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Le conseguenze del Covid-19 sul sistema elettrico: maggiore utilizzo delle fonti rinnovabili e calo del 12% della domanda di energia

Presentato l’Electricity Market Report 2020 dell’Energy&Strategy Group School of Management Politecnico di Milano

mercoledì 25 novembre 2020 - Redazione Build News

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Lo “shock” dovuto alla pandemia da Covid19 si è abbattuto anche sul sistema elettrico. Da un lato, nei mesi del primo “lockdown”, da marzo a maggio, la domanda nazionale di energia elettrica si è ridotta del 12% rispetto allo stesso periodo del 2019 (da 70,5 TWh a 62 TWh il totale delle quantità scambiate sul MGP), con un deciso calo dei prezzi dell’energia, il cui valore medio è stato di 26,4 €/MWh contro gli oltre 52 €/MWh dell’anno prima. Dall’altro, la minore quantità di energia elettrica generata (circa 567 GWh ad aprile 2020 contro i 660 GWh di aprile 2019), ha anticipato in maniera improvvisa uno scenario che era atteso nei prossimi anni, cioè il maggiore utilizzo all’interno del mix energetico degli impianti alimentati da fonti rinnovabili non programmabili: il solo fotovoltaico ha coperto il 13% della produzione nazionale nel mese di aprile 2020. Al contrario, la produzione da fonti fossili è passata dal 52% al 44% della produzione totale.

Nel corso della primavera 2020 sono dunque molto aumentate le quantità scambiate all’interno del Mercato dei Servizi di Dispacciamento, dove il gestore della rete di trasmissione nazionale (Terna) si approvvigiona di parte dei servizi necessari per il corretto funzionamento del sistema elettrico, e nonostante il calo dei prezzi si è così determinato un incremento del 54% (sul 2019) del costo di gestione del sistema nel periodo marzomaggio 2020. Tutto ciò si inserisce in un contesto che ha visto negli ultimi anni un calo della capacità di generazione complessivamente installata in Italia (circa 119 GW attuali, contro i 128 GW del 2012-2013), il quale ha portato con sé alcune criticità, perché la sostituzione di impianti termoelettrici con impianti a produzione non programmabile riduce in alcune ore il margine di adeguatezza del sistema.

Sono alcune delle evidenze emerse dall’Electricity Market Report 2020, l’analisi sull’evoluzione dei mercati elettrici in Italia e sulle nuove configurazioni per la condivisione dell’energia condotta dall’Energy&Strategy Group della School of Management del Politecnico di Milano. Il Report, giunto alla quarta edizione, è stato presentato questa mattina durante un convegno che ha visto la partecipazione al dibattito delle numerose aziende partner della ricerca.

Il sistema elettrico è in rapida evoluzione per via del peso sempre maggiore delle fonti rinnovabili e della progressiva dismissione di una parte del parco termoelettrico - commenta Simone Franzò di E&S Group, responsabile scientifico della ricerca -. In questo contesto, un nuovo soggetto sta emergendo con grande enfasi: le Energy Community, frutto del percorso normativo europeo avviato sulla scia del Clean Energy Package e che poggia su due direttive, la RED II e la IEM, che l’Italia è chiamata a recepire nei prossimi mesi. Il Report analizza le diverse configurazioni di Energy Community introdotte nel quadro normativo comunitario, dal punto di vista regolatorio e tecnologico ma anche sotto il profilo della sostenibilità economica e delle potenzialità di diffusione in Italia. Anche altre normative si sono perfezionate nel corso del 2020, nell’ottica di assecondare uno sviluppo sostenibile del sistema elettrico verso il 2030, anno target per gli ambiziosi obiettivi che il nostro Paese si è dato, come il 55% di copertura della domanda di elettricità da fonti rinnovabili.

Secondo le stime dell’E&S Group, nel prossimo quinquennio (2021-2025) la diffusione delle comunità energetiche potrebbe portare all’installazione di oltre 3,5 GW di impianti fotovoltaici, generando un volume d’affari di 4 miliardi di euro (con riferimento alle diverse tecnologie abilitanti) supportati da incentivi per 6,5 miliardi su un orizzonte di 20 anni. Riferendosi ad uno scenario intermedio, al 2025 le “comunità energetiche” e gli “autoconsumatori di energia rinnovabile che agiscono collettivamente” potrebbero contribuire al 45% della nuova potenza di fotovoltaico installata necessaria per raggiungere l’obiettivo fissato dal PNIEC.

