Le nuove Norme Tecniche per le Costruzioni (NTC) saranno presto all’esame della Conferenza Unificata.
Lo ha annunciato il 21 gennaio scorso in Commissione Ambiente della Camera il sottosegretario alle Infrastrutture e Trasporti, Umberto Del Basso De Caro.
Sul testo, approvato il 14 novembre 2014 dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, la Protezione civile ha chiesto un'ultima analisi che in ogni caso dovrebbe lasciare inalterata la sostanza del provvedimento.
Una volta ottenuto il via libera delle Regioni nel nuove NTC saranno pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale e diventeranno operative.
LE NOVITÀ PER I PRODOTTI DA COSTRUZIONE E UNA RIFLESSIONE SU COME PRIVATO E PUBBLICO DEBBANO RELAZIONARSI IN PROSPETTIVA. Di seguito pubblichiamo la relazione di Marco Perazzi di Unicmi al Convegno Norme Tecniche per le Costruzioni del 17 dicembre 2014 organizzato dal Consiglio Nazionale degli Ingegneri e da Finco sotto l’egida del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici.
CONSIDERAZIONI INTRODUTTIVE. Tra gli aggiornamenti più attesi della revisione delle Norme Tecniche per le costruzioni, vi erano senz’altro quelli relativi al capitolo 11, in tema di materiali e prodotti ad uso strutturale.
Più ancora che gli altri capitoli infatti, l’undicesimo necessita di uno stretto coordinamento con la normativa comunitaria nel campo dei prodotti da costruzione, ovvero con il Regolamento n.305 detto anche CPR.
A questo proposito va sottolineato come il testo delle nuove Norme Tecniche si configuri sostanzialmente come una versione emendata di un testo pubblicato nel 2008. Se per la loro pubblicazione pronostichiamo che essa possa avvenire nel corso del 2015, si può dire che con quest'anno avremo aspettato 8 anni l’emendamento di un testo esistente mentre, in ambito comunitario, sono state pubblicate, nello stesso arco di tempo, oltre 280 norme armonizzate di prodotto ed un nuovo Regolamento (che ha abrogato e sostituito la precedente direttiva). Per quanto le due tempistiche non siano confrontabili di per sé, né debbano necessariamente correlarsi i tempi delle due legislazioni (nazionale e comunitaria), è comunque evidente lo scarto tra la velocità con cui il settore industriale produce ed aggiorna costantemente la normazione tecnica di prodotto e l’inerzia con cui la norma giuridica si adegua e si rapporta al mercato.
Queste considerazioni dovrebbero aprire ad confronto su un tema non strettamente connesso a queste norme tecniche per le costruzioni, ma comunque ad esse attinente, ovvero il rapporto tra la norma tecnica privata e la norma giuridica di diritto pubblico.
CAPITOLO 11: FOCUS SULLE PRINCIPALI NOVITÀ INTRODOTTE (POSITIVE E NEGATIVE) E DI QUELLE INVECE MANCANTI. Tra le novità positive introdotte:
1) al §4.6, relativo agli altri materiali, è stato opportunamente cancellato l’elenco dei materiali, citati a titolo esemplificativo ma non esaustivo, che non sono trattati nelle NTC e che necessitano di regolamentazioni specifiche
2) nel campo degli acciai, per quelli zincati è stata correttamente ripresa la norma UNI EN ISO 1461, norma internazionale di riferimento generale per la zincatura a caldo, valida anche per le barre di acciaio per calcestruzzo armato
3) si sono apprezzabilmente apportate diverse correzioni editoriali che, per quanto banali in taluni casi, erano comunque necessarie in quanto i precedenti errori hanno ingenerato, in più circostanze che abbiamo noi stessi verificato, imbarazzi e disorientamenti nell’applicazione di alcune parti della norma
4) sono stati apportati, anche se pochi, importanti aggiornamenti che hanno allineato maggiormente la norma nazionale a quella europea; ad esempio, per citarne due che riguardano le costruzioni in acciaio, il valore k nel serraggio dei bulloni ed il valore del coefficiente d’attrito delle unioni bullonate
5) si registrano come positive anche le corrette citazioni di norme armonizzate di prodotto, nel frattempo pubblicate e diventate obbligatorie, il cui recepimento nella legislazione nazionale implicava un impatto sull’impostazione generale di alcuni paragrafi del capitolo 11. Tra queste ultime in particolare: le modalità di recepimento della EN 1090.
Un giudizio ben diverso va formulato invece su altri punti del nuovo capitolo 11, che introduce oneri e prescrizioni talvolta ridondanti, talvolta addirittura contrastanti con i principi della regolamentazione europea ed, in altri casi ancora, di problematica applicazione.
Tra questi, eccone alcuni di particolare importanza:
1) al §11.3.1.5, in tema forniture e documentazione di accompagnamento a tutte le tipologie di acciaio, viene prescritto che “Tutte le forniture di acciaio, per le quali non sussista l’obbligo della Marcatura CE, devono essere accompagnate dalla copia dell’attestato di qualificazione del Servizio Tecnico Centrale e dal certificato di controllo interno tipo 3.1, di cui alla norma UNI EN 10204, dello specifico lotto di materiale fornito.”
A questo riguardo va sottolineato come la norma UNI EN 10204 definisca tutti i documenti da utilizzare su richiesta del committente al fabbricante o intermediario per la conformità all'ordine. Nelle forniture di acciaio il committente non è praticamente mai il cantiere (nella persona del direttore dei lavori). Va altresì evidenziato come il "certificato di controllo interno tipo 3.1" non sia tra i documenti prescritti nella norma UNI EN 10204.
