Nella riunione di ieri il Consiglio dei ministri ha impugnato la legge della Regione Calabria del 28 dicembre 2018, n. 53, recante “Interventi sulle Leggi regionali 24/2013, 37/2015, 21/2016, 11/2017, 1/2018, 3/2018, 5/2018, 12/2018, 15/2018, 28/2018 e 31/2018”.
Secondo il Governo questa legge regionale presenta profili d’illegittimità costituzionale con riferimento all’art. 2, comma 1, lettera c) riguardante gli interventi edilizi in zone sismiche, per contrasto con i principi fondamentali della legislazione statale in materia di “governo del territorio” e di “protezione civile”, in violazione dell’articolo 117, terzo comma, della Costituzione.
Di seguito riportiamo le motivazioni dell'impugnativa.
L’articolo 2, comma 1, lett. c), della legge in esame nell’apportare modifiche alla l.r. n. 37 del 2015, riguardante le procedure per gli interventi di carattere strutturale in prospettiva sismica, integra la formulazione del comma 3-ter, lettera b), dell’articolo 6 di detta legge, comma introdotto dall’articolo 7, comma 1, lettera b), della legge regionale n. 37 del 2018.
In particolare la norma regionale in esame aggiunge al menzionato comma 3-ter, lettera b), dell’articolo 6 della l.r. n. 37 del 2015 - che esclude dalle verifiche da effettuare sui progetti ai fini del rilascio dell’autorizzazione ai sensi della normativa sismica, “la progettazione degli elementi non strutturali e degli impianti, salvo le eventuali interazioni con le strutture, ove la progettazione debba tenerne conto” - le parole “in conformità a quanto previsto dalle norme tecniche per le costruzioni di cui all'articolo 52 del D.P.R. 380/2001”.
Al riguardo appare opportuno premettere che il Consiglio dei Ministri, nella riunione del 28 novembre 2018, ha deliberato l’impugnativa del menzionato art. 7, comma 1, lettera b), della l. r. n. 37 del 2018 in quanto, nell’aggiungere il comma 3-ter all’articolo 6 della l.r. n. 37 del 2015, sopra descritto, sottraeva di fatto alcuni interventi edilizi in zone sismiche dal controllo ex ante previsto dagli articoli 65, 93 e 94 del d.P.R. n. 380/2001, in violazione dell’articolo 117, terzo comma, della Costituzione, nelle materie “governo del territorio” e “protezione civile” (Ricorso n. 83 del 5 dicembre 2018, pubblicato sulla G.U. del 16/01/2019 n. 3-Corte costituzionale).
Ciò premesso, l’integrazione apportata dalla norma regionale in esame alla norma impugnata, secondo la quale le verifiche possono estendersi alla progettazione degli elementi non strutturali e degli impianti solo qualora gli stessi, secondo le norme tecniche fissate dallo Stato, interagiscano con le strutture, comportando una minima variazione del contenuto della norma impugnata, consistente in un richiamo, peraltro non pertinente, alla normativa statale, non introduce una disciplina sostanzialmente diversa da quella censurata, e non elimina pertanto i vizi di costituzionalità che inficiano detta norma, ma anzi ne ribadisce la vigenza, determinando anch’essa l’effetto di sottrarre alcuni interventi in zone sismiche dal controllo ex ante previsto dal d.P.R. n. 380 del 2001.
E’ da evidenziare infatti che le norme tecniche recentemente adottate dallo Stato in base all’art. 52 del d.P.R. 380/2001 non operano la distinzione indicata dalla norma regionale in esame, ma prevedono in generale l’assoggettamento alle verifiche anche delle progettazioni degli elementi non strutturali e degli impianti.
In particolare le Norme tecniche per le costruzioni sono attualmente disciplinate dal d.m. 17 gennaio 2018, recante “Aggiornamento delle «Norme tecniche per le costruzioni»“. Tale disciplina fornisce i criteri generali di sicurezza, precisa le azioni che devono essere utilizzate nel progetto, definisce le caratteristiche dei materiali e dei prodotti e, più in generale, tratta gli aspetti attinenti alla sicurezza strutturale delle opere (cfr. Capitolo I, punto 1.1, paragrafo 2). In particolare, i paragrafi 7.2.3 e 7.2.4 di dette NTC 2018 contengono i criteri di progettazione di elementi strutturali secondari ed elementi costruttivi non strutturali, nonché i criteri di progettazione degli impianti, precisando che “per elementi costruttivi non strutturali s’intendono quelli con rigidezza, resistenza e massa tali da influenzare in maniera significativa la risposta strutturale e quelli che, pur non influenzando la risposta strutturale, sono ugualmente significativi ai fini della sicurezza e/o dell’incolumità delle persone” e imponendo puntuali verifiche.