Quanto ai benefici ambientali, la riduzione delle emissioni di CO2 cumulate nell’arco della vita utile dei nuovi impianti installati sarebbe intorno ai 23 milioni di tonnellate.

Gli effetti del lockdown sul sistema elettrico

Nella primavera 2020, sul MSD si è avuto un forte incremento delle quantità scambiate sia “a salire” che “a scendere” rispetto al 2019, mentre non si è vista una così netta differenza in termini di prezzi medi. La combinazione dei due effetti ha avuto come risultato principale una crescita del controvalore dei servizi “a salire”: +137 mln€ sul MSD ex-ante e +67 mln€ sul MB tra marzo e maggio 2020 rispetto allo stesso periodo del 2019. Confrontando fra loro le diverse zone di mercato, si nota come le principali differenze nel periodo analizzato siano legate a un aumento del controvalore dei servizi “a salire” nella zona Centro-Sud, responsabile di un aumento di 185 milioni di euro sui circa 300 di incremento su scala nazionale. In totale, nel corso dei tre mesi considerati, il costo di approvvigionamento di servizi sul MSD (valutando il delta tra il controvalore dei servizi “a salire” e quello dei servizi “a scendere”) è cresciuto da 539 milioni di euro nel 2019 a circa 829 milioni nel 2020.

Escludendo il Centro-Sud, tuttavia, non si è osservata una crescita particolarmente elevata dei costi del MSD (anche in aree caratterizzate dalla forte presenza di impianti FERNP) mentre è stata notevole la riduzione dei prezzi dell’energia sul MGP. Una corretta valutazione degli effetti di lungo termine della maggiore penetrazione di rinnovabili nel sistema elettrico andrà calcolata considerando, tra le altre cose, da un lato gli eventuali maggiori costi di gestione del sistema elettrico e dall’altro la riduzione dei costi di generazione dell’energia elettrica e del suo prezzo per gli utenti finali.

Sono diversi i provvedimenti introdotti per dare risposte alle esigenze seguite all’evoluzione del sistema elettrico – che nell’ultimo periodo ha registrato una repentina quanto inattesa “accelerazione - tra cui il processo di apertura del MSD a nuove risorse, di cui fa parte il Decreto V2G per favorire l’integrazione tra veicoli elettrici e la rete elettrica, il progetto pilota Fast Reserve per abilitare risorse in grado di fornire un servizio di regolazione ultra-rapida di frequenza e il Capacity Market, che si pone l’obiettivo di assicurarsi la disponibilità di capacità produttiva nel lungo termine.

Gli andamenti del MSD in Italia negli ultimi anni

L’analisi delle diverse zone di mercato che caratterizzano il MSD mostra significative disomogeneità, dal punto di vista delle quantità scambiate, dei prezzi medi e delle tipologie d’impianto maggiormente coinvolte.

La zona Nord è quella caratterizzata dai volumi maggiori, con una concentrazione delle quantità accettate “a salire” nelle ore diurne, sia nei mesi estivi che in quelli invernali. I prezzi medi osservati nel 2019 sul MSD exante “a salire” risultano pari a circa 80 €/MWh nelle ore notturne per poi crescere fino a 115 €/MWh nelle ore serali. Prezzi simili si osservano sul Mercato del Bilanciamento (MB), sul quale tuttavia vengono scambiate quantità decisamente inferiori rispetto all’ex-ante. Viceversa, la zona Centro Sud è quella che presenta i prezzi “a salire” mediamente più alti, sia su MSD ex-ante che MB. Le quantità accettate in MSD ex-ante sono concentrate nelle ore notturne, con prezzi medi pari a circa 280 €/MWh nei mesi estivi e 330 €/MWh in quelli invernali, e nel MB si raggiungono valori medi superiori ai 350 €/MWh.

