Da più parti sono pervenute all'Agenzia delle Entrate richieste di chiarimenti in merito alle modifiche al regime forfetario, di cui all’articolo 1, commi da 54 a 89, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, introdotte con la legge 27 dicembre 2019, n. 160 (legge di bilancio 2020).
Con la Risoluzione n. 7/E dell'11 febbraio 2020, l'Agenzia delle Entrate ha fornito i chiarimenti richiesti.
“Con l’articolo 1, comma 692, della legge di bilancio 2020 sono state apportate modifiche alla disciplina del regime forfetario, sia con riferimento ai requisiti di accesso sia in relazione alle cause di esclusione.
In particolare, con riferimento ai requisiti di accesso, il comma 692, alla lettera a) ha sostituito l'articolo 1, comma 54, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, prevedendo che i contribuenti persone fisiche esercenti attività d'impresa, arti o professioni applicano il regime forfetario se, al contempo, nell'anno precedente hanno conseguito ricavi ovvero percepito compensi, ragguagliati ad anno, non superiori a euro 65.000 e se hanno sostenuto spese per il personale e per lavoro accessorio superiori a 20.000 euro (originariamente il limite era fissato in 5.000 euro).
Con riferimento alle cause di esclusione, la disposizione inserita nella legge di bilancio 2020 ha previsto quale causa di esclusione dall'applicazione del regime forfetario l'ipotesi in cui, nel periodo d'imposta precedente, il soggetto abbia percepito redditi di lavoro dipendente o assimilati di importo lordo superiore a 30.000 euro.
Tale causa di esclusione non si discosta da quella, sostanzialmente identica sul punto, prevista in sede di prima applicazione del regime forfetario (articolo 1, comma 57, lettera d-bis), della legge n. 190 del 2014) laddove era prevista, quale causa ostativa all'accesso al regime, la circostanza che la persona non avesse percepito, nell'anno precedente, redditi di lavoro eccedenti l'importo di 30.000 euro.
Ai fini della individuazione del periodo di imposta a decorrere dal quale le suddette modifiche producono effetto, si osserva che, come si evince dall’espressa formulazione normativa del novellato comma 54, il limite delle spese, di cui alla lettera b) del nuovo comma 54, va verificato con riferimento all’anno precedente all’applicazione del regime forfetario.
Di conseguenza, i contribuenti che nel 2019 hanno superato i limiti previsti nel comma 54 in commento non potranno accedere al regime forfetario nel 2020.
Anche per la clausola di esclusione prevista nel predetto comma 57, lettera d-ter), in base al tenore letterale della norma, si evidenzia che la stessa opera già dal periodo d’imposta 2020 se i contribuenti nel periodo d’imposta 2019 conseguono redditi di lavoro dipendente e/o assimilati in misura superiore a € 30.000.
Tale interpretazione trova un precedente nei chiarimenti resi con la circolare n. 10/E del 4 aprile 2016, in relazione alla medesima clausola inserita a opera della legge 28 dicembre 2015 n. 208 (legge di stabilità del 2016).
Con riferimento all’eventuale contrasto delle nuove norme con l’articolo 3 dello Statuto dei diritti del contribuente, si osserva che le modifiche apportate al regime con la legge di bilancio per il 2020 non impongono alcun adempimento immediato, atto a garantire le condizioni abilitanti per la permanenza nel regime per i soggetti che nel 2019 avevano i requisiti per fruire del forfait.
Infatti, il requisito (non aver sostenuto più di 20.000 euro di spese per lavoro accessorio, lavoratori dipendenti e collaboratori) e la causa di esclusione (aver percepito più di 30.000 euro di redditi da lavoro dipendente e assimilati) impongono esclusivamente una verifica dell’eventuale superamento di dette soglie.
Inoltre, l’eventuale fuoriuscita dal regime forfetario comporterà per il contribuente l’adozione del regime ordinario, con i consueti adempimenti e secondo regole note e già fissate nell’ambito dello stesso regime forfetario: in tale ottica, non sembra possibile ritenere che si contravvenga al contenuto dispositivo dell’articolo 3, comma 2, dello Statuto dei diritti del contribuente.
Si segnala, infine, che quanto sopra rappresentato è in linea con quanto indicato nella risposta resa in data 5 febbraio 2020 alle interrogazioni parlamentari n. 5-03471 e n. 5-03472, presentate alla Camera dei Deputati”.