In base a detta disciplina, il Settore Tecnico Regionale, in sede di rilascio dell’autorizzazione sismica, non può prescindere dall’effettuare anche verifiche della progettazione degli elementi non strutturali e degli impianti indipendentemente dalla circostanza che gli stessi abbiano o meno interazioni con le strutture.
Ciò posto, la norma regionale in esame, non mutando, nel modificarla, la portata della disposizione impugnata, contrasta anch’essa con le norme statali di cui al d.P.R. n. 380 del 2001, e segnatamente con gli articoli 65, 93 e 94 del d.P.R. n. 380/2001, già richiamati in relazione all’articolo 7, comma 1, lett. b) della l.r. n. 37 del 2018, in violazione dei principi fondamentali della legislazione statale in materia di “governo del territorio” e di “protezione civile” di cui all’articolo 117, terzo comma, della Costituzione.
La norma regionale in esame infatti nel ribadire la vigenza della norma impugnata sostanzialmente ne stabilizza gli effetti, confermando in tal modo la sua illegittimità costituzionale e violando i principi costituzionali già invocati nella relazione del Ministro per gli affari regionali e le autonomie allegata alla relativa delibera di impugnativa dinanzi alla Corte Costituzionale del Consiglio dei Ministri, i cui motivi sono di seguito integralmente trascritti.
“La legge della Regione Calabria n. 37 del 2018 è censurabile in quanto le disposizioni contenute nell’articolo 7, comma 1, lettera b), sottraggono di fatto taluni interventi edilizi in zone sismiche dal controllo ex ante previsto dagli articoli 65, 93 e 94 del d.P.R. n. 380/2001. Le norme regionali, violando le citate previsioni statali, si pongono in contrasto con i principi fondamentali in materia di “governo del territorio” di cui al d.P.R. n. 380/2001 e violano pertanto l’articolo 117, terzo comma, della Costituzione. Inoltre, considerato che le norme in materia di costruzioni in zone sismiche presidiano la pubblica incolumità e attengono altresì alla materia della “protezione civile”, risulta violato anche l’articolo 117, terzo comma, della Costituzione, in tale materia.
In particolare :
L’articolo 7 della L.R. in esame sostituisce integralmente il comma 3 dell’articolo 6 della L.R. n. 37 del 2015, aggiungendovi anche i nuovi commi 3-bis, 3-ter e 3-quater (comma 1, lettera b). La norma presenta profili di illegittimità in quanto , ai sensi del richiamato comma 3-ter dell’articolo 6 della L.R. n. 37 del 2015, le verifiche che il competente Settore tecnico regionale è tenuto ad effettuare nella valutazione del progetto, al fine del rilascio dell’atto autorizzativo, o di diniego, ai sensi della normativa sismica, non devono riguardare, tra l’altro, “la progettazione degli elementi non strutturali…salvo le eventuali interazioni con le strutture” (lettera b), essendo, altresì, previsto al comma 4, anch’esso sostituito dall’articolo 7 della L.R. in esame (comma 1, lettera c), che “L'atto autorizzativo, o di diniego, è rilasciato dal competente Settore tecnico regionale all'esito delle verifiche di cui al comma 3.”.
Le descritte norme regionali, sottraendo alcuni interventi edilizi in zone sismiche dal controllo ex ante previsto dagli articoli 65, 93 e 94 del d.P.R. n. 380/2001, si pongono in contrasto con queste stesse previsioni statali. L’articolo 65 del d.P.R. n. 380 del 2001, infatti, stabilisce, al comma 1, che “Le opere di conglomerato cementizio armato, normale e precompresso ed a struttura metallica, prima del loro inizio, devono essere denunciate dal costruttore allo sportello unico, che provvede a trasmettere tale denuncia al competente ufficio tecnico regionale.” e, al comma 5 che “Anche le varianti che nel corso dei lavori si intendano introdurre alle opere di cui al comma 1, previste nel progetto originario, devono essere denunciate, prima di dare inizio alla loro esecuzione, allo sportello unico nella forma e con gli allegati previsti nel presente articolo.”.
Inoltre, l’articolo 93, del citato TUE, al comma 1, prevede che “Nelle zone sismiche di cui all’articolo 83, chiunque intenda procedere a costruzioni, riparazioni e sopraelevazioni, è tenuto a darne preavviso scritto allo sportello unico, che provvede a trasmetterne copia al competente ufficio tecnico della regione…”.
