Si definiscono “speciali” tutti i rifiuti non urbani, prodotti da industrie e aziende. Si differenziano in “non pericolosi” e “pericolosi”. I primi appartengono prevalentemente al settore manifatturiero, delle costruzioni e demolizioni e di alcune tipologie di trattamento dei rifiuti. I “pericolosi” sono generati dalle attività produttive che contengono al loro interno sostanze pericolose in concentrazioni tali da conferire pericolo (ad esempio, raffinazione del petrolio, processi chimici, industria fotografica, industria metallurgica, produzione conciaria e tessile, impianti di trattamento dei rifiuti, ricerca medica e veterinaria).
Secondo l'edizione 2016 del Rapporto Rifiuti Speciali dell'Ispra, i rifiuti speciali prodotti in Italia sono oltre quattro volte superiori a quelli urbani. Nel 2014 sono stati prodotti circa 130,6 milioni di tonnellate di “speciali” a fronte di 30 milioni di tonnellate di rifiuti urbani. Si registra un consistente aumento nella produzione totale: + 5% tra 2013 e 2014 (oltre 6,1 milioni di tonnellate). La crescita è imputabile prevalentemente ai rifiuti speciali non pericolosi da operazioni di costruzione e demolizione e da quelli derivanti dal trattamento dei rifiuti e delle acque reflue. I rifiuti speciali pericolosi, invece, si mantengono sostanzialmente stabili (+0,3%).
Quali attività economiche producono in generale più rifiuti speciali (pericolosi e non pericolosi)? Innanzitutto le costruzioni e demolizioni (39,7%), a cui seguono le attività legate al trattamento dei rifiuti e al risanamento ambientale (27,4%), il settore manifatturiero (20,5%), quello dei servizi, commercio e trasporti (5%), il settore dell’acqua e reti fognarie (3,5%), quello dell’energia, gas, vapore e aria (2,5%). Altre attività partecipano per l’1,4% circa alla produzione di rifiuti speciali.
Analizzando i soli rifiuti speciali pericolosi, sono soprattutto prodotti dal settore manifatturiero (39%), seguito dal trattamento dei rifiuti e attività di risanamento ambientale (29,9%) e dal settore dei servizi, del commercio e del trasporto (20,7%). Nell’ambito del comparto manifatturiero, il 27% circa (935 mila tonnellate) proviene dal settore della metallurgia, seguito della fabbricazione di prodotti chimici (18,4%), di prodotti farmaceutici di base e preparati (12,5%) e dalla fabbricazione di coke e dei prodotti derivati dalla raffinazione del petrolio (11,5%).
GESTIONE. Nel 2014 sono stati gestiti (riciclati, smaltiti, ecc.) più rifiuti di quelli prodotti. Sono 133,8 milioni di tonnellate a fronte di una produzione di 130,5. Va rilevato che i rifiuti nell’anno di riferimento vengono sottoposti ad operazioni intermedie di gestione (trattamento chimico-fisico, stoccaggio, ecc.) prima di essere avviati al trattamento finale. Rispetto al 2013, si osserva un aumento del 3,3% del quantitativo totale dei rifiuti gestiti.
RECUPERO DI MATERIA. Il recupero di materia da rifiuti speciali (ad esempio, il riciclo dei metalli, il recupero dei materiali da demolizione per opere stradali, ecc.) si conferma la forma di gestione più utilizzata (62,4%). Nonostante la diminuzione nel 2014 (-737 mila tonnellate, attribuibile per lo più a “spandimento sul suolo a beneficio dell’agricoltura o dell’ecologia), il dato conferma le buone performance dell’Italia in UE quanto a riciclo dei rifiuti speciali (oltre il 75%), se si considera che la media UE 28 è del 45,7%. Migliore dell’Italia è la Slovenia (80,3%) e subito dopo Belgio (oltre 73%), Germania (70% circa).