Circa la tipologia di impianto che oggi fornisce servizi ancillari, la quota maggiore è relativa agli impianti a gas naturale sia nell’ex-ante che nel MB, seguiti da quelli idroelettrici (soprattutto a pompaggio) e a carbone, anche in questo caso con evidenti differenze tra le zone (nel 2019, 60% al Sud e addirittura 100% in Sardegna nel MSD ex-ante), nonostante gli obiettivi nazionali prevedano un completo phase-out degli impianti a carbone entro il 2025. L’ingresso di nuove risorse per la fornitura di servizi di mercato potrà muoversi secondo due direttrici: l’esigenza di modulazione della potenza attiva nella zona e il prezzo di remunerazione che potranno ottenere. Per esempio, in zone caratterizzate da una presenza di volumi scambiati nelle ore prevalentemente serali e notturne potrebbero giocare un ruolo importante le infrastrutture di ricarica per le auto elettriche gli storage e gli impianti di climatizzazione invernale a pompa di calore, mentre nelle ore diurne potrebbero essere utilizzati soprattutto i cogeneratori, gli impianti di climatizzazione estiva e i boiler elettrici

Il progetto pilota UVAM e il Capacity Market

Per quanto riguarda i risultati del progetto pilota UVAM, si sono mantenute invariate le caratteristiche principali in termini di composizione degli “aggregati”, di localizzazione geografica e di tendenza a effettuare offerte a prezzi elevati rispetto alle medie di mercato. La sperimentazione infatti ha visto una partecipazione crescente nel corso del 2019 e una quasi completa saturazione del contingente già dalla prima asta del 2020, alle quali risultano aver partecipato 20 BSP alla data di chiusura del Rapporto (7 in meno rispetto allo scorso anno, con un processo di primo “consolidamento” del mercato che vede ridursi il numero di “small player” a fronte di una conferma dei “big player”, intesi come coloro che si sono assicurati in asta una quantità almeno pari a 50 MW).

In linea con quanto rilevato lo scorso anno, più di due terzi delle UVAM (68%) è composto da un unico POD, e più della metà degli aggregati risulta essere di tipo “misto”, ossia vede la presenza sia di consumi che di impianti di generazione, all’interno dello stesso POD o di POD diversi. Riguardo l’obbligo di effettuare offerte sul MB “a salire” da parte delle UVAM contrattualizzate a termine, l’analisi dei prezzi mostra la tendenza degli operatori ad effettuare offerte a prezzi prossimi allo strike-price (pari a 400 €/MWh), così come accadeva nel corso del 2019, fenomeno che concorre al limitare l’invio di ordini di dispacciamento da parte di Terna. In conclusione, si identifica una buona affidabilità delle UVAM, che hanno garantito la fornitura dell’85,5% delle quantità accettate nel periodo maggio 2019-marzo 2020.

Il Capacity Market, che riguarda invece un orizzonte temporale più ampio, essendo un meccanismo con cui il TSO si approvvigiona di capacità attraverso contratti di approvvigionamento di lungo termine aggiudicati con aste competitive. Con le prime due aste sono stati assegnati rispettivamente 40,9 GW di capacità con periodo di consegna 2022 e 43,4 GW con periodo di consegna 2023. L’obiettivo è quello di fornire segnali di prezzo che consentano di evitare la riduzione del margine di adeguatezza per il decommissioning degli impianti tradizionali e contemporaneamente accompagnare la decarbonizzazione del parco di generazione, facendo prevalere sulle altre le tecnologie più efficienti, meno inquinanti e con minori costi di produzione.

La nascita delle Energy Community e le tecnologie abilitanti

E’ in questo contesto che sta emergendo un nuovo soggetto: le Energy Community, frutto del percorso normativo europeo avviato sulla scia del Clean Energy Package e basato sulle direttive RED II (“Renewable Energy Directive 2018/2001”) e IEM (“Directive on common rules for the internal market for electricity 2019/944”), di cui va completato l’iter di recepimento rispettivamente entro giugno 2021 e dicembre 2020.

Sono quattro le nuove configurazioni introdotte: gli “Autoconsumatori di energia rinnovabile che agiscono collettivamente” (la cui principale caratteristica è che si trovino all’interno dello stesso edificio o condominio), le “Comunità Energetiche Rinnovabili”, i “Clienti attivi consorziati” e le “Comunità Energetiche di Cittadini”.

