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Libera circolazione professionisti in UE, critiche Inarsind al decreto attuativo direttiva 2013/55/UE

Sul piano previdenziale, un compenso dato in Italia ad un professionista comunitario non italiano frutta nel suo Stato di residenza, mentre se dato ad un professionista italiano frutta in Italia

venerdì 11 dicembre 2015 - Redazione Build News

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Lo scorso 4 dicembre il Coordinamento Regionale Toscano di Inarsind (il sindacato degli ingegneri e architetti liberi professionisti) ha incontrato la Presidenza della Regione Toscana nella persona del Consigliere Gianfranco Simoncini.

Al centro dell'incontro lo schema di decreto legislativo di recepimento della direttiva 2013/55/UE, relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali in Ue, approvato in via preliminare dal Consiglio dei ministri il 13 novembre scorso (LEGGI TUTTO).

La relazione tecnica spiega che lo schema di D.Lgs. “ha lo scopo di dare la garanzia a coloro che hanno acquisito una qualifica professionale in uno Stato membro di accedere alla stessa professione e di esercitarla in Italia con gli stessi diritti dei cittadini italiani”. Secondo il coordinamento regionale toscano di Inarsind si tratta di “una dichiarazione disarmante e preoccupante. In questi termini, si consente anche quanto segue: un cittadino extracomunitario, magari di provenienza da colonie non ex inglesi, paga la sua quota d’iscrizione ad una delle numerose associazioni professionali britanniche, le quali, per effetto della provenienza di non madrelingua inglese, gliela concedono a buon mercato (perché incassano la quota) e, una volta iscritto e acquisita la qualifica professionale, viene in Italia a farci la concorrenza, in un mercato che non è per niente in condizioni di soddisfare l’offerta. Non ci sono valutazioni né riferimenti – osserva il coordinamento toscano di Inarsind - alle conseguenze di sostenibilità delle attuali Casse di previdenza. Si persevera nel diabolico errore di pensare a lavoratori autonomi come se fossero lavoratori dipendenti”.

L'INTERA IMPOSTAZIONE VA RIVISTA. Per il coordinamento toscano del sindacato degli ingegneri e architetti italiani “occorre rivedere tutta l’impostazione e chi, malauguratamente, pensasse di cogliere l’occasione per incamerare nell’Inps la previdenza dei liberi professionisti, avrebbe sbagliato i conti: a fronte di un immediato incasso di valuta, assumerebbe anche un debito previdenziale insostenibile se non si attuano misure straordinarie di sostegno agli studi professionali. D’altro canto, sappiamo che tutto il sistema previdenziale sia in sofferenza. Un compenso dato in Italia ad un professionista comunitario non italiano frutta previdenzialmente nel suo Stato di residenza, mentre un compenso dato ad un professionista italiano frutta previdenzialmente in Italia”.

LAUREA QUINQUENNALE ANCHE PER GLI INGEGNERI. Per quanto riguarda la laurea in Architettura, “bene averla riportata a 5 anni”, dice il coordinamento regionale toscano, aggiungendo però che “per ogni buona ragione che c’è per quanto riguarda l’architettura ve ne sono dieci per quanto riguarda l’ingegneria. Deve tornare il prima possibile a cinque anni anche per questa professione”.

Il Consigliere Simoncini ha ritenuto le osservazioni motivate ed ha preso impegno di trasferire, nell’ambito dei rapporti Stato – Regioni, quanto osservato”, conclude.

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