La battaglia tra Irpef e Irap per il taglio delle tasse per contendersi il fondo da 8 miliardi potrebbe finire in parità. Dopo la riunione di ieri al Mef si prospetta infatti sia il taglio di un’aliquota Irpef (diverrebbero così 23%, 25%, 34% e 43), ma anche un aumento della deduzione Irap, dagli 8 mila euro attuali a circa 20 mila, che di fatto esenterebbe fino a 1 milione di Pmi e partite Iva. Fonti politiche parlano di conclusione dei lavori entro la fine della settimana. Per quanto riguarda l’Irpef si segnala anche l’intenzione di agire sulle detrazioni per consentire anche un riequilibrio della tassazione.
Ovviamente si tratta di una prima ipotesi, sulla base delle simulazioni presentate ieri dai tecnici del ministero ai rappresentanti della cabina di regia, ma già oggi è prevista la continuazione dei lavori che dovrebbe portare alla scrittura dell’emendamento alla legge di bilancio.
I benefici di questa manovra di alleggerimento dovrebbero cominciare a vedersi a partire dall’anno fiscale 2022.
L’ipotesi dei tre scaglioni Irpef
L’obiettivo a medio termine dichiarato del governo è quello di arrivare a sole 3 aliquote Irpef: 23% fino a 25 mila, 33% fino a 55 mila e al 43% oltre quel livello di reddito lordo annuo. Operazione che non può essere fatta subito perché comporterebbe un costo stimato in 10 miliardi di euro, superiore alla dotazione attuale del fondo.
Il risultato ottenuto dalle simulazioni dei tecnici sarebbe positivo per tutte le fasce di contribuenti, anche se l’impatto maggiore lo avrebbero i redditi medio-bassi. Ma a ben guardare un risultato interessante lo avrebbero anche le fasce più alte, dal momento che con il nuovo sistema otterrebbero un guadagno aggiuntivo intorno all’1%.
Infine anche sul fronte Irap potrebbe esserci una seconda fase, dopo l’uscita dal raggio d’azione dei contribuenti più piccoli. Il meccanismo individuato (aumentare la deduzione fino a 180 mila euro) ha come vantaggio rispetto all’altra ipotesi della soglia di fatturato di evitare il tanto temuto effetto distorsivo, ovvero di disincentivare la crescita delle imprese con ricavi fino a 65 mila euro (flat tax) e che vogliono evitare il ritorno all’imposta progressiva.
Franco Metta