Nel 2016, il gettito dei tributi gravanti sul comparto immobiliare stimato da Confedilizia è di 50,8 miliardi di euro, così suddivisi: 9,2 di tributi reddituali (Irpef, Ires, cedolare secca); 22 di tributi patrimoniali (Imu, Tasi); 9 di tributi indiretti sui trasferimenti (Iva, imposta di registro, imposta di bollo, imposte ipotecarie e catastali, imposta sulle successioni e donazioni); 1 di tributi indiretti sulle locazioni (imposta di registro, imposta di bollo); 9,6 di altri tributi (Tari, tributo provinciale per l’ambiente, contributi ai Consorzi di bonifica).
Spicca, tra queste cifre, la tassazione patrimoniale che – con Imu e Tasi, nonostante l’eliminazione dell’imposizione sulla “prima casa” – rappresenta un carico di quasi il 150 per cento più alto di quello che era dato dall’Ici, in vigore fino al 2011.
In questo quadro, Confedilizia – pur ribadendo che ciò che occorrerebbe, per ragioni di equità e per esigenze di sviluppo, è una riduzione della pressione fiscale sugli immobili dell’ordine di diversi miliardi di euro – indica alcuni interventi specifici mirati ad attenuare le conseguenze più gravi prodotte da questo eccesso di imposizione. Interventi che – qualora messi in atto – avrebbero un onere per l’Erario di circa 700 milioni di euro, corrispondenti a poco più dell’1 per cento del gettito totale dei tributi gravanti sul settore immobiliare.
Le misure proposte, illustrate separatamente, sono le seguenti: 1. Introduzione di una cedolare secca per le locazioni commerciali, con avvio sperimentale per nuove attività aperte in locali sfitti o per i “negozi di vicinato”; 2. Equiparazione del trattamento fiscale dei canoni di locazione abitativi e non abitativi non percepiti; 3. Previsione di un limite del 4 per mille alla somma delle aliquote Imu-Tasi per i contratti di locazione a canone calmierato (“concordati” e per studenti universitari); 4. Proroga per un quadriennio della cedolare secca al 10 per cento per i contratti di locazione a canone calmierato; 5. Ripristino della deduzione Irpef del 15 per cento per i redditi da locazione; 6. Soppressione dell’Irpef sugli immobili non locati.
Il settore immobiliare – ha dichiarato il presidente di Confedilizia, Giorgio Spaziani Testa – è gravato da un macigno fiscale, soprattutto di tipo patrimoniale, che colpisce tutte le tipologie di immobili: quelli locati (abitazioni, negozi, uffici, tanto che gli inquilini paghino quanto che siano morosi), quelli che non si riescono neppure ad affittare, le case di villeggiatura, quelle ereditate e lasciate deperire per mancanza di risorse. È un macigno che continua a determinare conseguenze disastrose per l’economia: impoverendo le famiglie, comprimendo i consumi, deprimendo il Pil, condizionando l’occupazione, strozzando il commercio, impedendo l’accesso all’abitazione da parte dei soggetti più deboli. La proprietà diffusa – ha proseguito Spaziani Testa – svolge in Italia una funzione economica e sociale che non ha eguali: con l’attività di locazione di abitazioni e locali commerciali, così come con la cura quotidiana di un patrimonio che è interesse di tutti mantenere vivo, sicuro, decoroso. Si tratta di famiglie che investono nel nostro Paese e che sono ricambiate con una tassazione punitiva. Al Parlamento e al Governo – sino a fine anno impegnati nel varo della manovra per il 2017 – chiediamo di impiegare, nell’ambito di una manovra da 27 miliardi, 700 milioni in un settore, quello immobiliare, vitale per la crescita e per lo sviluppo.
LE PROPOSTE IN DETTAGLIO
Detassazione immobili commerciali locati. Il commercio e l’artigianato diffusi – che sono due preziose risorse del nostro Paese – sono stati sinora garantiti dalla proprietà diffusa, vale a dire da tanti piccoli risparmiatori che hanno investito nei locali commerciali i frutti del loro lavoro. Da alcuni anni, la redditività di questi beni è del tutto inesistente e nelle strade delle nostre città aumentano ogni giorno i locali vuoti.