Scendendo nel dettaglio del recupero di materia, è soprattutto l’operazione di “riciclo/recupero di altre sostanze inorganiche” a incidere sul totale (47,1%): tali rifiuti sono, perlopiù, derivanti da attività di costruzione e demolizione.
RECUPERO ENERGETICO. Si registra una lieve diminuzione nell’utilizzo dei rifiuti speciali per produrre energia (-4,7% rispetto al 2013). Sono 2,1 milioni di tonnellate quelli avviati a recupero energetico. Tra le risorse più utilizzate, il biogas (36,3%) ovvero il gas metano derivante dalla decomposizione dei rifiuti; a seguire i rifiuti della lavorazione del legno, carta ed affini (33,5%), dal trattamento meccanico di rifiuti (11,1%) e i rifiuti combustibili (6,4%).
Sono soprattutto 7 le regioni italiane a trasformare in energia i rifiuti speciali (insieme arrivano al 78,5%): Lombardia (23,3% del totale), Emilia Romagna (15,7%), Piemonte con (10,7%), Veneto (8,0%), Umbria (7,2%), Puglia (7,1%), Friuli Venezia Giulia (6,5%). Nel complesso non vi sono significative variazioni in quasi tutte le regioni. Sono pressoché tutti non pericolosi (96,3% del totale degli speciali) i rifiuti utilizzati per il recupero energetico.
INCENERIMENTO. Gli impianti di incenerimento in esercizio nel 2014, che hanno trattato rifiuti speciali, sono stati 85, di cui 43 destinati principalmente al trattamento di rifiuti urbani. La gran parte degli inceneritori è localizzata al Nord (51), al Centro sono presenti 11 impianti, al Sud 23.
L’incenerimento dei rifiuti speciali interessa complessivamente, considerando anche quelli trattati in impianti per rifiuti urbani, circa 1,4 milioni di tonnellate. Nel 2014 si registra un significativo incremento di circa 540 mila tonnellate da attribuirsi prevalentemente a due tipologie di rifiuti (quelli prodotti dal trattamento dei rifiuti stessi e i rifiuti combustibili).
Coerentemente con il numero degli impianti presenti nelle regioni, i dati mostrano che nel 2014 in Lombardia sono stati inceneriti il 56,2% del totale dei rifiuti speciali trattati in Italia e il 39,4% dei rifiuti pericolosi; in Emilia Romagna sono inceneriti il 17,1% dei rifiuti speciali totali e il 18,1% di quelli pericolosi; in Veneto il 4,7% dei rifiuti totali e il 9,1% di quelli pericolosi; in Calabria il 3,2% dei rifiuti totali.
Ad essere inceneriti sono soprattutto i rifiuti non pericolosi (70,8%).
DISCARICHE. Meno discariche nel 2014, ma con più rifiuti. Diminuisce il numero di quelle operative che hanno smaltito rifiuti speciali, passando da 404 del 2013 a 392 del 2014. La non risulta attribuibile esclusivamente alla chiusura definitiva di impianti, ma è anche riconducibile alla temporanea non operatività di discariche soprattutto di medie e piccole dimensioni. Tale prassi è stata riscontrata soprattutto per quanto riguarda le discariche di rifiuti inerti (calcinacci, macerie, ecc) la cui operatività è spesso legata a situazioni contingenti come l’apertura e chiusura di cantieri.
I 12 impianti in meno sono localizzati soprattutto al Sud (8), poi al Nord (3) e uno al Centro.
La maggior parte delle discariche è localizzata al Nord con 228 impianti, 58 al Centro e 106 al Sud.
Nonostante diminuisca il numero di discariche, cresce la quantità smaltita a livello nazionale: 11,4 milioni di tonnellate di rifiuti speciali, con un aumento di 460 mila tonnellate rispetto al 2013, pari a +4,2%. La crescita è maggiore a Nord (+6,1%) e al Centro (+4,8%), mentre scendono al Sud (- 1,1%). L’88,9% dei rifiuti totali sono non pericolosi (10,1 milioni di tonnellate) e il restante 11,1% sono rifiuti pericolosi (1,3 milioni di tonnellate).
