Nell'ordinanza n. 7553/2018, la prima sezione civile della Corte di cassazione ha ribadito che “l'appaltatore, dovendo assolvere al proprio dovere di osservare i criteri generali della tecnica relativi al particolare lavoro affidatogli (art. 1176, comma 2, cod. civ.), è obbligato a controllare, nei limiti delle sue cognizioni, la bontà del progetto o delle istruzioni impartite dal committente e, ove queste siano palesemente errate, può andare esente da responsabilità soltanto se dimostri di avere manifestato il proprio dissenso e di essere stato indotto ad eseguirle, quale nudus minister, per le insistenze del committente ed a rischio di quest'ultimo”.
In mancanza di tale prova l'appaltatore “è responsabile per i ritardi, le imperfezioni o i vizi dell'opera, senza poter invocare il concorso di colpa del progettista o del committente, né l'efficacia esimente di eventuali errori nelle istruzioni impartite dal direttore dei lavori (cfr. Cass. n. 23594 del 2017; Cass. n. 8016 del 2012; Cass. n. 821 del 1983)”.