La somma di ben 7 imposte porta ad erodere fino all’80 per cento del canone di locazione; se si aggiungono le spese, si può arrivare al 100 per cento.
È essenziale intervenire con misure di detassazione, pena l’aggravarsi della crisi del commercio e il crescere del degrado.
Dovrebbero essere prese in considerazione riduzioni sia della tassazione patrimoniale, ad esempio fissando uno specifico limite di legge alle aliquote Imu e Tasi (es.: 4 per mille), sia di quella erariale, con l’introduzione di una cedolare secca.
In via sperimentale, potrebbe essere introdotto un regime fiscale più favorevole – attraverso una cedolare secca – in caso di apertura di nuove attività economiche, eventualmente da parte di giovani ovvero per locali di minori dimensioni (esempio: esercizi di vicinato di cui all’art. 4 d.lgs. n. 114/1998, con superficie di vendita fino a 150/250 mq).
Misure per gli affitti a canone calmierato. Nel 2017 scadrà il periodo di applicazione dell’aliquota del 10% della cedolare secca sugli affitti, applicabile per i contratti di locazione agevolati (cosiddetti “concordati” o “3+2”) e per studenti universitari nei Comuni ad alta tensione abitativa nonché in quelli recentemente colpiti da calamità. Considerata l’importanza – anche sociale – di questa misura, è essenziale stabilizzarla ed estenderne l’applicabilità a tutta Italia. Sul piano della tassazione patrimoniale, è invece fondamentale prevedere un’aliquota massima (es.: 4 per mille) per le abitazioni locate attraverso questi contratti.
Schematicamente, si ritengono necessarie le seguenti misure per i contratti di locazione “concordati” (3+2) e per studenti universitari, caratterizzati da canoni più bassi rispetto a quelli di mercato:
1) stabilizzazione o rinnovo per un quadriennio (con possibile estensione a tutta Italia) della speciale aliquota del 10 per cento della cedolare secca, attualmente prevista solo fino al 2017 – Oneri: nessuno nel 2017; 33 milioni di euro, a partire dal 2018
2) introduzione di un limite alla tassazione patrimoniale Imu-Tasi, quadruplicatasi dal 2012 rispetto all’Ici, sugli immobili locati attraverso questi contratti – Oneri in caso di limite al 4 per mille: 40 milioni di euro
Deduzione redditi da locazione. Fino a qualche anno fa la deduzione Irpef per i redditi da locazione (a titolo di imposte e tasse, manutenzione ordinaria e straordinaria ecc.) era fissata al 25 per cento. Successivamente è stata ridotta al 15 per cento. Infine, la cosiddetta “legge Fornero” (n. 92 del 2012) l’ha portata al 5 per cento. Ciò che, di fatto, ha condotto alla conseguenza che i proprietari-locatori si vedono tassate anche le spese, in violazione di un principio fondamentale del diritto tributario, oltre che del buon senso.
Si rende necessario, al minimo, ripristinare la misura del 15 per cento, essa stessa insufficiente a coprire gli oneri – stimati in circa il 30 per cento – a carico dei contribuenti interessati. – Oneri: 365 milioni di euro.
Irpef immobili non locati. E’ necessario eliminare la previsione normativa, di particolare iniquità, introdotta dalla legge di stabilità per l’anno 2014 (art. 1, commi 717 e 718, legge n. 147/’13), che prevede che il reddito degli immobili ad uso abitativo non locati situati nello stesso Comune nel quale si trova l’immobile adibito ad abitazione principale, assoggettati all’Imu e alla Tasi, concorra alla formazione della base imponibile Irpef e delle relative addizionali in misura del 50%. – Oneri: 297 milioni di euro.
Gli immobili in questione, infatti, sono generalmente quelli che i locatori (nella stragrande maggioranza dei casi piccoli proprietari) intendono concedere in locazione, senza peraltro trovare – soprattutto in questo periodo – inquilini disponibili. E su tali immobili improduttivi di reddito i locatori sono costretti, oltre a pagare l’Imu e la Tasi (solitamente con le aliquote massime), a sostenere tutti gli altri oneri propri di un bene come questo: contributi condominiali, spese di manutenzione ecc.
