La concentrazione di anidride carbonica inalata indossando una mascherina è sui livelli di quella rilevata in molti ambienti di vita quotidiani chiusi, e risulta essere molto inferiore rispetto a quella espirata. Questo, in sintesi, l'esito più importante dello studio condotto dagli esperti dell’Agenzia per l’ambiente e la tutela del clima della Provincia autonoma di Bolzano.
Il risultato è particolarmente interessante considerando che l’emergenza sanitaria causata dalla diffusione del Coronavirus ha imposto l’utilizzo di dispositivi di copertura naso-bocca. Gli esiti dello studio sono stati presentati il 23 ottobre dall’assessore provinciale all’ambiente e all’energia, Giuliano Vettorato, e dai vertici tecnici dell’Agenzia provinciale per l’ambiente e la tutela del clima, responsabili per il monitoraggio della qualità dell’aria. Quando si indossa una mascherina una parte dell’aria espirata viene trattenuta all’interno del dispositivo indossato e quindi re-inalata. "L’Agenzia per l’ambiente, a fronte della grande esperienza nell’analisi della qualità dell’aria indoor maturata, in modo particolare, nell’analisi di quella presente all’interno delle aule scolastiche, ha eseguito misurazioni della qualità dell’aria respirata con naso e bocca coperti, prendendo in esame i vari dispositivi maggiormente in uso. L’obiettivo dello studio era soprattutto quello di accrescere la consapevolezza della popolazione con informazioni il più possibile supportate da dati rilevati attraverso un approccio scientifico", ha spiegato Vettorato, il quale ha fatto presente come lo studio sia uno fra i primi del genere realizzati in Italia. "Un motivo d'orgoglio", ha aggiunto l'assessore, che ha quindi ribadito l'invito a tutti i cittadini a seguire le tre misure da seguire tutti i giorni: indossare la mascherina, lavarsi spesso le mani e mantenere le distanze di sicurezza. "È doveroso il rispetto di noi stessi e verso gli altri", ha affermato Vettorato.
I risultati dello studio
Lo studio è stato realizzato dal Laboratorio analisi aria e radioprotezione dell’Agenzia provinciale per l’ambiente e la tutela del clima. Nell’ambito delle analisi è stata quantificata la percentuale di CO2 re-inalata rispetto a quella espirata. A tal fine sono state prese in esame diverse tipologie di dispositivi di copertura naso-bocca: mascherina artigianale, mascherina chirurgica, FFP2 o KN95, visiera e fasce di stoffa. "L’aria che espiriamo - afferma Luca Verdi, direttore del Laboratorio Analisi e radioprotezione - contiene un’elevata concentrazione di anidride carbonica, circa 40.000 ppm, ovvero il 4%. Dallo studio è emerso che indossando un dispositivo di copertura naso-bocca si ha comunque un notevole ricambio d’aria che porta ad una consistente riduzione della concentrazione di CO2. Più precisamente la percentuale di anidride carbonica espirata che viene re-inalata varia da un minimo del 3% con la visiera, a un massimo del 14% con la mascherina artigianale".
Importante arieggiare i locali
Alla luce di questi dati, l’Agenzia provinciale per l’ambiente e la tutela del clima ribadisce che i locali in cui soggiornano più persone vanno ventilati frequentemente, come del resto già raccomandato da tutti gli esperti del settore. Infatti, "in ambienti chiusi, poco ventilati, dove soggiornano abitualmente più persone, come ad esempio nelle aule scolastiche - ha spiegato Verdi - la concentrazione di anidride carbonica aumenta in generale molto velocemente. Dovendo aggiungere all’anidride carbonica re-inalata indossando la mascherina anche quella proveniente dal locale chiuso in cui si soggiorna è chiaro che risulta fondamentale che il locale stesso abbia caratteristiche di ventilazione ottimali. In conclusione possiamo affermare che la concentrazione di CO2 inalata indossando una copertura naso-bocca è sui livelli di quella rilevata in ambienti chiusi e risulta essere molto inferiore rispetto a quella espirata”.
Dispositivi di copertura e disagio avvertito
Oltre a caratterizzare la qualità dell’aria inspirata, lo studio ha voluto valutare una possibile fonte di disagio avvertito con l’uso prolungato di tali dispositivi di copertura. "Grazie ad una termocamera abbiamo misurato la temperatura superficiale del viso, con e senza mascherina", ha speigato Clara Peretti, consulente per il Laboratorio Analisi aria e radioprotezione nell’ambito del progetto europeo QAES. "Dalla prova - ha aggiunto - è emerso che nella zona del viso coperta dal dispositivo di copertura la temperatura superficiale aumenta in media di due gradi. Innalzamento di temperatura e conseguente sudorazione possono creare una sensazione di fastidio.”
Il metodo di campionamento utilizzato
Durante lo studio, realizzato nel periodo giugno - agosto 2020 nei laboratori dell’Agenzia provinciale per l’ambiente e la tutela del clima, sono state effettuate 350 prove con e senza dispositivi di copertura indossati. Inoltre, le prove sono avvenute in posizione da seduti o in piedi in leggero movimento, ma non in movimento estremo, come quando si fa sport. "Per eseguire le prove - ha sottolineato il tecnico referente per le prove, Gianmaria Fulici - è stato elaborato e adottato uno specifico protocollo di misura che ha permesso di analizzare solo l’aria inspirata, separandola nettamente da quella espirata. Ad ogni atto respiratorio e durante tutta la fase di inspirazione è stata prelevata una piccola quantità di aria utilizzando una sonda posta fra naso e bocca; l’aria prelevata è stata raccolta in un contenitore di Tedlar e quindi analizzata per determinare la concentrazione di anidride carbonica". Lo studio su mascherine e qualità dell'aria è consultabile online sul portale web della Provincia dedicato all'ambiente, così come la campagne di misura. Per ulteriori informazioni, tra cui un dettagliato vademecum su come cambiare correttamente l’aria in classe, si può consultare il progetto Aria viziata a scuola.
IN ALLEGATO LA PRESENTAZIONE