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L'efficienza energetica nei comuni: lo stato dell'arte

Il Consiglio nazionale degli ingegneri ha effettuato un'indagine tra i Comuni capoluogo di provincia e quelli non capoluogo con più di 50mila abitanti

mercoledì 25 gennaio 2017 - Redazione Build News

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Al fine di fotografare lo stato dell’arte del processo di attuazione della normativa sul tema energetico da parte dei Comuni, il Centro Studi del Consiglio Nazionale degli Ingegneri, su indicazione del suo Gruppo di lavoro Energia, ha effettuato un’indagine – IN ALLEGATO - tra tutti i Comuni capoluogo di provincia e quelli non capoluogo con più di 50mila abitanti. Dei 172 Comuni contattati, hanno risposto in 80 (46,5%).

LA NORMATIVA. “L’attuale quadro normativo in materia di efficienza energetica – ricorda l'indagine - è definito, in primo luogo, dalla Direttiva 2012/27/UE del 25 ottobre 2012, che ha modificato le Direttive 2009/125/CE e 2010/30/UE e abrogato le Direttive 2004/8/CE e 2006/32/CE.

Tale Direttiva ha portato all’emanazione, in Italia, del Decreto Legislativo 4 luglio 2014, n. 102, che prevede fra i suoi scopi, oltre all’attuazione delle norme europee nel rispetto dei criteri fissati dalla cd. Legge di delegazione europea 2013, la definizione di “un quadro di misure per la promozione e il miglioramento dell'efficienza energetica”, in particolare volte “al conseguimento dell'obiettivo nazionale di risparmio energetico”, come definito dal medesimo decreto (art. 3), nonché alla fissazione di “norme finalizzate a rimuovere gli ostacoli sul mercato dell'energia e a superare le carenze del mercato che frenano l'efficienza nella fornitura e negli usi finali dell'energia” (art. 1).

Da segnalare, inoltre, la recente emanazione del Decreto Legislativo 18 luglio 2016 n. 141, recante “Disposizioni integrative al decreto legislativo 4 luglio 2014, n. 102, di attuazione della direttiva 2012/27/UE sull'efficienza energetica, che modifica le direttive 2009/125/CE e 2010/30/UE e abroga le direttive 2004/8/CE e 2006/32/CE” (pubblicato sulla G.U. n. 172 del 25 luglio 2016).

Risulta tutt’ora vigente, altresì, nonostante le modifiche ad esso apportate dal D.Lgs. 102/2014, il Decreto Legislativo 30 maggio 2008, n. 115, attuativo della Direttiva 2006/32/CE sull’efficienza degli usi finali dell'energia e i servizi energetici e abrogativo della Direttiva 93/76/CEE.

Rimane, infine, applicabile il Decreto Legislativo 19 agosto 2005, n. 192, di recepimento della Direttiva 2002/91/CE (relativa al rendimento energetico nell’edilizia), che pone limiti al valore del fabbisogno di energia primaria, espresso in kWh/m2 per anno.

Ai sensi della predetta normativa, risultano affidate ai Comuni alcune delle funzioni principali in materia di controllo della qualità degli edifici, specialmente in relazione al rispetto dei requisiti di prestazione energetica previsti dalla legge, nonché gli incarichi connessi all’attuazione degli obiettivi di miglioramento dell’efficienza energetica nel territorio comunale.”

I RISULTATI DELL'INDAGINE. “Le maggiori responsabilità affidate ai Comuni dalle politiche volte al miglioramento dell'efficienza energetica del paese stanno dunque spingendo gli enti locali ad attivarsi ed organizzarsi, non solo provvedendo all’adozione di specifici modelli organizzativi o costituendo apposite strutture tecniche, importantissime a livello operativo, per l’attuazione delle misure nel territorio, ma anche dotandosi di figure professionali specialistiche in grado di gestire progetti di efficienza energetica e, allo stesso tempo, di trovare le relative fonti di finanziamento.

