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Le città non sono progettate per le donne. Ma dovrebbero esserlo

Marciapiedi più ampi, meno scalini e più scivoli, parchi e fermate per gli autobus illuminati. Le città 'a misura di donna' potrebbero essere dei posti migliori per tutti

giovedì 5 maggio 2016 - Erika Seghetti

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Anche le città sono maschio-centriche? Ammettiamolo, non ci avevamo mai pensato. Eppure ad ascoltare, o meglio a leggere, le osservazioni e le rivendicazioni della Kresge Foundation di Detroit, una Fondazione privata impegnata in azioni volte alla difesa dell'ambiente e del benessere sociale, potremmo inziare a crederci.


"Stiamo cercando di dare una svolta alla progettazione urbana osservando il punto di vista delle donne e partendo dalle loro esigenze si potrebbe migliorare la qualità della vita di qualsiasi abitante", ha dichiarato in un'intervista rilasciata nei giorni scorsi all'Huffington Post Wendy Lewis Jackson, co-amministratore delegato della Fondazione, parlando di una campagna a favore di una riprogettazione della citàà di Detroit, già annunciata nelle scorse settimane in occasioni dell'evento Sister City.


Donne ignorate nella progettazione urbana

La necessità di soluzioni 'a misura di donna' diventa chiara se si inizia a notare come le donne siano state ignorate nella progettazione urbana. Il modo in cui edifici, spazi pubblici e mezzi di trasporto sono stati e vengono tutt'ora concepiti e gestiti possono emarginare le donne, mettendo a repentaglio sopratutto la loro sicurezza.
Le donne utilizzano e vivono la città in modo differente rispetto agli uomini, secondo l'American Planning Association and Cornell University’s Women’s Planning Forum: hanno tassi di povertà più elevati e differenti esigenze abitative e di trasporto, dettate da uno stile di vita che le porta, nella maggiorparte dei casi, a dover coniugare obblighi lavorativi e domestici.

Il problema è, come sempre, alla base. A ricoprire ruoli decisionali sono quasi sempre uomini e di conseguenza, anche da un punto di vista di pianificazione urbanistica, la progettazione riflette una visione maschile della città. Secondo un sondaggio del 2014, citato sempre dall'American Planning Association, svolto su un campione di 600 progettisti c'è la consapevolezza di una mancanza di attenzione alle esigenze femminili, perché non le si conoscono.

Tutti gli interventi che renderebbero le città a misura di donna (e non solo)

Eppure non sarebbe così complesso adattare i centri urbani alla popolazione femminile. Bisognerebbe rivedere i marciapiedi, ad esempio, spesso molto stretti o con gradini troppo alti che mettono in difficoltà le donne con passeggini. Sempre per facilitare le mamme sarebbe necessario affiancare a qualsiasi scalinata un passaggio dotato di scivoli o di accessi facilitati. Basti pensare alla maggiorparte degli accessi alle metropolitane per rendersi conto che probabilmente queste osservazioni sono giuste.
Un esempio da seguire è quello di Vienna che ha messo a punto, già da qualche anno, una serie di misure virtuose per rendere il centro urbano più adatto alle esigenze della popolazione femminile, come ad esempio le scale barrier free (foto in basso) che consentono a chiunque di spostarsi agevolmente e in maniera indipendente.



Altri interventi necessari dovrebbero riguardare i servizi igienici, spesso sprovvisti di contenitori per la spazzatura e fasciatoi. Quelli più importanti riguardano, ad ogni modo, la sicurezza. Quante fermate degli autobus, quante strade, quanti parchi sono insicuri perché deserti o semplicemente scarsamente illuminati? Molti. E nella maggiorparte dei casi basterebbe una migliore illuminazione o piccole accortezze per evitare disagi, situazioni di pericolo e per dare tranquillità alle cittadine.



Tornando quindi all'osservazione iniziale di Wendy Lewis Jackson pensare a delle città 'a misura di donna' potrebbe effettivamente voler dire avere dei posti migliori in cui vivere, adatti alle esigenze di tutti.

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