Con la sentenza n. 4401/2015 depositata il 20 marzo, la Sezione Seconda Ter del Tar Lazio ha respinto il ricorso presentato da una signora contro un comune per l'accertamento del silenzio serbato dall'Amministrazione comunale in ordine all’istanza presentata dalla ricorrente ai fini dell’ampliamento dell’oggetto della concessione di suolo pubblico di cui è titolare per edicola stagionale all’attività di somministrazione di bevande e alimenti e dell’obbligo dell’Amministrazione di procedere e di concludere il procedimento amministrativo.
La ricorrente ha chiesto anche il risarcimento di tutti i danni subiti e subendi in conseguenza e in connessione del silenzio serbato dal comune sull’istanza.
La difesa comunale ha contestato la sussistenza dell’obbligo della p.a. di pronunziarsi con provvedimento espresso, trattandosi della reiterazione di richieste già presentate da parte della ricorrente, aventi identico contenuto e riscontrate dal Comune con risposte negative espresse, tra l’altro non impugnate. Inoltre la mancanza di titolo abilitativo non legittimerebbe alcun affidamento sull’ampliamento del chiosco per l’esercizio dell’attività di somministrazione, derivandone pertanto la legittimità dell’operato dell’Amministrazione nel rispetto della normativa nazionale, statutaria e regolamentare in materia di controllo dei requisiti oggettivi e soggettivi per il rilascio delle autorizzazioni in questione. Infine non sussisterebbero i presupposti per il riconoscimento della tutela risarcitoria in mancanza tra l’altro della prova concreta del danno subito da parte della ricorrente.
RICORSO INFONDATO. Il Tar Lazio ha giudicato infondato – e pertanto respinto - il ricorso proposto dalla signora, osservando che con l’ultima istanza la ricorrente ha formulato una richiesta di riesame delle determinazioni precedentemente adottate, già riscontrate con dinieghi espressi da parte dell’Amministrazione divenuti inoppugnabili.
Secondo il Tar Lazio, “ritenere ammissibile la domanda di accertamento del silenzio-rifiuto significherebbe consentire la riapertura dei procedimenti già definiti in sede amministrativa ovvero rimettere in discussione provvedimenti ormai divenuti inoppugnabili, non sussistendo l’obbligo dell’Amministrazione di provvedere – e di conseguenza, non sussistendo un’ipotesi di silenzio-rifiuto – allorquando l’interessato, mediante la procedura del silenzio-rifiuto, intenda provocare il riesercizio del potere dell’Amministrazione (stimolando l’adozione di provvedimenti di riesame, come nella specie, laddove la richiesta è posta anche “ se del caso …. attraverso la modificazione della delibera di Giunta comunale n.229 del 23 agosto 2005”) rispetto al quale è ravvisabile una posizione, non di interesse legittimo, ma di mero interesse di fatto; deve quindi escludersi che, in tale ipotesi, sussista l’obbligo dell’Amministrazione di rideterminarsi o che comunque lo stesso segua obbligatoriamente all’istanza, secondo quanto richiesto dall’art. 2 della legge n. 241 del 1990, attesa la natura discrezionale, anche nell’an dell’esercizio del potere di riesame, in ragione anche della specifica valutazione già espressa sulla inapplicabilità alla tipologia di attività della normativa sulle liberalizzazioni sopravvenuta” (Cfr. Cons. Stato, sez. IV, 26 agosto 2014, n. 4309; Tar Campania, Napoli, sez. VII, 17 gennaio 2013, n. 363; Tar Lazio, Roma, sez. I, 5 maggio 2010, n. 9769; idem, sez. II, 2 ottobre 2013, n.8543).
In altri termini, “la domanda con cui la ricorrente ha chiesto il rilascio dell’autorizzazione all’ampliamento della concessione di suolo pubblico con riferimento al chiosco – reiterando la medesima istanza sulla quale l’Amministrazione si è già pronunciata con atti rimasti inoppugnati – non è idonea ad avviare un procedimento che la medesima Amministrazione abbia l’obbligo di concludere ai sensi del comma 1 dell’articolo 2 della legge n. 241 del 1990”.
Pertanto, conclude il Tar Lazio, “L’infondatezza dell’azione volta alla declaratoria dell’illegittimità del silenzio comporta l’insussistenza dei presupposti per l’azione di condanna al risarcimento dei danni patiti dalla ricorrente a causa dell’inerzia mantenuta dall’Amministrazione”.