Grazie al confronto con gli operatori, si sono identificate ed analizzate le soluzioni tecnologiche che possono essere implementate nell’ambito delle configurazioni di “autoconsumatori collettivi” e “comunità energetiche”, anche se ciascuna può assumere diverse fisionomie. Tutte le tecnologie hardware e software potenzialmente coinvolte possono essere considerate “mature” e reperibili sul mercato. Un focus particolare è stato riservato alle varie piattaforme software e ai sistemi di storage, le cui installazioni al mese di ottobre 2020 risultano pari a 36.896 unità complessive, per una potenza totale di 170,3 MW e una capacità di 267,5 MWh. Esclusa una sola installazione stand-alone, tutte le batterie risultano abbinate ad un impianto fotovoltaico. La tecnologia più diffusa è il litio, con un prezzo che si attesta intorno ai 670 €/MWh.

Per analizzare gli investimenti tecnologici utili a sviluppare una configurazione di autoconsumo collettivo di energia rinnovabile o di comunità energetica rinnovabile, queste le configurazioni tecnologiche identificate: “Pura condivisione” (configurazioni in cui è esclusivamente prevista l’installazione di un impianto di generazione FER per condividere virtualmente l’energia tra i membri), “Pura condivisione digital” (configurazioni in cui è prevista l’istallazione, oltre che dell’impianto fotovoltaico, di dispositivi di misura installati presso ciascun POD e di una piattaforma software di monitoraggio), “Condivisione ottimizzata” (configurazioni che prevedono anche la presenza del sistema di storage, che consente in primo luogo di aumentare il livello di energia prodotta dall’impianto FER e condivisa all’interno della configurazione); “Condivisione smart (configurazioni che prevedono anche la presenza dell’infrastruttura tecnologica che abilita la partecipazione al Mercato dei Servizi di Dispacciamento da parte delle risorse “flessibili” disponibili e dell’infrastruttura per la ricarica dei veicoli elettrici).

La filiera delle Energy Community: i modelli di business degli operatori

Dal confronto con gli operatori emergono diverse possibili articolazioni del modello di business che potrebbero essere adottati per promuovere le iniziative di autoconsumo collettivo e comunità energetiche da parte dai cosiddetti “soggetti terzi” o “developer”. Essi (soggetti diversi dai membri di un aggregato) possono contribuire, infatti, a configurare le comunità, in quanto ricercano e aggregano i membri, installano gli asset, forniscono tecnologie hardware e software per la gestione degli asset e servizi di efficienza energetica, abilitano alla partecipazione al MSD.

In un contesto fortemente in divenire, i principali “punti fermi” appaiono i seguenti: tutti i modelli di business che i soggetti terzi intendono implementare includono le attività di ricerca ed aggregazione dei membri e la fornitura delle tecnologie hardware e software di gestione degli asset presenti; tutti prevedono (almeno) la fornitura di tecnologie base per la generazione in loco di energia (fotovoltaico). Inoltre, i modelli di business che gli operatori sono maggiormente propensi a implementare sono quelli che includono anche la fornitura di servizi aggiuntivi di efficienza energetica, attività che risulta “core” per le ESCo ma che sta assumendo sempre più rilevanza anche per le utility. Il modello di business che si pone come obiettivo principale massimizzare l’energia condivisa e l’ottenimento degli incentivi connessi risulta di maggiore interesse per quelle utility che intendano rafforzare o avviare una relazione con le utenze in merito alla fornitura dell’energia.

Si registra una limitata “copertura” dell’attività legata alla partecipazione al MSD, in quanto al momento non viene ritenuta prioritaria da parte degli operatori, ma oggetto di una valutazione successiva, nel momento in cui la Energy Community sarà operativa e a regime.

