Con la recente sentenza del 5 aprile 2017 – Causa C-298/15, la Corte di giustizia europea ha affermato che, in riferimento a un appalto pubblico di lavori che non rientra nell’ambito di applicazione della direttiva 2004/17/CE (come modificata dal regolamento UE n. 1336/2013), in quanto non raggiunge la soglia di 5.186.000 euro, ma che presenta un interesse transfrontaliero certo, gli articoli 49 e 56 del Tfue devono essere interpretati nel senso che ostano a una disposizione di una normativa nazionale - come l’articolo 24, paragrafo 5, della legge lituana relativa agli appalti pubblici - che prevede che, in caso di ricorso a subappaltatori per l’esecuzione di un appalto di lavori, l’aggiudicatario è tenuto a realizzare esso stesso l’opera principale, definita come tale dall’ente aggiudicatore.
“Per quanto riguarda gli appalti pubblici”, ha evidenziato la Corte Ue, “è interesse dell’Unione che l’apertura di un bando di gara alla concorrenza sia la più ampia possibile, incluso per gli appalti che non sono disciplinati dalla direttiva 2004/17 (...). Il ricorso al subappalto, che può favorire l’accesso delle piccole e medie imprese agli appalti pubblici, contribuisce al perseguimento di tale obiettivo.”
È quindi illegittima una disposizione nazionale che impedisce agli operatori economici sia di subappaltare a terzi tutto o parte delle opere qualificate come “principali” dall’ente aggiudicatore, sia di proporre i loro servizi in quanto subappaltatori per tale parte dei lavori, perché può ostacolare, scoraggiare o rendere meno attraente la partecipazione di operatori economici con sede in altri Stati membri alla procedura di gara o all’esecuzione di un appalto pubblico.
L'ESPOSTO DELL'ANCE. Il nuovo pronunciamento della Corte di giustizia europea aumenta il dissidio tra le regole sul subappalto vigenti in Italia e quelle dell'Ue, aprendo la strada alla procedura di infrazione. Ricordiamo che l'Ance (associazione dei costruttori edili italiani) ha presentato nei mesi scorsi un esposto alla Commissione Europea, al fine di verificare la coerenza tra il nuovo Codice dei contratti pubblici e la vigente Direttiva 2014/24/UE.
LA LETTERA DELLA COMMISSIONE EUROPEA ALL'ITALIA. In risposta al ricorso, la Direzione generale Mercato interno della Commissione UE, con una nota inviata alle autorità italiane, ha evidenziato che le norme sul subappalto contenute nel nuovo codice degli appalti e nel decreto correttivo sono in contrasto con le norme e la giurisprudenza UE. Il testo definitivo del correttivo al codice degli appalti ha tuttavia confermato la soglia limite del 30 per cento sul totale dell’importo contrattuale per l’affidamento in subappalto.
DENUNCIA ANCE DI INFRAZIONE. La denuncia di infrazione alla Commissione Europea, sottoscritta da Ance, si è focalizzata sulle seguenti questioni, in materia di subappalto, con particolare riferimento all’eliminazione delle seguenti norme introdotte dal nuovo Codice:
- limite del 30 per certo dell’importo dell’appalto per il ricorso al subappalto;
- obbligo di ATI verticale per le categorie super-specialistiche;
- ribassabilità massima, per le prestazioni affidate in subappalto, del 20 per cento dei prezzi risultanti dall’aggiudicazione;
- divieto di ribasso sui costi della manodopera relativi alle prestazioni affidate in subappalto;
- obbligo del pagamento diretto del subappaltatore in caso di micro o piccola impresa, sia in caso di appalto sia di concessioni;
- obbligo di indicazione della terna dei subappaltatori, sia in caso di appalto sia di concessioni;
- eliminazione della possibilità per l’appaltatore di qualificarsi anche attraverso i lavori affidati in subappalto.
LE OSSERVAZIONI DI FINCO. Secondo Finco la nuova sentenza del 5 aprile di quest’anno della Corte Ue, oltre a riferirsi ai settori esclusi ed a gare sottosoglia ma di interesse transfrontaliero, non dice nulla di più di quanto le poche altre sentenze comunitarie abbiano già detto, e cioè che non si può obbligare l’appaltatore a svolgere una parte dell’appalto con una norma di carattere generale.
Pubblichiamo in proposito le osservazioni di Finco a suo tempo stilate in risposta alla lettera della Commissione Europea sulla questione del subappalto posta da Ance.
“Il parere informale della Commissione essendo stato reso in un lasso temporale particolarmente celere (si suppone per arrivare in tempo utile ad incidere sul Decreto Correttivo al Codice dei Contratti Pubblici che deve essere chiuso entro il 19 aprile 2017) non ha potuto valutare con una sufficiente ponderazione una serie di aspetti che andrebbero, viceversa, presi in considerazioni e che qui si riportano.
1. Il Parere nel riferire il fatto che la Direttiva non prevede espressamente dei limiti al subappalto fa menzione dell’art. 63 della Direttiva 2014/24/UE relativamente alla parte in cui prevede la possibilità di fare affidamento sulle capacità di altri soggetti.
