La Commissione Studi Tributari del Notariato ha approvato il 15 giugno scorso lo Studio n.181-2017/T intitolato “La nozione di immobile in corso di costruzione: recenti orientamenti giurisprudenziali”, di Nicola Forte.
Secondo i più recenti orientamenti della Corte di Cassazione (sentenze nn. 22757/2016; 23499/2016 e 22138/2017) non può essere considerato in corso di costruzione l’immobile non ultimato ceduto ad un consumatore finale, che quindi lo utilizza direttamente, anche se esercente un’attività d’impresa. Conseguentemente se l’immobile si considera ultimato, e trova applicazione l’art. 10, comma 1, n. 8 – ter) del D.P.R. n. 633/1972, le imposte ipotecaria e catastale sono dovute nella misura “rinforzata” del 3 e dell’1 per cento. Per il Notariato la tesi della Suprema Corte non è condivisibile in quanto la nozione di immobile in corso di costruzione è rappresentata da una situazione “oggettiva” e di fatto, e cioè avendo riguardo all’effettivo stato in cui si trova il fabbricato. Tale nozione non può mutare in ragione della natura del soggetto acquirente e delle modalità di utilizzo del fabbricato oggetto di acquisto.
LE CONCLUSIONI DELLO STUDIO. “Per quanto riguarda la disciplina Iva, l’orientamento della Corte di Cassazione non è in grado di incidere sull’imponibilità delle predette cessioni. Infatti, anche laddove la “fuoriuscita” del bene dal circuito produttivo si realizzasse a seguito della cessione del fabbricato nei confronti di un “consumatore finale”, questo momento assumerebbe rilevanza al fine del computo del termine quinquennale che, non essendo decorso, darebbe in ogni caso luogo all’imponibilità dell’operazione. Conseguentemente l’imposta di registro è sempre dovuta in misura fissa. D’altra parte, come già ricordato, l’Agenzia delle entrate si è limitata a richiedere, con riferimento alle controversie esaminate dalla Corte di Cassazione, le imposte ipotecaria e catastale nella misura rinforzata del 3 e dell’1 per cento.
Non può essere condiviso l’orientamento espresso dalla Suprema Corte secondo cui non può essere considerato in corso di costruzione l’immobile non ultimato ceduto ad un consumatore finale, anche se esercente un’attività d’impresa.
La nozione di immobile in corso di costruzione è rappresentata da una situazione “oggettiva” e di fatto e cioè avendo riguardo all’effettivo stato in cui si trova il fabbricato. Se l’immobile non è stato ancora completato e quindi, come affermato dalla Circ. n. 12/E del 2007, non è idoneo all’uso, il fabbricato deve essere considerato in corso di costruzione non assumendo alcun rilievo, al fine di tale nozione, la posizione soggettiva dell’acquirente.
La nozione di fabbricato “completato” (non in corso di costruzione) elaborata dalla Corte di Cassazione, dà luogo alla mancata e non corretta applicazione dell’inversione contabile qualora l’impresa acquirente il fabbricato “virtualmente completato” dovesse appaltare ad altra impresa il completamento dello stesso. Secondo la tesi della Suprema Corte, anche se non lo si afferma espressamente, le predette prestazioni, rese in esecuzione del contratto di appalto, non configurerebbero attività di completamento (essendo l’immobile già ultimato) e come tali sarebbero soggette all’applicazione dell’Iva con i criteri ordinari. Il contrasto dimostra l’infondatezza della costruzione elaborata dalla giurisprudenza.”
In allegato lo Studio n.181-2017/T del Notariato