Pochi giorni
fa abbiamo scritto di come le terre rare sono materiali critici perché
indispensabili nella transizione ecologica. Tra questi materiali figurano
nickel e cobalto utilizzati per produrre le batterie delle auto elettriche.
Un recente
studio realizzato da un gruppo di ricerca internazionale di cui fanno parte
Marco Lagnoni e Antonio Bertei, rispettivamente ricercatore e professore
associato in Ingegneria Chimica al Dipartimento di Ingegneria Civile e Industriale
all’Università di Pisa, si è concentrato
sulle batterie litio-aria, il cui
impiego su larga scala potrebbe ridurre la propria dipendenza da nickel e
cobalto.
"Le
batterie litio-aria garantiscono un'alta densità di energia e in futuro
potrebbero essere utilizzate nei veicoli elettrici rendendoli ancor più
sostenibili dal punto di vista ambientale - spiegano Marco Lagnoni e Antonio
Bertei. Oggi, però, non hanno ancora raggiunto prestazioni adeguate ad un loro
utilizzo pratico, in particolare per quanto riguarda la fase di carica. Un
ostacolo, questo, che adesso, grazie ai risultati ottenuti assieme ai colleghi
delle Università di Oxford e Nottingham, potrà essere presto superato".
Modelli numerici che simulano il processo di ricarica
Il gruppo di
ricerca ha scoperto perché gli attuali catalizzatori, chiamati mediatori redox
e utilizzati per la ricarica delle batterie litio-aria, non riescono a
garantire una velocità di carica elevata. In particolare, spiegano gli
studiosi, la velocità massima di carica dipende dal potenziale elettrico del mediatore
redox, ciò ne limita le prestazioni. D'altro canto, si è dimostrato che una
forma di ossigeno molto reattiva, che si sviluppa durante la carica, non è
responsabile del deterioramento dei materiali come si riteneva in precedenza.
Marco
Lagnoni e Antonio Bertei hanno sviluppato dei modelli numerici avanzati e unici
nel loro genere, che hanno permesso di prevedere le prestazioni energetiche
degli elettrodi simulando il processo di carica con mediatori redox. Ciò ha
evidenziato che esistono altri fenomeni, oltre alla cinetica di reazione, che
possono rallentare ulteriormente la carica, i quali devono essere anch’essi
affrontati per superare le attuali limitazioni ed ottimizzare la tecnologia.
“Ci abbiamo
messo quasi tre anni per finalizzare il lavoro, per non parlare di tutte le
attività di ricerca pregresse che ci hanno permesso di essere pronti per
studiare questo tipo di batterie. La buona ricerca di base richiede risorse, ma
soprattutto tempo, impegno e ottime basi teoriche - commenta il professor Antonio
Bertei. Questo risultato dimostra come l’approccio dell’ingegneria chimica sia
multidisciplinare, attuale e capace di contribuire alla soluzione delle sfide
odierne, come quelle dell’accumulo di energia elettrica.”
Una sfida per la sostenibilità
“Il
progresso della ricerca scientifica oggi si basa su una combinazione di sforzi
sperimentali e strumenti di modellazione avanzati - spiega il dott. Marco
Lagnoni - Nell'ambito delle scoperte scientifiche, la modellazione è, infatti,
uno strumento indispensabile per accelerare il progresso e supportare
l'interpretazione dei dati sperimentali. Lo sviluppo di modelli di alta qualità
richiede, però, una rigorosa e qualificata base sperimentale oltre che teorica.
Per questo,
la coesione tra i gruppi di ricerca e il trasferimento di conoscenze sono
elementi essenziali. Lavorando insieme, condividendo i rispettivi saperi, uniti
da un forte spirito di determinazione, i ricercatori possono raggiungere
risultati significativi e superare le sfide scientifiche più complesse".
Adesso, i
risultati ottenuti da questo studio, pubblicato su Nature Chemistry con il
titolo “Why charging Li–air batteries with current low-voltage mediators is
slow and singlet oxygen does not explain degradation”, permetteranno di
indirizzare la ricerca verso la creazione di nuove classi di mediatori redox e
l'impiego di materiali diversi da quelli utilizzati finora.
Una sfida difficile, certo, ma anche un'opportunità per esplorare nuove direzioni di ricerca verso una mobilità elettrica sempre più sostenibile.