Uno dei primi passi di questo processo di riorganizzazione è consistito, per molti Comuni, nell’individuazione di un ufficio specifico a cui sono state affidate tutte le problematiche connesse al tema dell’efficienza energetica: in base ai risultati dell’indagine, infatti, circa il 54% dei Comuni ha agito su questa direttrice.

L’istituzione di un ufficio specifico, o quanto meno l’affidamento dell’intero “pacchetto” di attività correlate all’efficienza energetica ad un ufficio già esistente, risulta una prassi particolarmente diffusa nelle regioni meridionali tanto che circa i tre quarti dei Comuni hanno risposto positivamente al quesito, mentre tale pratica è meno diffusa nel Nord-Ovest, in cui solo un terzo delle Amministrazioni ha operato in tal modo.

Solo il 31,6% dei Comuni, tuttavia ha istituito un ufficio che esercita anche il controllo dell'osservanza delle norme di efficienza energetica nazionali nell'edilizia (D.Lgs 192/2005 e s.m.i), ed anche in questo caso si tratta di una consuetudine più diffusa nel Meridione (44,4%) che nel Nord-Italia (circa il 21-22%)”.

Il Patto dei Sindaci “sembra aver riscosso molto interesse tra i Comuni italiani, tanto che, in base ai dati in esame, ben l’84,8% dei Comuni vi ha aderito e il tasso di adesione risulta ancora più elevato nel Meridione (96,3%) e nelle regioni del Nord-Est (94,4%)”.

Circa “9 Comuni su 10, tra quelli che hanno aderito al Patto dei Sindaci, hanno predisposto il PAES (Piano di Azione per l’Energia Sostenibile). Nel Nord-Italia addirittura la totalità dei Comuni.”

CONCLUSIONI. “Il quadro che emerge dai risultati dell'indagine evidenzia abbastanza chiaramente, a livello nazionale, l'esistenza di alcune barriere di carattere organizzativo e culturale presenti nei Comuni per l'attuazione degli obiettivi nazionali ed europei di efficienza energetica, barriere che, ad oggi, impediscono l'attuazione di una reale politica energetica a livello locale. Di conseguenza, vengono penalizzati pesantemente i professionisti del settore energetico-impiantistico che vedono sfumare, così, una quantità non indifferente di mancate occasioni professionali.

Viene dunque a mancare uno degli elementi fondamentali della filiera dell'efficienza energetica nazionale, ossia il contributo dei professionisti in possesso di specifiche competenze. La mancanza, o comunque la debolezza di questo anello della catena, produce un “effetto domino” che indebolisce l’intero sistema, con il risultato che l’apporto dei governi locali per ciò che riguarda il conseguimento degli obiettivi nazionali è, al momento, assai ridotto.

L’effetto domino coinvolge ovviamente anche i liberi professionisti che, frequentemente, si ritrovano ad asseverare richieste di titoli abilitativi secondo la vigente legislazione in materia, senza tuttavia poter avvalersi appieno del contributo degli uffici tecnici comunali designati, in quanto, come emerso dai dati, molto spesso non “dotati” di figure professionali adeguatamente competenti, in grado di segnalare errori e non conformità che, se non accertate in una fase propedeutica alla consegna, possono, in seguito, determinare pesanti responsabilità e conseguenze per l'attività professionale svolta.

Tali non conformità, in assenza anche dei dovuti controlli a campione post consegna, possono creare sicuramente alcuni problemi nei rapporti contrattuali tra la committenza e gli acquirenti nel caso di nuove costruzioni edilizie ed in generale nei rapporti tra terzi o determinare una scadente qualità energetico-impiantistica delle realizzazioni.

Non meno importante, la mancanza di uffici preposti al trattamento di queste tematiche fa sì che non sia controllata la qualità energetica delle realizzazioni edilizie.

In conclusione, si delinea chiaramente la necessità che il CNI continui nell’azione di informazione, sensibilizzazione e promozione nei confronti dei Comuni perché le barriere individuate siano rimosse e la professione dell'ingegnere impiantista assuma pari dignità rispetto agli altri settori anche in termini di occasioni professionali, a fronte di percorsi formativi e di aggiornamento in un settore normativamente complesso.”

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