La norma sulla tassazione Irpef degli immobili non locati è peraltro in palese contraddizione con l’esenzione dell’Imu per gli immobili invenduti e non locati delle imprese disposta con il decreto-legge n. 102/’13, come convertito in legge. Infatti, mentre per questi ultimi è stata eliminata un’imposta sul presupposto di non tassare quello che è solo un costo per l’impresa, per gli immobili delle persone fisiche che si trovano in una situazione analoga rispetto a quelli delle imprese, non solo si è mantenuta la tassazione Imu, ma si sono aggiunte altre 4 imposte: la Tasi, l’Irpef, l’addizionale regionale Irpef e l’addizionale comunale Irpef. Alle quali deve aggiungersi la Tari.
Tassazione canoni non riscossi. Si rende necessario – al minimo – uniformare la disciplina relativa alle locazioni non abitative a quella riguardante le locazioni abitative in materia di imposizione sui canoni non percepiti. Solo per queste ultime, infatti, il principio generale della tassazione dei redditi fondiari indipendentemente dalla loro percezione (art. 26 Tuir), è stato parzialmente derogato dalla norma (art. 8, legge n. 431/‘98) che dispone che i redditi derivanti da contratti di locazione di immobili ad uso abitativo, se non percepiti, non concorrono a formare il reddito dal momento della conclusione del procedimento giurisdizionale di convalida di sfratto per morosità del conduttore; e che, per le imposte versate sui canoni venuti a scadenza e non percepiti come da accertamento avvenuto nell'ambito del procedimento giurisdizionale di convalida di sfratto per morosità, sia riconosciuto un credito di imposta di pari ammontare.
Agevolazioni permute immobiliari. Al fine di stimolare il mercato immobiliare e il comparto edilizio in genere, un intervento che potrebbe rivelarsi efficace è quello di agevolare le permute immobiliari, riducendo o azzerando la tassazione per queste operazioni almeno al ricorrere di determinati presupposti.
In qualsiasi forma tali agevolazioni fiscali venissero introdotte, si tratterebbe di una misura che verosimilmente non comporterebbe perdite di gettito – visto l’esiguo numero di tali operazioni che si registra attualmente e considerate le imposte che si ricaverebbero dalle nuove transazioni – e che determinerebbe notevoli vantaggi. Essa, infatti, consentirebbe di sbloccare un considerevole numero di immobili che giacciono invenduti; permetterebbe una riqualificazione del patrimonio edilizio esistente, posto che – in cambio della possibilità di collocare sul mercato in modo agevolato i molti immobili invenduti – le imprese sarebbero incentivate a ristrutturare gli immobili più datati che riceverebbero dai privati; impedirebbe ulteriore spreco di territorio per nuove costruzioni; alimenterebbe un’attività edilizia che da molti anni è in grave difficoltà, ripristinando parte dei posti di lavoro perduti e producendo anche gettito per l’Erario; darebbe alle persone fisiche la possibilità di accedere ad abitazioni di maggior pregio sopportando una tassazione inferiore a quella ordinaria.
Estensione dell’esenzione Imu per gli immobili invenduti. E’ necessario estendere il campo di applicazione dell’esenzione Imu prevista per gli immobili delle imprese di costruzione che le imprese stesse non riescano né a vendere né a locare. L’esenzione – per ragioni di uniformità e, di conseguenza, di equità – dovrebbe essere prevista anche nei confronti delle società che effettuano attività di compravendita e locazione di immobili, per le quali pure si pone il problema del costo rappresentato dal pagamento di un’imposta su beni che i soggetti in questione non riescono né a vendere né a locare.
Blocco aumenti tributi locali. Sarebbe opportuno confermare – anche per il 2017 – il divieto per le Regioni e gli Enti locali di aumentare le aliquote dei tributi e delle addizionali di loro competenza (art. 1, comma 26, legge n. 208/2015), estendendolo anche alla Tari. Ciò al fine di evitare aggravi della pressione fiscale su tutti gli immobili diversi dall’abitazione principale (abitazioni locate, negozi, uffici ecc.).