È compatibile con la direttiva 2006/112/CE e con i principi di neutralità fiscale e di proporzionalità la normativa nazionale che consente all’Amministrazione finanziaria, a fronte di gravi divergenze tra i redditi dichiarati ed i redditi stimati sulla base di studi di settore, di ricorrere ad un metodo induttivo, basato sugli studi di settore stessi, al fine di accertare il volume d’affari realizzato dal contribuente e procedere, di conseguenza, a rettifica fiscale con imposizione di una maggiorazione dell'Iva.
Lo ha affermato la Corte di giustizia europea (Quarta Sezione) nella sentenza del 21 novembre 2018, causa C-648/16, relativa a una controversia insorta tra una contribuente e l’Agenzia delle Entrate – Direzione provinciale di Reggio Calabria, in merito ad un avviso d’accertamento dell’imposta sul valore aggiunto (Iva).
La sentenza precisa che la normativa nazionale e la sua applicazione devono permettere al contribuente, nel rispetto dei principi di neutralità fiscale, di proporzionalità nonché del diritto di difesa, di contestare, sulla base di tutte le prove contrarie di cui disponga, le risultanze derivanti dal metodo induttivo e di esercitare il proprio diritto alla detrazione dell’imposta ai sensi delle disposizioni contenute nel titolo X della direttiva 2006/112, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.
In allegato la sentenza