Con decisione del 23 giugno 2010, la Commissione europea ha inflitto ammende per un importo totale pari a più di 622 milioni di euro a 17 produttori di ceramiche sanitarie e rubinetterie a causa della loro partecipazione ad un’infrazione unica e continuata nello specifico settore. Secondo la Commissione, tali imprese hanno partecipato regolarmente a riunioni anticoncorrenziali nel corso di diversi periodi compresi tra il 16 ottobre 1992 e il 9 novembre 2004 nei seguenti territori: Belgio, Germania, Francia, Italia, Paesi Bassi e Austria. La Commissione ha concluso che il coordinamento degli aumenti annuali di prezzo e di altri elementi attinenti alla fissazione dei prezzi nonché la divulgazione e lo scambio di informazioni commerciali riservate, cui avevano proceduto tali imprese, configuravano un’intesa. A parere della Commissione, i prodotti interessati da detta infrazione erano gli articoli di rubinetteria, i box doccia e i relativi accessori nonché gli articoli sanitari in ceramica.
Talune società sanzionate dalla Commissione hanno proposto ricorso dinanzi al Tribunale dell’Unione europea, chiedendo l’annullamento della decisione della Commissione e/o la riduzione delle ammende inflitte.
Con sentenze del 16 settembre 20132, il Tribunale, da un lato, ha annullato parzialmente la decisione della Commissione per quanto concerne talune di dette società, riducendo, in alcuni casi, le ammende inflitte nei loro confronti e, dall’altro, ha respinto i restanti ricorsi proposti.
Alcune società nonché la Commissione hanno successivamente proposto impugnazioni dinanzi alla Corte di giustizia Ue avverso tali sentenze.
LE SENTENZE DELLA CORTE UE DEL 26 GENNAIO 2017. Con le sentenze del 26 gennaio 2017, la Corte di giustizia europea rigetta le impugnazioni delle seguenti società: Aloys F. Dornbracht, Duravit BeLux e le società tedesca e francese Duravit, Hansa Metallwerke, Hansa Nederland, Hansa Italiana, Hansa Belgium, Hansa Austria, Masco, Hansgrohe Deutschland Vertriebs, Hansgrohe Handelsgesellschaft, le società tedesca, belga, francese, italiana e olandese Hansgrohe, Hüppe Belgium, le società austriaca, belga e olandese Hüppe, Zucchetti Rubinetteria, Mamoli Rubinetteria, Villeroy & Boch Austria, Roca Sanitario, Roca, Villeroy & Boch Belgium nonché le società tedesca e francese Villeroy & Boch. Tuttavia, dichiarando che la motivazione del Tribunale è viziata da errori di diritto, la Corte procede ad una sostituzione della motivazione della sentenza impugnata in alcune di tali cause.
Per quanto concerne la Keramag Keramische Werke, già denominata Keramag Keramische Werke, la Koralle Sanitärprodukte, la Koninklijke Sphinx, la Allia, la Produits Céramiques de Touraine, la Pozzi Ginori e la Sanitec Europe, la Corte esamina l’impugnazione della Commissione e constata che, in primo luogo, il Tribunale ha violato l’obbligo di motivazione nonché le norme in materia di prova, avendo negato qualunque valore probatorio alle dichiarazioni della Roca rese nell’ambito della sua domanda di trattamento favorevole, basandosi esclusivamente sul punto 586 della decisione controversa, che riassume un altro documento, senza esaminare il punto 556 di quest’ultima, che fa riferimento a tali dichiarazioni, né il relativo contenuto. In secondo luogo, il Tribunale ha commesso un errore di diritto nel considerare che la Commissione fosse tenuta a fornire prove supplementari per il motivo che una dichiarazione resa nell’ambito di una domanda di trattamento favorevole non può corroborarne un’altra. Del pari, il Tribunale ha commesso un errore di diritto nel richiedere che la tabella relativa alla riunione dell’Association française des industries de céramique sanitaire (Associazione francese delle industrie di ceramica sanitaria) (AFICS) del 25 febbraio 2004 dimostrasse, di per sé sola, l’esistenza dell’infrazione di cui trattasi, senza prendere in considerazione le altre prove e le ulteriori spiegazioni come, in particolare, quelle contenute nella domanda di trattamento favorevole della Ideal Standard. Inoltre, il Tribunale ha errato nell’astenersi dall’esaminare se le tabelle mensili contenenti cifre riservate sulle vendite consentissero di avvalorare le dichiarazioni della Ideal Standard e della Roca. Pertanto, la Corte annulla la sentenza corrispondente del Tribunale nella misura in cui esso: 1) ha annullato parzialmente la decisione della Commissione a seguito di un esame incompleto di quest’ultima e degli elementi di prova, 2) ha concluso che un elemento di prova corroborativo non potesse avvalorare la fissazione dei prezzi in occasione della riunione dell’AFICS, 3) non ha esaminato il valore probatorio di taluni elementi di prova menzionati nella decisione della Commissione e 4) ha omesso di verificare se gli elementi di prova, esaminati complessivamente, potessero rafforzarsi reciprocamente. La Corte decide di rinviare la causa dinanzi al Tribunale per quanto concerne la parte annullata della sentenza in questione.
Riguardo alla Laufen Austria, la Corte annulla la sentenza del Tribunale nella misura in cui quest’ultimo ha rilevato che la Commissione non aveva errato nel prendere in considerazione il fatturato del gruppo Roca ai fini dell’applicazione del limite massimo del 10 % in relazione al periodo per il quale la Laufen Austria è stata ritenuta unica responsabile dell’infrazione. In proposito, la Corte osserva che, poiché una società controllante non può essere ritenuta responsabile di un’infrazione commessa dalla sua controllata prima della data di acquisizione di quest’ultima, la Commissione, ai fini del calcolo del limite massimo del 10 %, deve tener conto del fatturato proprio di tale controllata, realizzato nel corso dell’esercizio sociale precedente l’adozione della decisione che sanziona l’infrazione. Di conseguenza, il Tribunale ha commesso un errore di diritto nel rilevare che, qualora si proceda ad una distinzione tra un primo periodo, per il quale la controllata è considerata come unica responsabile dell’infrazione, e un secondo periodo, in relazione al quale la società controllante è considerata solidalmente responsabile con la sua controllata dell’infrazione, il diritto dell’Unione non impone alla Commissione di verificare se la quota dell’ammenda per il cui pagamento la società controllante non è considerata responsabile in solido rispetti il limite del 10% del fatturato della sola controllata. La Corte decide di rinviare la causa dinanzi al Tribunale affinché esso statuisca sulla domanda di riduzione dell’ammenda inflitta.