Dopo il nuovo stop temporaneo di 3 giorni – dal 31 agosto al 2 settembre – annunciato da Gazprom per il gasdotto Nord Stream 1, il prezzo del gas ha raggiunto ieri, lunedì 22 agosto, un nuovo record, a un passo dai 300 euro a megawattora – per l’esattezza 295 euro/MWh sulla piazza di Amsterdam, il mercato di riferimento per il gas naturale, dove poi ha chiuso a quota 276. Già venerdì scorso era stato toccato un nuovo record, con 260 euro. Cifre mai viste: il prezzo è salito dieci volte tanto quanto era quotato all’inizio del 2021.
La ragione ufficiale dello stop al gasdotto, addotta dall’azienda energetica russa, è un intervento di manutenzione straordinaria non programmata, ma la maggior parte degli osservatori è concorde nel ritenere che Mosca voglia utilizzare il gas come strumento di ricatto politico nei confronti dell’Europa – e mantenerne artificialmente alto il prezzo, in modo da guadagnare di più dalle esportazioni energetiche. Non sembra un trend passeggero: i valori futures di Ice – società proprietaria della borsa di Amsterdam – indicano che il prezzo del gas è destinato a rimanere molto alto rispetto agli anni scorsi almeno fino al 2025.
Quale sarà l’impatto immediato sulle bollette?
L’agenzia ARERA, già a fine luglio, aveva stimato un raddoppio delle bollette a partire da ottobre, ma da allora il prezzo del gas è aumentato ulteriormente, di quasi 100 euro. Anche secondo uno studio dell’Ircaf, a ottobre assisteremo a un raddoppio delle bollette. Difficile, dunque, che gli sconti varati con il decreto “Aiuti bis” siano davvero sufficienti a contenere i rincari. Specialmente in vista dell’autunno: l’anno termico si apre a inizio ottobre, pochi giorni dopo le elezioni politiche, e sicuramente per allora non si sarà ancora insediato il nuovo esecutivo – che sarà chiamato a prendere decisioni tempestive per evitare una crisi di proporzioni ancora difficilmente immaginabili.
I primi effetti sono già visibili, e riguardano soprattutto il mondo produttivo: nelle scorse settimane si sono moltiplicate le notizie di aziende già costrette a fermare in tutto o in parte la produzione, di fronte all’aumento spropositato dei costi energetici. “È un’emergenza nazionale e bisogna agire di conseguenza”, dice dalle pagine de La Stampa il presidente di Confindustria Veneto Enrico Carraro, facendo appello al premier uscente Mario Draghi perché avvii “un vero piano di razionamento dei consumi di energia, o nel giro di poche settimane avremo le fabbriche ferme.”
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