La vicenda in questione riguarda un imprenditore edile dichiarato dal Tribunale di Milano colpevole del reato di cui al D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 256, comma 1, lett. a), e condannato alla pena di 400 euro di ammenda, per aver esercitato attività di raccolta e trasporto di macerie derivanti da demolizioni edili senza essere iscritto all'Albo Nazionale dei Gestori Ambientali.
Nel 2009 l'imprenditore era stato controllato dalla Polizia stradale mentre trasportava, a bordo del proprio autocarro, rifiuti provenienti da demolizione di costruzioni edili, come da formulario esibito agli operanti. L'imputato si era difeso affermando di non essere a conoscenza della necessità dell'iscrizione all'Albo perché non informato in tal senso dal proprio commercialista.
Nel suo ricorso in Cassazione, l'imputato ha, tra l'altro, eccepito l'erronea applicazione degli artt. 5 e 47 c.p., e comunque la mancanza e/o la manifesta illogicità della motivazione in punto di consapevolezza della illiceità della propria condotta, e ha dedotto che, prima dell'entrata in vigore della legge sui reati ambientali aveva effettuato un solo viaggio, nel 2003. Ciò a dimostrazione dell'assenza di quella professionalità ritenuta dalla Suprema Corte elemento fondante l'affermazione di responsabilità per colpa e a riprova della sussistenza dell'errore su norma extrapenale che fa venir meno la colpa stessa e sul quale il giudice di merito non si è adeguatamente soffermato.
L'OCCASIONALITÀ DEL TRASPORTO NON ESCLUDE L'OBBLIGO DELLA COMUNICAZIONE. Con la sentenza n. 12946 depositata il 26 marzo 2015, la terza sezione della Cassazione penale osserva che “l'occasionalità del trasporto non è requisito previsto dalla norma per escludere l'obbligo della comunicazione. Il trasporto occasionale e saltuario dei rifiuti non pericolosi effettuato dal loro produttore, quando non ecceda la quantità di 30 chilogrammi o di 30 litri per volta, esime soltanto dalla necessità del formulario di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 193”.
Inoltre, “non può essere invocata l'ignoranza della legge penale ex art. 5 c.p., - alla luce dell'orientamento della giurisprudenza costituzionale - da parte di chi, professionalmente inserito in un campo di attività collegato alla materia disciplinata dalla legge integratrice del precetto penale, non si uniformi alle regole di settore, per lui facilmente conoscibili a ragione dell'attività professionale svolta (Sez. 3, n. 22813 del 15/04/2004, Ferri, Rv. 229228)”.
La norma violata, osserva la suprema Corte, si applica proprio agli imprenditori che, come nel caso in esame, in virtù dell'attività svolta producano rifiuti e li trasportino, indipendentemente dal fatto che il trasporto possa essere occasionale perché non sempre necessaria conseguenza della propria attività.
Del tutto irrilevante, poi, la tesi difensiva secondo la quale l'imputato non era stato informato dal commercialista dell'obbligo di iscriversi all'Albo.