Le regioni che più hanno aumentato l’utilizzo della discarica sono la Basilicata con +40,3% (+17 mila tonnellate), il Lazio con +34,2% (+185 mila tonnellate), la Liguria con +27,6% (+90 mila tonnellate. Quelle che hanno diminuito maggiormente sono il Molise (- 56,4%, - 10 mila tonnellate), l’Umbria (- 27,3%, - 162 mila tonnellate), il Trentino Alto Adige (- 19,3%, - 21 mila tonnellate).
Va ricordato che la Campania, nell’anno 2014, non smaltisce rifiuti speciali in discarica a causa dell’assenza sul territorio di discariche autorizzate allo smaltimento di tale tipologia di rifiuti che vengono, quindi, trattati fuori regione o all’estero.
PIÙ IMPORT CHE EXPORT. Meno rifiuti trasportati all’estero. La quantità totale di rifiuti speciali esportata diminuisce del 4,7% tra 2013 e 2014, passando da 3,4 a 3,2 milioni di tonnellate. I rifiuti speciali importati in Italia nel 2014, circa 6,2 milioni di tonnellate, corrispondono ad un aumento del 7,6% rispetto al 2013.
Dove esportiamo i rifiuti speciali? Prevalentemente in Germania, Cina e Grecia. Degli oltre 3 milioni di tonnellate, 889 mila vanno in Germania (il 27,7%) e sono prevalentemente pericolosi: vengono dagli impianti di trattamento dei rifiuti, delle acque reflue, della potabilizzazione dell’acqua, dalle operazioni di costruzione e demolizione. Destinazione sono le miniere di sale e in particolare quella di Stetten in Baviera, nella quale i rifiuti vengono utilizzati per la messa in sicurezza delle cavità a seguito dell'attività estrattiva.
Per quanto attiene la Cina, invece, nel 2014, come per gli anni precedenti, l’importazione dall’Italia, pari a 278 mila tonnellate, è costituita dai soli rifiuti non pericolosi. Si registra, rispetto all’anno 2013, una diminuzione dell’11% (35 mila tonnellate). I rifiuti maggiormente esportati in Cina sono rifiuti di carta e cartone prodotti dal trattamento meccanico di rifiuti (79 mila tonnellate).
Significativa è anche l’esportazione dei rifiuti verso la Grecia, oltre 242 mila tonnellate, costituite per il 98% da “ceneri leggere di carbone” destinate ai cementifici; detti rifiuti vengono utilizzati, al posto della sabbia, per creare materiali edili cementizi.
PNEUMATICI FUORI USO: TROPPO RICORSO ALL’EXPORT (25%). Nel 2014, in Italia sono state prodotte circa 426 mila tonnellate di Pneumatici fuori uso (PFU), di queste, circa 365 mila tonnellate sono state gestite in Italia e oltre 125 mila tonnellate sono state esportate in altri Paesi. Una quantità considerevole quella esportata all’estero pari a circa il 25% del totale. Germania e Corea sono i Paesi che ricevono i maggiori quantitativi di pneumatici fuori uso, rispettivamente circa 32 mila tonnellate e oltre 23 mila tonnellate. La Germania recupera soprattutto materia dai pneumatici, mentre la Corea, al contrario, ne ricava energia. Le 365 mila tonnellate gestite in Italia vengono per il 70,4% avviate a recupero di materia, il 9,5% a recupero energetico, 16% rimane in giacenza.
AMIANTO. CALANO LE DEMOLIZIONI DI CEMENTO AMIANTO. I rifiuti contenenti amianto, costituiti prevalentemente da cemento amianto, sono smaltiti in discarica, all’interno di celle ad hoc, in 22 impianti nazionali. L’amianto viene avviato solo a smaltimento e non a recupero, salvo alcune operazioni di pretrattamento.
