Unicmi ha scritto alla Direzione generale per la politica commerciale internazionale - Divisione III Accesso dei beni italiani nei mercati esteri e difesa commerciale delle imprese del Ministero dello Sviluppo Economico, chiedendo l’applicazione degli accordi UE-Svizzera che salvaguardano le procedure stabilite dalla Direttiva Europea 2005/36/CE in materia di stabilimento e di libera prestazione dei servizi delle imprese.
“Numerose Aziende lombarde e piemontesi – si legge nella lettera - iscritti a UNICMI, Unione Nazionale delle Industrie delle Costruzioni Metalliche, dell’Involucro e dei serramenti, ci stanno segnalando l’entrata in vigore, dallo scorso 1 febbraio, di norme ristrettive per l’ingresso di operatori italiani nel Canton Ticino della Confederazione Elvetica.
Nello specifico si tratta della LIA - “Legge imprese artigiane”, introdotta in Canton Ticino lo scorso marzo 2015, e del Regolamento attuativo del 20 gennaio 2016 che costringe dal 1° febbraio scorso ogni Azienda, per poter lavorare in quel territorio, a iscriversi ad un apposito Albo.
Tale provvedimento è in contrasto con l’Accordo tra l’Unione Europea e la Svizzera del 21 giugno 1999. Tale Accordo stabilisce infatti l’applicabilità delle direttive comunitarie sul riconoscimento delle qualifiche professionali anche ai cittadini elvetici e impone, a sua volta, alla Svizzera di applicare ai cittadini UE le procedure stabilite dalla Direttiva Europea 2005/36/CE in materia di stabilimento e di libera prestazione dei servizi delle imprese.
L’entrata in vigore di questo provvedimento protezionista sta provocando ingenti danni ad un tessuto di piccole e medie imprese anche nei settori rappresentati da Unicmi, tessuto che individuava nel mercato elvetico una valida opportunità per fronteggiare la grave crisi che sta attraversando il mercato italiano delle costruzioni e che ora vede compromesso il futuro di molte di queste Aziende”.