Mercato

Liberi professionisti tecnici, nel 2022 crescita dei profitti grazie anche al Superbonus

VIII Rapporto di Confprofessioni: in cima alla classifica si collocano i geometri con un incremento del 37,7% sul 2010, seguiti a ruota dai geologi (+29,8%), architetti (+28,4%) e ingegneri (+25,9%)

venerdì 1 dicembre 2023 - Redazione Build News

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Nel 2022 il reddito medio annuo dei professionisti iscritti alle casse di previdenza private è salito a quota 38.752 euro, in aumento rispetto ai 33.269 euro del 2021 e con un balzo del 14,2% rispetto al periodo pre-crisi pandemica. A beneficiare della crescita dei profitti sono soprattutto le professioni tecniche, grazie anche alla spinta del Superbonus. In cima alla classifica si collocano i geometri con un incremento del 37,7% sul 2010, seguiti a ruota dai geologi (+29,8%), architetti (+28,4%) e ingegneri (+25,9%). In base ai dati delle casse private, le professioni più redditizie sono quelle degli attuari (con un reddito medio di 96.306 euro) e dei commercialisti (74.330 euro); in calo, invece, i consulenti del lavoro (49.202 euro). In fondo alla classifica si collocano agrotecnici, giornalisti e psicologi.

I dati sono contenuti nel “VIII Rapporto sulle libere professioni in Italia – anno 2023”, curato dall’Osservatorio libere professioni di Confprofessioni, coordinato dal professor Paolo Feltrin, e presentato oggi a Roma nella sala plenaria Marco Biagi del Cnel che ha visto tra l'altro la partecipazione del ministro del Lavoro, Marina Elvira Calderone.                                      

Si ferma la corsa dei liberi professionisti

Nel 2022 poco più di 53 mila liberi professionisti hanno gettato la spugna. Dopo oltre 10 anni di crescita continua, interrotta solo dalla pandemia, si ferma la corsa dei liberi professionisti in Italia, che nel 2022 si attestano a 1.349.000 unità, segnando una flessione del 3,7% rispetto al 2021. Il bilancio diventa ancor più pesante se si considera che negli ultimi quattro anni circa 76 mila professionisti hanno abbandonato la loro attività, con una variazione negativa del 5%.

Il settore professionale si muove in netta controtendenza rispetto alle dinamiche occupazionali della forza lavoro in Italia. Tra il 2018 e il 2022, infatti, il numero di occupati è cresciuto dello 0,6% ma è stato assorbito quasi esclusivamente dal lavoro dipendente, che aumenta di oltre 765 mila unità, a scapito di quello indipendente che nello stesso periodo perde 291 mila posti di lavoro. Non solo, il calo del comparto professionale si ripercuote anche a livello europeo, dove l’Italia con 48 liberi professionisti ogni mille occupati perde la leadership e cede il passo ai Paesi Bassi, che detengono il primo posto per tasso di presenza della libera professione, con 50 liberi professionisti ogni mille occupati.

L’incertezza di un quadro economico assai complesso, insieme con il preoccupante declino demografico del Paese, sta modificando profondamente le caratteristiche del settore, che se da una parte vede ridursi il numero degli iscritti a un ordine professionale; dall’altra non riesce più ad attrarre le giovani leve.

Cala la propensione verso la libera professione

Nonostante l’aumento del numero di laureati, infatti, si registra una scarsa propensione verso la libera professione soprattutto tra le attività giuridiche, gli architetti, gli agronomi e i veterinari. Tra il 2018 e il 2022 il numero di laureati che hanno scelto la libera professione è passato da 20.795 a 18.644, registrando un calo del 10,3%. All’appello mancano 2.151 laureati, che hanno preferito un lavoro dipendente.

Cambia la configurazione degli studi professionali

La flessione degli iscritti colpisce quasi tutte le categorie professionali e risulta più marcata nel Mezzogiorno, che sconta una massiccia ondata migratoria verso le regioni del Centro e del Nord. Un fenomeno che ridisegna la configurazione degli studi. Se durante la pandemia i più penalizzati erano stati gli studi con dipendenti, nel 2022 si inverte la tendenza, con il recupero di quasi 11 mila professionisti datori di lavoro (e sono le donne a trascinare la crescita); mentre cala di circa 63 mila unità il numero di professionisti senza dipendenti. Un dato che indica una tendenza a rafforzare i livelli occupazionali e, quindi, una spinta verso i processi aggregativi degli studi professionali.                                        

Redditi

L’aumento dei redditi è confermato anche dai dati Isa (Indici sintetici di affidabilità fiscale) del Mef che, a differenza dei dati delle Case private escludono i contribuenti che adottano il regime forfettario, le nuove partite Iva, i contribuenti che hanno riportato cali dei compensi superiori al 33%. In questo caso, le attività che registrano l’incremento maggiore nei redditi medi sono gli studi notarili (+19,2%) seguiti dagli psicologi (+15,6%) e dalle professioni paramediche indipendenti (+13,5%).

Forbice reddituale tra uomini e donne

In questo scenario, tuttavia, si allarga ulteriormente la forbice reddituale tra uomini e donne, soprattutto nelle professioni giuridiche, dove le donne guadagnano oggi meno della metà degli uomini. Ma il problema coinvolge trasversalmente diverse categorie professionali. Tra i commercialisti, per esempio, il divario reddituale tra maschi e femmine sfiora i 40 mila euro, mentre tra gli ingegneri le donne guadagnano 22 mila euro in meno rispetto ai colleghi maschi.

Iscritti alla gestione separata Inps

Passando ai professionisti iscritti alla gestione separata Inps, la musica cambia. A fronte dell’aumento del numero degli iscritti (dai 260 mila del 2010 ai 476 mila del 2022), il Rapporto Confprofessioni sottolinea una costante contrazione del reddito medio, che scende dai 19 mila euro pro capite del 2010 ai 17 mila euro del 2022. Anche in questo ambito si registra un persistente divario di genere a sfavore della componente femminile che al 2022 guadagnano circa 5 mila 800 euro in meno rispetto agli uomini. Il divario reddituale appare ancor più marcato tra Nord-Sud e si attesta intorno a 6-7 mila euro, con Lombardia, Trentino Alto Adige, Emilia Romagna e Veneto in testa alla classifica dei redditi più alti; fanalini di coda: Sicilia, Calabria e Campania.

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