni.
L’accordo di cui sopra per ora è solo a parole, cioè guardandosi negli occhi. Questo potrebbe far pensare ad attenti osservatori che in fase di scrittura possano esserci ancora margini di intervento, anche alla luce delle pressioni che non mancheranno di arrivare sia dal mondo imprenditoriale sia dalle parti sociali.
Franco Metta