Il Parere dimentica però di dire che lo stesso art 63 al numero 2) prevede che <<… le amministrazioni aggiudicatrici possono esigere che taluni compiti essenziali siano direttamente svolti dall’offerente stesso…>> e che quindi limiti alla facoltà di servirsi delle capacità di altri (subappalto compreso) ne esistono anche nella disciplina comunitaria.
2. Nel citare la Corte di Giustizia (Caso Siemens C-314/01 par. 45) , la Commissione richiama il fatto che restrizioni al subappalto sono possibili soltanto <<quando l’amministrazione aggiudicatrice non è stata in grado di controllare le capacità tecniche e finanziarie dei subappaltatori in occasione della valutazione delle offerte e della selezione delle migliori offerte>>. Dal momento che la individuazione del subappaltatore avviene (almeno in Italia) sempre dopo l’aggiudicazione della gara è di palese evidenza che nessun subappaltatore potrà mai essere verificato a monte: per conseguenza un limite al subappalto dovrebbe essere sempre ammissibile (almeno fino a quando non sarà richiesto all’offerente di presentare assieme all’offerta non già una terna, ma il nome di una singola impresa cui intende subappaltare il lavoro).
3. Nel richiamare la sentenza del caso Wroclow (C- 406/14) la Commissione riferisce il fatto che secondo la Corte di Giustizia l’aver fissato in maniera astratta una determinata percentuale di subappalto senza aver verificato le capacità dei subappaltatori è incompatibile con le Direttive europee. Ci si chiede come sia immaginabile che le singole Stazioni Appaltanti (e non solo quelle italiane per le quali si sta comunque cercando di portare avanti un importante piano di professionalizzazione proprio per elevarne le capacità tecnica) possano di volta in volta e nel caso in cui ne ravvisino la necessità fissare dei limiti percentuali alla subappaltabilità di una parte dell’opera senza conoscere a monte il nome del subappaltatore (vedi punto precedente). La fissazione di una percentuale astratta è quindi necessaria.
4. Sempre con riferimento alla sentenza Wroclow il Parere ribadisce che il subappalto è, <<in linea di principio….illimitato>>; questa affermazione però non è supportata né dal citato numero 2) dell’art. 63 della Direttiva 2014/24/UE né dal numero 2) dell’art. 71 della medesima Direttiva che recita: <<l’amministrazione aggiudicatrice può chiedere …. all’offerente di indicare nella sua offerta le eventuali parti dell’appalto che intende subappaltare a terzi, nonché i subappaltatori proposti>>. Previsioni entrambe che evidenziano come la facoltà di subappaltare non sia “illimitata” per definizione.
5. La Commissione enfatizza che <<Norme di recepimento dichiaratamente restrittive in materia di subappalto…..potrebbero ….risultare fortemente penalizzanti nei confronti di molte imprese, le quali vedrebbero ridotte le loro possibilità di partecipazione >>. Alla luce dell’ampia possibilità di partecipazione garantita dalla normativa italiana attraverso raggruppamenti temporanei orizzontali e verticali, reti di imprese, consorzi di vario genere nonché attraverso l’avvalimento si ritiene di poter affermare che questa limitazione alla partecipazione nel nostro Paese non esiste.
6. Parlando dell’ampiezza della partecipazione di cui al punto precedente la Commissione fa notare come, a fronte della ipotetica limitazione, <<gli stessi acquirenti pubblici potrebbero…precludersi l’opportunità di ricevere offerte più numerose e diversificate>>; anche questo potenziale vantaggio puramente quantitativo, si ritiene, verrebbe vanificato dal fatto che un subappalto senza limiti non sarebbe necessariamente accompagnato da un miglioramento qualitativo dell’offerta né da una maggiore capacità realizzativa.
7. Con riferimento al ribasso massimo del 20% del prezzo da praticare al subappaltatore da parte dell’appaltatore, la Commissione richiama al rispetto dell’art 69 della Direttiva in merito alle offerte anormalmente basse al fine di evitare irregolarità applicative. Questa specifica previsione nel nostro ordinamento non solo favorisce la verifica della congruità dell’offerta (che alla luce di un ribasso massimo “certo” è più semplice da realizzare) ma ha, molto evidentemente, anche una finalità economica e sociale a tutela dei subappaltatori che sono certamente l’anello più debole della catena dell’appalto. Dal momento che tra gli obiettivi delle nuove direttive vi è anche la tutela di questi aspetti, non si vede come possa la previsione (da sempre presente nel nostro sistema) avere gli effetti negativi paventati dalla Commissione.
Fin qui le riflessioni sulla lettera della Commissione, a margine non si può non ricordare come sia il Consiglio di Stato nel recente Parere sul Correttivo che il Presidente Cantone durante la sua audizione che le competenti Commissioni di Camera e Senato nel Parere reso il 6 aprile scorso si siano tutti espressi per il mantenimento dei limiti (già ad oggi previsti dal D Lgs 50/2016) al subappalto per una serie di ragioni, non ultima la presenza di una legislazione nazionale che cerca di porre un argine alle infiltrazioni criminali nel subappalto. Cosa che Bruxelles, molto evidentemente, non prende nemmeno lontanamente in considerazione.”
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