Crescono al ritmo del 21%, coprono il 26% del mercato del lavoro indipendente e occupano circa 900 mila dipendenti, anche se negli ultimi due anni il loro fatturato complessivo ha subito un leggero calo che si riflette in una lieve contrazione del loro contributo sul Pil nazionale. Anche nel 2017 l'Italia si conferma il Paese europeo con il maggior numero di liberi professionisti. Con oltre 1,4 milioni di unità nel nostro Paese si concentra, infatti, il 19% dei professionisti censiti nei 28 Paesi dell’Unione. Il primato italiano in Europa è confermato anche dal rapporto tra numero di liberi professionisti e popolazione. Se infatti a livello europeo si contano mediamente 11 liberi professionisti ogni 1.000 abitanti, in Italia ci sono 17 liberi professionisti per mille abitanti.
È questa la fotografia più aggiornata del settore dei liberi professionisti in Italia, scattata nel Rapporto 2018 sulle libere professioni, curato dall'Osservatorio sulle libere professioni, coordinato dal professor Paolo Feltrin, e presentata oggi a Roma in apertura del Congresso nazionale di Confprofessioni.
«Negli ultimi dieci anni i liberi professionisti sono l’unica componente del mercato del lavoro che ha retto gli urti della crisi economica, in netta controtendenza rispetto agli altri segmenti occupazionali del mercato del lavoro indipendente», commenta il presidente di Confprofessioni, Gaetano Stella. «Una tendenza che si rispecchia anche in altri indicatori economici che mostrano incoraggianti segnali di ripresa. Il Rapporto 2018 sulle libere professioni segna infatti un aumento del numero degli iscritti agli ordini e alle casse professionali; i professionisti si attestano intorno a 1.400.000 unità e tra questi cresce la componente dei datori di lavoro».
I SETTORI TRAINANTI. Le libere professioni abbracciano una realtà estremamente articolata. Dalle discipline artistiche alla consulenza aziendale, dalle scienze umane alle professioni tecniche, dai servizi alla persona alle funzioni di supporto amministrativo, i professionisti italiani rappresentano l’architrave del mercato dei servizi che si rivolge ai cittadini privati come alle imprese, al settore primario come alla P.A. Entrando nel dettaglio, i professionisti dell’area medica, legale e amministrativa rappresentano lo zoccolo duro della libera professione in Italia: messe insieme costituiscono quasi 1/3 dell’universo professionale. Secondo il Rapporto 2018 di Confprofessioni il numero degli avvocati sfiora le 200 mila unità, i medici sono circa 139 mila, mentre i consulenti aziendali si attestano a 119 mila. A ruota seguono architetti (95 mila), ingegneri (73 mila) e psicologi (55 mila). Agronomi e notai chiudono la classifica rispettivamente con 6 mila e 4 mila professionisti.
PROFESSIONE SEMPRE PIÙ ROSA. È un’immagine dinamica quella del libero professionista che esce dal Rapporto 2018 di Confprofessioni. Negli ultimi anni, infatti, l’universo professionale italiano sta cambiando pelle e se il mondo delle professioni è tutt’ora dominato dagli uomini, la componente femminile sta rapidamente conquistando terreno. Negli ultimi otto anni sono infatti le donne a trainare la crescita delle libere professioni, con una variazione positiva che si attesta a 176 mila unità, mentre i maschi si fermano a quota 80 mila. Scendendo nel dettaglio, sono le psicologhe e le biologhe a trainare la professione al femminile, da registrare inoltre come nella professione veterinaria le donne abbiano scavalcano gli uomini. Saldamente in mano a questi ultimi, invece, la professione di geologo, geometra e ingegnere. «Stiamo assistendo a un profondo ricambio generazionale, con una marcata tendenza al ribilanciamento di genere» commenta Paolo Feltrin, curatore del Rapporto. «Il peso delle generazioni più giovani e, al loro interno, delle donne, cresce sempre di più. Tra il 2009 e il 2017 gli over 45 che escono dal mercato del lavoro libero professionale sono per quasi l’80% uomini, mentre nello stesso il contributo delle donne alla crescita dei liberi professionisti (+255 mila unità) è del 67%».
REDDITI SU, MA NON PER TUTTI. Se il fatturato complessivo dei liberi professionisti è cresciuto negli ultimi sei anni, anche i redditi medi delle professioni ordinistiche confermano una dinamica positiva. Ma sono dati da prendere con le molle avverte il Rapporto 2018 Confprofessioni, perché ogni fonte utilizza criteri di classificazione differenti. Secondo i dati Mef, il volume di affari dei professionisti è passato dai 188 miliardi del 2011 ai 207 miliardi del 2016, segnando una leggera contrazione tra il 2015 e il 2016 che ha limato al 12,4% (da 12,8%) il contributo dei professionisti al Pil. Altro criterio è quello utilizzato dal Sose (riferito ai soggetti interessati dagli studi di settore) che al 2016 fissa il reddito medio dei professionisti sui 52 mila euro, in crescita del 12% rispetto all’anno precedente. Permane, comunque, un profondo divario tra le diverse professioni: si passa dai 22 mila euro annui degli studi di psicologia ai 285 mila delle attività notarili. Nella parte alta della classifica si collocano anche farmacisti (121 mila euro annui) e studi medici (66 mila euro), mentre nelle retrovie, insieme agli psicologi, si trovano veterinari, geometri e architetti. Anche i dati di lungo periodo indicano una chiave di lettura in chiaro scuro. Tra il 2006 e il 2016 sono calati drasticamente i redditi medi di notai e farmacisti, rispettivamente -40% e -10%. In flessione anche i redditi di architetti (-16%), ingegneri (-12%) e geometri (-5%), penalizzati dalla crisi dell’edilizia e dal blocco degli appalti pubblici. In salita, invece, i redditi di veterinari (+50%), contabili, periti e consulenti (+29%) e psicologi (+22%). Negli ultimi due anni, tuttavia, il Rapporto 2018 di Confprofessioni registra un’inversione di tendenza che ha spinto in avanti le dinamiche reddituali di quasi tutte le categorie professionali.