Al fine di ritenere configurabile il mutamento di destinazione d'uso di un immobile previa esecuzione di opere edilizie, sono irrilevanti le modifiche – recentemente apportate dall'art. 17 del decreto Sblocca Italia (d.l. n. 133 del 2014, convertito dalla legge n. 164 del 2014) - all'art. 3 del Testo unico dell'edilizia (d.P.R. n. 380 del 2001), il quale, nell'estendere la categoria degli interventi di manutenzione straordinaria al frazionamento o accorpamento di unità immobiliari con esecuzione di opere, se comportante variazione di superficie o del carico urbanistico, richiede comunque che rimangano immutate la volumetria complessiva e la originaria destinazione d'uso.
Questo principio, più volte affermato dalla giurisprudenza della Cassazione (sez. 3, 16 ottobre 2014, n. 3953, rv. 262018), è nuovamente richiamato dalla suprema Corte (terza sezione penale) nella sentenza n. 12904/2016.
In particolare, la Corte di cassazione osserva che, “per il caso della trasformazione, attraverso opere interne ed esterne, di un immobile da deposito ad uso residenziale, viene in rilievo il disposto del nuovo art. 23-ter, comma 1, del richiamato d.P.R. n. 380 del 2001, ai sensi del quale costituisce "mutamento d'uso urbanisticamente rilevante" ogni forma di utilizzo dell'immobile o della singola unità immobiliare diversa da quella originaria, ancorché non accompagnata dall'esecuzione di opere edilizie, purché tale da comportare l'assegnazione dell'immobile o dell'unità immobiliare considerati ad una diversa categoria funzionale tra quelle sotto elencate: a) residenziale; a-bis) turistico-ricettiva; b) produttiva e direzionale; c) commerciale; d) rurale”.