La sostenibilità economica delle energy community

L’analisi della sostenibilità economica delle energy community, in particolare gli “autoconsumatori di energia rinnovabile che agiscono collettivamente” e le “comunità energetiche rinnovabili”, ha riguardato 6 diversi “archetipi”: come esempi di applicazione dell’autoconsumo collettivo da FER, un condominio con 20 utenti residenziali e un centro commerciale con 65 negozi; come esempi di applicazione delle comunità energetiche rinnovabili, un quartiere con 80 utenti residenziali, un quartiere con 60 utenti residenziali e 10 utenze tipo ufficio, un’area urbana mista con un’utenza industriale che autoconsuma l’energia e condivide l’eccesso con 45 utenti residenziali, un distretto industriale con 14 PMI.

L’analisi estensiva condotta, che complessivamente ha riguardato più di un centinaio di business case, mostra risultati promettenti per la diffusione di queste configurazioni nel prossimo futuro. La costituzione di “autoconsumatori collettivi di energia rinnovabile” all’interno di un condominio presenta economics molto interessanti nello scenario di investimento condiviso, grazie alla cessione del credito di cui il developer può beneficiare. L’integrazione di un sistema di storage e degli altri servizi (ricarica dei veicoli elettrici e partecipazione al MSD) determina un miglioramento degli economics per il developer, mentre allunga i tempi di ritorno dell’investimento per le utenze energetiche, che tuttavia ottengono un beneficio economico annuo più elevato, in termini assoluti.

Il caso relativo al condominio in cui l’investimento è totalmente a carico del developer non risulta conveniente, poiché non può accedere alla detrazione del 50% sull’investimento sostenuto. Viceversa, l’investimento “autonomo”, totalmente a carico delle utenze energetiche, presenta un IRR mediamente pari al 10% nel caso relativo al solo fotovoltaico, che peggiora di circa 2 punti percentuali se si prevede anche la presenza dello storage (con risultati migliori se si riuscisse ad incrementare maggiormente la quota di energia condivisa). A fronte di economics indubbiamente interessanti, va sottolineato che l’investimento a carico delle utenze energetiche (circa 40.000 euro con il solo fotovoltaico) è più che doppio rispetto al caso di investimento condiviso, il che potrebbe rappresentare una barriera alla diffusione. La presenza di un developer, oltre a fornire le risorse tecniche e finanziarie necessarie, abilita ulteriori opportunità per gli utenti, come l’installazione di una infrastruttura di ricarica per auto elettriche e la partecipazione al MSD tramite lo storage.

La configurazione relativa al centro commerciale presenta economics molto interessanti, sia nello scenario di investimento autonomo che in quello a carico del developer. Ciò in virtù del fatto che il livello di condivisione dell’energia prodotta dall’impianto fotovoltaico, all’interno del caso simulato, è prossimo al 100%. E’ interessante sottolineare l’impatto positivo associato all’abilitazione della partecipazione al MSD, utilizzando l’impianto di condizionamento estivo di cui si ipotizza disponga il centro commerciale: la possibilità di sfruttare l’inerzia termica dell’edificio, senza che ciò comporti un innalzamento significativo della temperatura interna, determina un incremento dell’IRR di 1-4 punti percentuali.

Per quanto riguarda la creazione di configurazioni di comunità energetiche rinnovabili in ambito urbano (Quartiere residenziale, Quartiere misto ed Area urbana mista), i casi in cui l’investimento sia totalmente a carico del developer presentano economics negativi, in virtù della impossibilità per tali soggetti di accedere alla detrazione del 50% sull’investimento sostenuto. Viceversa, risulta interessante l’investimento autonomo da parte delle utenze energetiche, soprattutto nei casi di Quartiere misto ed Area urbana mista che beneficiano di elevati livelli di condivisione dell’energia prodotta dagli impianti di generazione.

Per quanto riguarda l’Area Mista - in cui si prevede che un’utenza industriale si faccia promotrice dell’iniziativa e coinvolga altre utenze energetiche residenziali ad essa prossime - al di là della mera convenienza economica vi sono ricadute “sociali” positive sulla comunità locale, che si traducono in buona immagine. Il Quartiere Residenziale invece non mostra economics particolarmente soddisfacenti - con un IRR nell’ordine del 7% ed un PBT di circa 14 anni – in quanto (ipotesi conservativa) le utenze energetiche coinvolte non possono installare impianti fotovoltaici sui tetti degli edifici. In caso contrario, con la possibilità di beneficiare delle detrazioni fiscali, si avrebbe con un impatto fortemente positivo, ulteriormente amplificato dalla possibilità di autoconsumare fisicamente una parte dell’energia prodotta dall’impianto o dagli impianti.

