È stata l’associazione italiana per la partecipazione pubblica (Aip2) a segnalare che nel cosiddetto decreto semplificazioni è contenuta una misura che sospende sino alla fine del 2023 la procedura del dibattito pubblico per le grandi opere: “Su richiesta delle amministrazioni aggiudicatrici, le regioni, ove ritengano le suddette opere di particolare interesse pubblico e rilevanza sociale, previo parere favorevole della maggioranza delle amministrazioni provinciali e comunali interessate possono autorizzare la deroga”.
Per esprimere contrarietà e disappunto, Aip2 ha promosso, assieme a un gruppo di esperti e studiosi della democrazia deliberativa, un appello pubblico. La presidente, Chiara Luisa Pignaris, fa anche parte del Consiglio direttivo della sezione Toscana dell’Istituto Nazionale di Urbanistica. Tra INU e Aip2 la collaborazione è avviata da tempo: sei anni fa, per citare una delle iniziative più importanti, le due associazioni promossero assieme ad altri la Carta della Partecipazione.
Pignaris spiega: “Questa decisione ci sconcerta, sin dalle premesse: scegliendo di derogare al dibattito pubblico si evidenzia una concezione sbagliata che si ha di questo strumento, visto evidentemente come una procedura che può costituire un elemento di rallentamento nella realizzazione delle opere. Vale esattamente il contrario. Il dibattito pubblico è stato introdotto attraverso la riforma del codice degli appalti nel 2016, ed obbligatorio quando ci si trova di fronte a opere di una certa dimensione. Lo scopo è attivare una discussione e un dialogo con i cittadini che abitano nei territori, far emergere tutte le posizioni. Non è uno strumento di decisione, piuttosto di analisi e valutazione preliminare, e può essere attivato quando l’iter è al momento dello studio di fattibilità, ovvero quando le alternative sono chiare e percorribili, non alla progettazione definitiva. Il punto è che facendo emergere le conflittualità in questa fase, è ancora possibile trattarle”, ovvero si può evitare che deflagrino nella fase successiva, quando è più complicato cambiare strada. “Diciamo – prosegue la presidente di Aip2 – che attraverso un piccolo investimento iniziale l’opera si può realizzare con maggiore speditezza, qualità ed efficacia. E’ un’opportunità per chi realizza l’intervento, che partecipando al dibattito moderato da un coordinatore terzo e neutrale, può spiegare le posizioni, gli obiettivi, le accortezze, altrimenti l’opinione pubblica rischia di dovere sentire solo le ragioni del No, dei comitati contrari”.
Tra l’altro la procedura del dibattito pubblico ha una durata massima di quattro mesi che, tenuto conto dell’utilità e degli obiettivi, appare risibile: si parla spesso di opere ferme da anni, in alcuni casi decenni, “in cui il blocco il più delle volte si determina per i ricorsi alla giustizia amministrativa”. Il dibattito pubblico, gestendo i conflitti, ne può diminuire la probabilità.
La richiesta di Aip2, e dei soggetti che condividono l’appello, è il ritiro della misura. In parallelo si promuoverà un confronto con le Regioni a scopo di sensibilizzazione, visto che la deroga passa da loro decisioni. La battaglia è motivata anche da ragioni che attengono ai diritti di cittadini, come spiega Pignaris: “Il nostro Paese si è impegnato, attraverso la firma della Convenzione di Aahurs, a coinvolgerli nelle scelte pubbliche che comportano impatti ambientali”.
Gilda Berruti e Raffaella Radoccia coordinano la Community dell’INU “Governance e diritti dei cittadini”. Hanno sottoscritto l’appello, e definiscono la misura in questione “un passo indietro rispetto al diritto di partecipazione dei cittadini alle scelte che riguardano i territori, specialmente se teniamo conto degli avanzamenti conquistati faticosamente negli ultimi anni”. Radoccia e Berruti evidenziano l’errore di comprensione che ha mosso l’approvazione della norma, ovvero quello di considerare il dibattito pubblico, e in generale l’apertura del processo decisionale, “qualcosa che complica e rallenta, in un momento in cui abbiamo, a causa del Covid, bisogno di decidere in fretta. Di fatto si cavalca l’emergenza per derogare alle norme”.
Le coordinatrici della Community INU riflettono anche sul rischio che “la deroga diventi permanente, e in ogni caso attraverso essa si svilisce il processo e le conquiste che riguardano la partecipazione alle scelte pubbliche. Quello che spaventa è che promuovendo la deroga e allo stesso tempo inscrivendola nelle esigenze conseguenti all’emergenza sanitaria si fa leva strumentalmente sulla disponibilità dei cittadini a cedere diritti in nome della salute”, una sorta di prosecuzione delle misure della scorsa primavera. Berruti e Radoccia dicono senza mezze misure che “non è ammissibile”, chiamando alla necessità di un’opposizione fattiva.
Andrea Scarchilli – Ufficio stampa Istituto Nazionale di Urbanistica
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