È un quadro di preoccupazione diffusa quello che emerge dall’indagine sugli iscritti all’Albo degli Ingegneri, realizzata dal Centro Studi CNI, che ha per tema le conseguenze del lockdown. Le cifre parlano chiaro: -24% di fatturato nei primi 4 mesi del 2020 con una riduzione dell’attività professionale del 60%.
Pur trattandosi di una stima di massima, l’indagine indica chiaramente che il primo quadrimestre si è chiuso con un pesante segno meno. È sufficiente indicare che, per il 75% dei rispondenti, il quadrimestre si è chiuso con una riduzionedel volume d’affari rispetto al medesimo periodo dell’anno precedente e la quota più elevata di rispondenti, ovvero il 33%, ha indicato che la riduzione è stata superiore al 30%. Per il 9,3% vi è stato un incremento e per il 15% il fatturato è rimasto stabile. In sostanza c’è chi è riuscito, nonostante tutto, ad incrementare il fatturato, seppure in modo modesto, ma nel complesso la larga maggioranza dei rispondenti segnala perdite evidenti.
Per metà dei professionisti intervistati tra due mesi, in mancanza di provvedimenti efficaci, le risorse liquide per poter gestire lo studio saranno terminate. Per più di un quarto, questo tempo si riduce ad un mese. Il calo drastico dell’attività lavorativa sposta verosimilmente molto in avanti gli incassi derivanti da lavori che auspicabilmente potrebbero riprendere, seppure gradualmente, nei prossimi mesi. La provvista di risorse liquide, specie per gli studi più piccoli, è un problema reale che in questo momento può essere solo risolto con strumenti straordinari e soprattutto di facile e rapido accesso.
Dall’analisi, inoltre, emerge come quasi il 77% degli ingegneri si sia concentrato in questi mesi su lavori acquisiti prima della crisi: in sostanza ha cercato di gestire il gestibile. Il 13% ha proposto lavori a committenti privati ed il 10% ha cercato di lavorare su gare pubbliche, con tutti i limiti che questo comporta. Oltre la metà degli intervistati, insomma, ha cercato di recuperare crediti pregressi, soprattutto presso le Amministrazioni pubbliche per tentare di generare liquidità. Una strategia che può andare bene solo per affrontare il brevissimo periodo e che mette ulteriormente in rilevo il valore strategico che, in questo momento, assume la disponibilità di mezzi liquidi.
Ci aspettavamo una china discendente per molti studi professionali – afferma Armando Zambrano, Presidente CNI – anche se non così estesa. Di una cosa siamo certi però: i nostri studi professionali hanno una forza intrinseca che consentirebbe di risalire la china e cercare di imboccare la strada della ripresa seppure gradualmente. Quasi la metà degli intervistati è convinto che se il lockdown allentasse molti studi potrebbero riprendere ad un ritmo accettabile. Per rendere reale questo scenario servono misure che il CNI ha richiesto più volte al Governo e che qui ribadiamo: rimodulazione straordinaria delle aliquote fiscali; un maggiore livello di detrazioni delle spese legate all’attività professionale; accesso a misure di indennizzo una tantum per i professionisti ordinistici; semplificazione assoluta delle misura di accesso al credito agevolato; innalzamento del massimale di prestito che può essere richiesto dai liberi professionisti attraverso il Fondo di Garanzia PM; misure di incentivo a fondo perduto per i liberi professionisti al pari di quelli che verranno a breve concessi alla PMI; termine perentorio di pagamento dei debiti della PA nei confronti dei professionisti per lavori conclusi; eliminazione della ritenuta d’acconto per chi è soggetto a fatturazione elettronica; flusso di investimenti in opere pubbliche non sia interrotto; incentivi per le ristrutturazioni edilizie e la messa in sicurezza degli edifici facilmente e prontamente accessibili, semplificazione delle norme in materia di appalti pubblici.
Il monitoraggio del Centro Studi sullo stato di salute del settore dell’Ingegneria – afferma Giuseppe Margiotta, Presidente del Centro Studi CNI - ci fornisce informazioni essenziali. La contrazione del fatturato è di misura notevole, ma sappiamo anche che molti studi hanno comunque lavorato in questi mesi, preparandosi alla ripartenza. Questo spirito positivo deve essere accompagnato da politiche ritagliate sull’operatività dei professionisti. Come professionisti riteniamo che non ci sia più alibi per non cambiare nulla, soprattutto riteniamo che non sia più il tempo degli annunci: è il momento di dimostrare chi sa fare che cosa. Un altro aspetto è che serve liquidità ora, non tra qualche settimana e tra qualche mese. Le misure messe in campo da attori diversi in questo ambito sono fortemente e, vorrei dire, gravemente carenti; esse hanno creato aspettative ampiamente deluse. Volendo si può recuperare con uno sforzo minimo.
Il rapporto del Centro Studi dimostra anche che molti tra quelli che non hanno avuto la possibilità di accedere all’indennità di 600 euro garantita a professionisti e partite Iva, vedono l’indebitamento come l’appiglio ultimo per affrontare spese necessarie nell’attesa che il flusso di lavoro possa riavviarsi alla normalità. Quasi la metà dei rispondenti all’indagine, iscritti ad Inarcassa, potrebbe voler accedere al prestito a tasso zero, stante il fatto che il 5% ha già presentato domanda. Egualmente, il 5% dei rispondenti ha indicato di avere fatto richiesta di prestito con garanzia del Gondo di Garanzia PMI, mentre quasi il 40% potrebbe presentare domanda.
Nonostante la grave crisi in atto, molti professionisti ritengono che l’allentamento progressivo delle misure di emergenza, a maggio, possano da subito innescare una inversione della tendenza registrata soprattutto a marzo e ad aprile. Per quasi la metà degli intervistati (49,2%) da qui all’estate inoltrata il quadro potrebbe migliorare; si fa affidamento sulla possibilità di nuovi lavori e incarichi. Questo cauto ottimismo, però, appare molto fragile e rischia di essere dispersa a causa di un quadro di interventi e politiche che finora hanno assegnato ai liberi professionisti un ruolo sostanzialmente marginale.
Hanno risposto alla rilevazione oltre 8.500 iscritti. Quasi il 74% dei rispondenti opera in uno studio individuale, cui si aggiunge il 6% di studi condivisi ed il 5,5% di studi associati. Prevale dunque la piccola dimensione, tanto che poco meno del 9% dei rispondenti dispone di personale dipendente. Una parte residuale del campione è costituita da società. Il campione risulta rappresentativo anche in termini di distribuzione geografica degli iscritti all’Albo.
Per ulteriori informazioni si rimanda alla lettura del rapporto completo allegato.