Infine, il distretto industriale mostra l’IRR più elevato, pari al 14-15% nel caso di investimento a carico del developer, e a circa il 19% se sostenuto dalle utenze energetiche. Ciò è dovuto agli elevati livelli di condivisione dell’energia prodotta dagli impianti di generazione. Un ulteriore impatto positivo è associato all’abilitazione della partecipazione al MSD, utilizzando l’impianto di cogenerazione che si ipotizza sia presente all’interno dell’aggregato. Va però sottolineato che la configurazione “Distretto industriale” è di difficile realizzazione per l’attuale quadro normativo.

Il potenziale di diffusione delle energy community e i benefici in termini economici e ambientali

Ma qual è effettivamente il potenziale di diffusione delle energy community in Italia? Per valutarlo, si è stimato il mercato potenziale, cioè il totale delle utenze energetiche e degli edifici che potrebbero entrare a far parte delle configurazioni, il mercato realmente “disponibile”, cioè il sottoinsieme che tiene conto della presenza di vincoli tecnici invalidanti, e si sono identificati 3 scenari di penetrazione attesa, “moderato”, “intermedio”, “accelerato”. Lo scenario “intermedio” si basa sull’assunto che la diffusione delle configurazioni parta “dal basso”, supportata dalla presenza di un solido razionale economico, mentre in quello “accelerato” un ruolo chiave è giocato dai “developer”, la cui presenza può – tra le altre cose - favorire l’aggregazione delle utenze (soprattutto in ambito residenziale) e limitare/azzerare gli investimenti a carico delle utenze energetiche.

Seppur con differenze significative tra i diversi scenari, le potenzialità di mercato nel nostro Paese sono ragguardevoli. Si stima infatti che potrebbero essere coinvolte nel prossimo quinquennio (2021-2025) circa 150-300 mila utenze non residenziali e oltre 1 milione di utenze residenziali, dando vita (nello scenario intermedio) a circa 5-10 mila configurazioni di autoconsumo collettivo e circa 20.000 Comunità Energetiche Rinnovabili. Le ricadute sarebbero di tipo economico (ad esempio con riferimento al volume d’affari generato per la fornitura delle componenti tecnologiche necessarie), ma anche fiscale, energetico ed ambientale, come ad esempio l’incremento della generazione fotovoltaica e la conseguente riduzione delle emissioni.

La diffusione delle comunità energetiche potrebbe portare, in totale, all’installazione di oltre 3,5 GW di impianti fotovoltaici e 1,3 GWh di capacità di accumulo, generando un volume d’affari di 4 miliardi di euro supportati da incentivi per 6,5 miliardi di € su un orizzonte di 20 anni. Con riferimento allo scenario intermedio, si prevede che al 2025 le comunità energetiche e gli autoconsumatori di energia rinnovabile che agiscono collettivamente possano contribuire al 45% della nuova potenza di fotovoltaico installata necessaria al nostro Paese per raggiungere l’obiettivo fissato dal PNIEC. Nel medesimo anno, il contributo rispetto alla produzione complessiva di fotovoltaico sarebbe circa dell’11%. Inoltre, la diffusione delle configurazioni di autoconsumo collettivo avrebbe come impatto positivo una riduzione delle perdite di rete stimata nell’intorno di circa 5,5 GWh/anno, pari a circa 110 GWh cumulati nel periodo di vita utile degli impianti.

La riduzione delle emissioni di CO2 nello stesso arco di tempo si stima intorno ai 23 milioni di tonnellate, che economicamente possono essere quantificate in altri 460 milioni di euro nello scenario intermedio, considerando una valorizzazione cautelativa di 20 €/ton per la CO2. Numeri molto interessanti per gli operatori del settore, chiamati a contribuire in maniera sostanziale affinché tale potenziale si traduca in realtà e favorisca il necessario raggiungimento dei target di evoluzione del sistema energetico nazionale.

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