Sopprimere la norma che proroga anche per il 2023 il divieto di aggiornamento dei canoni per le locazioni passive degli enti pubblici. Questa la richiesta formulata dalla Confedilizia al Parlamento in occasione di un’audizione presso le Commissioni riunite Affari costituzionali e Bilancio del Senato in merito alla legge di conversione del cosiddetto decreto “Milleproroghe”.
Per la Confederazione della proprietà edilizia – rappresentata dal vicepresidente Paolo Scalettaris – il sacrificio della posizione del locatore in conseguenza del divieto dell’aggiornamento del canone viene ad avere oggi, a seguito del suo mantenimento per ben dodici anni, un peso davvero considerevole: sulla base dei dati pubblicati dall’Istat, la percentuale di aumento degli indici del costo della vita per le famiglie di operai ed impiegati nel periodo di interesse è risultata infatti del 20,9 per cento. Ciò che, all’evidenza, rende squilibrato il rapporto tra le prestazioni delle parti e allontana il contenuto economico del contratto da quello che gli interessati avevano originariamente pattuito.
Sul piano della ragionevolezza – ha osservato poi la Confedilizia – appare davvero incongruente il richiamo alla affermata “considerazione dell’eccezionalità della situazione economica”, elemento che nelle premesse della norma viene appunto indicato per giustificare una misura che viene però mantenuta da oltre un decennio. Il tutto, senza considerare che il divieto di aggiornamento del canone protratto per molti anni ha dato luogo – e nel futuro certamente potrà dare luogo in misura ancora più rilevante – ad effetti pregiudizievoli anche per gli stessi conduttori interessati dalla disposizione. L’ovvia conseguenza è, infatti, di indurre i locatori a disdettare i contratti alla scadenza.