Sul Bollettino Ufficiale della Regione Lazio n. 32 - Supplemento n. 1 del 21 aprile 2016, è stata pubblicata la Legge Regionale 21 aprile 2016, n. 3 recante “Disciplina in materia di piccole utilizzazioni locali di calore geotermico” (IN ALLEGATO).
La legge regionale, entrata in vigore il 22 aprile, punta a sostenere “l’uso delle risorse geotermiche a bassa entalpia e l’installazione di impianti di produzione di calore e raffrescamento da risorsa geotermica, al fine di promuovere una adeguata diffusione della geotermia quale fonte di produzione di calore ed energia da fonti rinnovabili”.
La legge non stanzia fondi nell’immediato ma prevede la possibilità di individuare risorse per incentivare la diffusione e l’installazione degli impianti nell’ambito della programmazione 2014-2020 dei fondi strutturali comunitari.
Le norme approvate regolano le piccole utilizzazioni locali di calore geotermico – definite dall’articolo 10 del decreto legislativo 11 febbraio 2010, n. 22 – ottenute tramite l’esecuzione di pozzi di profondità fino a 400 metri per ricerca, estrazione e utilizzazione di acque calde e fluidi geotermici, comprese le acque calde sgorganti da sorgenti per potenza termica complessiva non superiore a 2000 kW termici.
REGISTRO REGIONALE DEGLI IMPIANTI GEOTERMICI. Al fine di provvedere a un costante monitoraggio e controllo della diffusione delle piccole utilizzazioni di calore geotermico sul territorio regionale, la legge istituisce, presso la struttura regionale competente in materia, la banca dati degli impianti geotermici (“Registro regionale degli impianti geotermici” – Rig). Anche i proprietari degli impianti di piccole utilizzazioni locali di calore geotermico esistenti prima dell’entrata in vigore della legge saranno tenuti a effettuare la registrazione al Rig. La Regione, inoltre, provvederà alla redazione della “Carta idro-geo-termica regionale” entro 60 giorni dall’entrata in vigore della legge.
DIVIETI. L’installazione degli impianti geotermici è vietata nelle aree di rispetto delle risorse idropotabili, nelle aree critiche per i prelievi idrici e nelle aree sottoposte a vincoli relativi al rischio di dissesto individuate dagli atti di pianificazione regionale in materia di tutela delle acque, di difesa del suolo e salvaguardia degli acquiferi vulnerabili, tenendo conto delle aree adibite a sfruttamento termale delle acque. Il divieto d’installazione riguarda anche le zone dove si riscontra presenza di gas radon con livelli superiori a 300 becquerel per metro cubo.