Nel 2014, la quantità prodotta è pari a 340 mila tonnellate. Per lo più sono materiali da costruzione contenenti amianto (92,7%), il restante 7% da materiali isolanti e in minima parte (0,36%) da imballaggi metallici, pastiglie per freni e apparecchiature fuori uso contenenti amianto in fibre libere.
Nel complesso si evidenzia un andamento altalenante nella produzione di questi rifiuti. Dopo una tendenziale crescita dal 2007 al 2010 e un picco nel 2012, il trend appare in forte diminuzione (-36%). Tale dato farebbe pensare ad una diminuzione delle demolizioni di strutture contenenti amianto, ma non si è in grado di affermarlo con certezza dal momento che non esiste un censimento delle strutture contenenti amianto.
La Lombardia si conferma la regione che produce il maggior quantitativo pari a 119 mila tonnellate, il 35% del totale nazionale.
Come accade per le altre tipologie di rifiuti speciali, anche per l’amianto la somma di quelli gestiti (237 mila tonnellate) e di quelli esportati (156 mila tonnellate) è superiore alla quantità prodotta. Questo perché si sommano rifiuti in giacenza dall’anno precedente o provenienti da altri trattamenti.
I rifiuti gestiti vanno soprattutto in discarica (194 mila tonnellate), quote minori ad altre forme di gestione (27 mila al pretrattamento, 15 stoccati).
Le 156 mila tonnellate di rifiuti esportati vengono inviati tutti in Germania, dove sono smaltiti nelle miniere dismesse.
VEICOLI FUORI USO: STABILI I RIFIUTI, MA LONTANI DAL TARGET DEL RIUSO (95%). Non ci sono rilevanti variazioni nei livelli di riciclaggio/recupero nell’ultimo triennio 2012-2014. A partire dal 2006, anno in cui ISPRA ha effettuato il primo monitoraggio, emerge che, dopo l’iniziale miglioramento dovuto forse ad una risposta positiva dell’intera filiera alla nuova legislazione e ai target europei, negli anni successivi si assiste ad una sostanziale stabilità.
Nonostante la percentuale di reimpiego e riciclaggio raggiunga l’83% del peso medio del veicolo, superando il target dell’80% previsto per il 2006, si è ancora lontani dall’obiettivo previsto al 1° gennaio 2015 (95%). I 1.510 impianti operativi sono soprattutto al Nord (666, il 44% del totale) e al Sud (543, il 37%), meno al Centro (290, il 19%).
In totale, negli impianti censiti, sono stati trattate circa 950 mila tonnellate di veicoli, 9 mila tonnellate in meno rispetto all’anno 2013 (-1%).
CONTESTO EUROPEO. I dati Eurostat più aggiornati relativi alla produzione totale dei rifiuti pericolosi e non pericolosi (somma dei rifiuti prodotti da tutte le attività NACE e dei rifiuti provenienti da nuclei domestici, compresi quindi i rifiuti urbani) si riferiscono al 2012. Integrati dall’ISPRA per quanto riguarda l’Italia, tali dati mostrano che nell’UE 28 sono stati prodotti circa 2,5 miliardi di tonnellate di rifiuti di cui il 96% non pericolosi (pari a circa 2,4 miliardi di tonnellate) e il 4% pericolosi (pari a circa 99,4 milioni di tonnellate).
Il maggior produttore di rifiuti è la Germania (368 milioni di tonnellate), seguita dalla Francia (344,7 milioni di tonnellate), dalla Romania (267 milioni di tonnellate) e dal Regno Unito (241,1 milioni di tonnellate). Elevati quantitativi (maggiori di 100 milioni di tonnellate) si registrano anche in Polonia (163,4 milioni di tonnellate), in Bulgaria (161,3 milioni di tonnellate), in Svezia (156,3 milioni di tonnellate), in Italia (154,4 milioni di tonnellate), nei Paesi Bassi (123,6 milioni di tonnellate) e in Spagna (118,6 milioni di tonnellate).