Si è aperta oggi a Bologna la seconda edizione della Concrete Conference, un progetto ideato dall’Atecap e promosso da Federbeton, in collaborazione con le altre associazioni della filiera del Concrete, che ha l’obiettivo di favorire una riflessione intorno al ruolo dell’industria del cemento e del calcestruzzo nel mercato delle costruzioni. Filo conduttore della giornata è stato il contributo della filiera allo sviluppo del Paese con particolare attenzione ai nuovi driver del consumo di suolo zero e della sostenibilità.
“Con la prima edizione del 2018 della Concrete Conference Federbeton ha voluto mettere in evidenza le competenze e le potenzialità dell’industria e della filiera del Concrete per dare risposte rapide alla domanda di sicurezza antisismica, così come per dare concretezza a processi e percorsi a sostegno di un’economia sempre più sostenibile e circolare, puntando sul recupero e il riciclo. È necessario far passare il messaggio per cui costruire non è sinonimo di consumo indiscriminato di suolo, ma di sviluppo, di migliore qualità della vita, di modernizzazione del Paese”. Questo il commento del Presidente di Federbeton Sergio Crippa.
La chiave è nei dati forniti in apertura della manifestazione: 140 miliardi di stanziamenti pubblici previsti dalla Legge di Bilancio 2018 per i prossimi 15 anni. Investimenti importanti che necessitano però di una programmazione attenta e che dovrà tenere presente le esigenze di tutti, senza sottovalutare le ripercussioni per l’ambiente.
Per far ripartire l’industria delle costruzioni, è necessario ripensare il paesaggio urbano e territoriale alla luce dei forti cambiamenti che stiamo attraversando, promuovendo la rigenerazione del costruito, l’edilizia sostenibile, la tutela dell’ambiente, favorendo l’economia circolare attraverso misure fiscali e urbanistiche.
Come ha affermato il Vicepresidente di Federbeton Andrea Bolondi durante il suo intervento: L’economia italiana è tornata a crescere, ma in questa fase di recupero il settore edile è l’anello mancante nella crescita economica, settore per il quale la crisi non è ancora finita e l’aggancio alla ripresa sembra essere nuovamente rimandato. Sicuramente hanno pesato l’inefficienza nelle procedure di spesa della Pubblica Amministrazione e l’entrata in vigore nel 2016 del nuovo Codice appalti e nel 2017 del decreto correttivo. Ma altrettanto sicuramente si sta confermando uno scenario assai critico: l’Italia è un Paese che ha bisogno di trasformazione ma che non ha una visione futura sul tema delle infrastrutture. Su questo oramai convergono tutte le componenti della filiera, a cominciare dall’Ance.
SEGNALI DI RIPRESA. Ci sono segnali positivi di ripresa che riguardano il mercato privato, soprattutto l’edilizia non residenziale e la manutenzione straordinaria, e le previsioni per il 2018 - da parte sia del Centro Studi ANCE che dei principali istituti di ricerca - relativamente alla crescita del mercato delle costruzioni sono ottimistiche, attestandosi intorno a un +3%. Questo percorso non va fermato ma, anzi, alimentato attraverso provvedimenti e incentivi affinché si possa continuare a progettare e costruire secondo un piano che renda le strutture del nostro Paese più durature ed efficienti. “Non fare nulla significa, alla fine, spendere molto di più” ha affermato Bolondi. Per fare un esempio, costruire una tangenziale di una grande area metropolitana di 40 km costa 1,4 miliardi di euro, ma non farla costa alla collettività 3,7 miliardi di euro, oltre il doppio. A questa cifra si arriva considerando i principali benefici che sono gli effetti in termini di tempo risparmiato, l’impatto dell’incidentalità, l’impatto atmosferico. Il costo, invece, è dato solo dall’investimento inziale.
Secondo Pietro Baratono, Provveditore alle OO.PP. per la Lombardia e la Liguria e Emilia Romagna
il momento storico attuale vive le criticità di una PA che non dà risposte e il nostro sistema pubblico non è ancora in grado di gestire il processo di rinnovamento del settore delle costruzioni. Secondo una ricerca americana da circa 40 anni il settore delle costruzioni rivela un livello di produttività molto bassa in tutti i paesi per ragioni storiche. Dobbiamo invertire il trend e riportare al centro l'obiettivo di assicurare i risultati relativi alle opere, rispettando i tempi e le attese. Inoltre è importante puntare sulla digitalizzazione come strumento per aumentare l'efficienza del processo di gestione delle commesse. Un obiettivo a cui collegare un processo di qualificazione e di accrescimento delle competenze del management pubblico.
Nicoletta Antonias, responsabile Controllo Ambientale Cantieri di Italferr, nel corso del suo intervento ha voluto sottolineare l’importanza dei livelli di sostenibilità, indicando quanto sia oggi fondamentale utilizzare delle metodologie e dei protocolli che garantiscano infrastrutture realizzate nel rispetto dei nuovi codici eco sostenibili e rispettosi dei territori, delle comunità e dell’ambiente.
Per Francesco Karrer, ex Presidente del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici e attuale membro del Comitato scientifico di Federbeton, la questione diventa anche culturale:
sembra che non vogliamo darci prospettive, abbiamo perso la capacità di immaginarci ancora più in là. Oggi purtroppo le politiche pubbliche sono tutte sconnesse a causa di una crisi forte della finanza pubblica e questo cattivo rapporto tra pubblico e privato crea una evidente frattura tra la responsabilità individuale e quella collettiva. Abbiamo una governance senza government a cui si aggiunge la questione del rischio che riguarda l’intero territorio: che cosa è diventato? Spazi indistinti e luoghi distinti. Ci ritroviamo una geografia completamente diversa rispetto a prima che porta, di conseguenza, a forme di economie differenti da cui dobbiamo ripartire se vogliamo ottenere dei risultati in termini di sviluppo.
È Emanuela Poli, direttore degli Affari Istituzionali di Anas, a fornire al pubblico in sala un quadro dei finanziamenti previsti per i prossimi anni:
Il Piano quinquennale 2016-2020 prevede lo stanziamento totale di 33 miliardi con copertura finanziaria, diversamente da quanto fatto nei cinque anni precedenti, dove erano stati previsti 20 mld con solo 4 mld di copertura finanziaria. Di questi, 23 sono già stati programmati e 5 sono riservati a completamenti di opere già avviate, per il Piano ponti e cavalcavia e per la Rete stradale dell’area del cratere sull’Appennino. Dei 23 mld programmati il 45%, pari a 10,5 mld, sarà dedicato alla manutenzione straordinaria e alla messa in sicurezza.
Dal confronto tra le parti è emersa la necessità di realizzare nuove infrastrutture e manutenere quelle che abbiamo, per evitare il preannunciato “shock infrastrutturale” e riuscire ad ottenere degli edifici resistenti, sicuri e durevoli. Oltre a questo sarà importante riuscire a modificare l’identità dell’intero settore delle costruzioni e costruire una nuova reputazione che si basi sulla competenza, sulla sicurezza e sull’innovazione.