In tema di muri perimetrali di recinzione, “secondo quanto affermato da più decisioni, la realizzazione di un'opera di tale tipologia necessita del previo rilascio del permesso a costruire nel caso in cui, avuto riguardo alla sua struttura e all'estensione dell'area relativa, lo stesso sia tale da modificare l'assetto urbanistico del territorio, così rientrando nel novero degli "interventi di nuova costruzione" di cui all'art. 3, lett. e), del d.P.R. n. 380 del 2001”.
Lo ha ricordato la terza sezione penale della Corte di cassazione nella sentenza n. 29963/2019.
“E' utile aggiungere che si è anche precisato che, per la realizzazione di un muro di recinzione di un fondo agricolo che modifichi l'assetto urbanistico del territorio per struttura ed estensione, occorre il permesso di costruire, senza che la presenza all'interno del fondo di un edificio adibito ad abitazione possa far ritenere il muro pertinenza dell'edificio (così Sez. 3, n. 41518 del 22/10/2010, Bove, Rv. 248744-01)”, si legge nella sentenza.
“Con riferimento alla piscina, poi, va segnalato che la giurisprudenza, sebbene riconosca la possibile natura pertinenziale di tale opera quando la stessa abbia un volume non superiore al 20% di quello dell'edificio cui accede, richiede che tale manufatto sia preordinato ad un'oggettiva esigenza funzionale dell'edificio principale, non abbia un autonoimo valore di mercato, in modo da non consentire, rispetto a quest'ultimo e alle sue caratteristiche, una destinazione autonoma e diversa”.
“Anche relativamente – prosegue la sentenza della Cassazione penale - alla realizzazione di un pavimento in cemento nel piazzale, è utile considerare che, in giurisprudenza, è consolidato un orientamento rigoroso. Secondo una decisione, in particolare, integra il reato previsto dall'art. 44, lett. b), d.P.R. n. 380 del 2001, la pavimentazione di una vasta area con tappeto bituminoso in assenza di permesso di costruire, in quanto tale attività edilizia rientra tra gli interventi di urbanizzazione secondaria ovvero infrastrutturali considerati come di "nuova costruzione" dall'art. 3, comma 1, lettere e.2) ed e.3), d.P.R. cit. (Sez. 3, n. 42896 del 24/10/2008, Carotenuto, Rv. 241545-01). Altra pronuncia ha affermato che il regime dell'attività edilizia libera, ovvero non soggetta ad alcun titolo abilitativo, di cui all'art. 6 del d.P.R. n. 380 del 2001, non è applicabile agli interventi che, pur rientrando nelle tipologie di tale disposizione, siano in contrasto con le prescrizioni degli strumenti urbanistici, e che, quindi, è configurabile il reato di cui all'art. 44 d.P.R. cit. in ipotesi di realizzazione di piazzali da adibire a parcheggio in area classificata come zona agricola (Sez. 3, n. 19316 del 27/04/2011, Ferraro, Rv. 250018-01). Ancora, occorre evidenziare, in linea generale, che, secondo l'insegnamento consolidato della giurisprudenza di legittimità, in tema di reati edilizi, la valutazione dell'opera, ai fini della individuazione del regime abilitativo applicabile, deve riguardare il risultato dell'attività edificatoria nella sua unitarietà, senza che sia consentito considerare separatamente i singoli componenti”.
In allegato la sentenza