Infine, l’articolo 94, del medesimo TUE, al comma 1, prevede che “Fermo restando l’obbligo del titolo abilitativo all’intervento edilizio, nelle località sismiche, ad eccezione di quelle a bassa sismicità all’uopo indicate all’articolo 83, non si possono iniziare lavori senza preventiva autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico della regione”.
Le disposizioni regionali consentono, invece, che taluni interventi siano sottratti alla apposita normativa di garanzia approntata dal d.P.R. 380/2001, ponendosi in contrasto con i principi fondamentali in materia di “governo del territorio” di cui allo stesso d.P.R. n. 380/2001 e violando pertanto l’articolo 117, terzo comma, della Costituzione. Inoltre, considerato che le norme in materia di costruzioni in zone sismiche presidiano la pubblica incolumità e attengono altresì alla materia della “protezione civile”, appare violato anche l’articolo 117, terzo comma, della Costituzione, in tale materia. Come affermato in numerose pronunce della Corte Costituzionale, infatti, le disposizioni contenute nel Capo IV del testo unico che dispongono determinati adempimenti procedurali per le zone sismiche costituiscono principio fondamentale quando rispondono ad esigenze unitarie, da ritenere particolarmente pregnanti a fronte del rischio sismico (C. Cost. n. 60 del 2017, n. 300 e n. 101 del 2013; 201 del 2012; n. 254 del 2010; n. 248 del 2009; n. 182 del 2006).
In particolare, da ultimo, nella sentenza n. 232 del 2017, la Consulta, individuato nell’articolo 94 del d.P.R. n. 380 del 2001, una disposizione di principio, ha ribadito che “…tale principio costituisce espressione evidente «dell’intento unificatore che informa la legislazione statale, palesemente orientata […] ad esigere una vigilanza assidua sulle costruzioni riguardo al rischio sismico, attesa la rilevanza del bene protetto, che trascende anche l’ambito della disciplina del territorio, per attingere a valori di tutela dell’incolumità pubblica che fanno capo alla materia della protezione civile, in cui ugualmente compete allo Stato la determinazione dei principi fondamentali (così la citata sentenza n. 182 del 2006)» (sentenza n. 60 del 2017).”, precisando, altresì, che “…il principio fondamentale espresso dall’art. 94 del Testo unico dell’edilizia, secondo cui, nelle zone sismiche, «l’autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico della Regione condiziona l’effettivo inizio di tutti i lavori, nel senso che in mancanza di essa il soggetto interessato non può intraprendere alcuna opera, pur se in possesso del prescritto titolo abilitativo edilizio» (sentenza n. 272 del 2016). Si tratta, peraltro, di un principio che «riveste una posizione “fondante” del settore dell’ordinamento al quale pertiene, attesa la rilevanza del bene protetto», costituito dall’incolumità pubblica, che «non tollera alcuna differenziazione collegata ad ambiti territoriali» (sentenza n. 272 del 2016).”.
Inoltre, con specifico riguardo agli articoli 93 e 65 del predetto d.P.R. n. 380 del 2001, sempre la Consulta, nella citata sentenza n. 232 del 2017, ha avuto modo di osservare che “Anche in tal caso si tratta di disposizioni riconducibili alla materia della «protezione civile», di cui la necessità della previa autorizzazione scritta costituisce principio fondamentale, al quale sono strettamente e strumentalmente connessi gli obblighi di preventiva «[d]enuncia dei lavori e presentazione dei progetti di costruzioni in zone sismiche», nonché di generale preventiva denuncia dei lavori allo sportello unico, di cui agli artt. 93 e 65 del medesimo t.u. edilizia.”.
Per questi motivi la legge regionale , limitatamente alle norme sopra descritte, deve essere impugnata ai sensi dell’articolo 127 della Costituzione”.
Si segnala che la Corte Costituzionale con la sentenza n. 178 del 2013 ha giudicato incostituzionale una norma regionale, che, nel modificare alcune parole di una precedente norma impugnata, non ne ha alterato la sostanza normativa censurata. Secondo la Corte, infatti, una siffatta modifica non elimina il vizio che inficiava la norma nel testo originario e legittima il trasferimento dell’impugnazione sul successivo testo della norma (per tutte, sentenze n. 193, n. 179 e n. 159 del 2012). La differente formulazione, inoltre, secondo la Consulta, rende necessaria, nonostante il trasferimento della questione, la dichiarazione di illegittimità della norma in entrambi i testi scrutinati, anche in quello modificato rispetto alla formulazione originaria della norma.
Per i motivi sopra esposti si ritiene che l’art. 2, comma 1, lettera c), della legge in esame debba essere impugnato dinanzi alla Corte Costituzionale ai sensi dell’articolo 127 della Costituzione.