Nella quotidianità i fabbricanti forniscono, su espressa richiesta ed a seconda del tipo prodotto al committente, i documenti di cui § 3.2 Rapporto di prova "tipo 2.2" e § 4.1 Certificato di controllo 3.1 "tipo 3.1". E' infatti il committente il titolare della merce e del documento, in quanto colui che acquista facendo riferimento alle specifiche di riferimento dei prodotti in ordine.
Quanto richiesto nella nuova formulazione del §11.3.1.5 contiene perciò aspetti davvero controversi, di dubbia comprensione.
2) Al §11.3.1.7, in tema di centri di trasformazione, al capoverso ottavo si è nuovamente intervenuti in tema di qualifica del direttore tecnico di stabilimento; riteniamo che anche la nuova dicitura sia inefficace al raggiungimento dell’obiettivo che dovrebbe avere la disposizione e che sia anche, nello stesso tempo, di problematica applicazione.
Attualmente, i requisiti per il Direttore tecnico di stabilimento nell’attuale versione del DM sono fissati con il rimando all’art.64 comma 3 del DPR 380, che fissa i requisiti professionali richiesti per il direttore dei lavori. Per quest’ultima figura, i requisiti corrispondono all’iscrizione al relativo albo professionale in virtù del ruolo e delle responsabilità, non solo tecniche, connesse all’attività di direzione dei lavori. La nuova formulazione proposta, con un richiamo più generalizzato all’abilitazione dell’esercizio di idonea professione tecnica, non contribuisce a chiarire quali garanzie, in termini di competenze, debbano essere richieste al direttore tecnico di stabilimento.
Il ruolo del direttore tecnico di stabilimento consiste invece nel sovrintendere con perizia ai processi industriali di trasformazione e lavorazione dei materiali; ciò che va semmai ricercata è dunque la garanzia, di fronte alla legge, che il direttore tecnico si assuma determinate responsabilità, assimilabili a quelle, pur in un contesto diverso, del direttore dei lavori
Pare quindi più di senso prevedere un rimando, se si ritiene indispensabile farlo, che fornisca utili indicazioni in tema di modus operandi del direttore tecnico di stabilimento, onde richiamarlo a doveri e procedure che siano di garanzia per determinati obbiettivi.
In virtù di ciò, avevamo suggerito, nella veste di rappresentanti della categoria interessata dalla norma, di richiamare il comma 5 dello stesso articolo del DPR380, richiamando il direttore tecnico (similmente a quanto viene fatto per il direttore lavori e il costruttore) ad assumersi “la responsabilità della rispondenza dell'opera al progetto, dell'osservanza delle prescrizioni di esecuzione del progetto, della qualità dei materiali impiegati, nonché, per quanto riguarda gli elementi prefabbricati, della posa in opera.”
3) Al §11.3.2.5.1, recante norme per l’identificazione delle reti e dei tralicci elettrosaldati, è stata introdotta la prescrizione di produrre rete e traliccio solo da materiale qualificato (ossia che dispone di Attestato di Qualificazione) non rappresenta la comune realtà produttiva ed in alcuni casi non è tecnicamente esaudibile. Risulta inoltre priva di significato pratico in quanto la rete ed il traliccio sono comunque qualificati come tali nel loro stato di impiego.
La frase così come formulata comporterebbe gravissimi danni per la realtà industriale di settore (chiusura di stabilimenti per la produzione di rete e traliccio elettrosaldato), senza aumentare in alcun modo la qualità del prodotto finale e quindi apportare incrementi in termini di sicurezza delle strutture.
Essa inoltre introdurrebbe un principio inesistente nella normativa tecnica europea che, volendolo estremizzare, dovrebbe far richiedere la qualifica di tutti i semiprodotti utilizzati per la produzione di acciaio per c.a (e non solo), come ad esempio le billette o la vergella.
4) Circa i materiali che possono essere impiegati con uso strutturale
- all’interno del cap.4 ancora troppo poco viene detto per gli acciai inox e l’alluminio, limitando o comunque complicando le modalità di impiego di questi materiali che in Europa dispongono invece di normative più complete che ne hanno favorito la diffusione
- altre significative limitazioni permangono per altri materiali quali gli acciai ad alta resistenza ed il vetro strutturale; a questo proposito mi viene spontaneo ricordare di nuovo che ben 8 anni saranno passati tra le due NTC, senza che sensibili aggiornamenti siano stati apportati in questa materia.
Circa gli elementi non strutturali
- vediamo ancora ignorate le richieste dei produttori di fornire maggiori indicazioni ai progettisti sulle combinazioni dei carichi da adottare per il dimensionamento di elementi quali parapetti e facciate continue; indicazioni che erano state chieste per risolvere, almeno in parte, l’attuale disuniformità di valutazioni tra i professionisti che ha inevitabili implicazioni sui criteri di dimensionamento, e perciò sulla produzione, di questi elementi e prodotti.
- Per i parapetti in particolare, permangono valori per i sovraccarichi orizzontali lineari Hk che quasi doppiano quelli adottati negli altri principali Paesi europei.
Chiudiamo quest’elenco con una segnalazione in merito al §11.9 riguardante i dispositivi anti-sismici.
In tema di controlli, da un lato il §11.9.3 recita che “Per i dispositivi rientranti nel campo di applicazione della norma europea armonizzata UNI EN 15129, le metodologie per le prove di accettazione ed i relativi criteri di valutazione sono quelli indicati, per ciascun tipo di dispositivo, nella suddetta norma europea armonizzata con riferimento alle prove di Controllo di Produzione in Fabbrica”, dall’altro, nei successivi paragrafi, in tema di accettazione dei materiali, le percentuali di prova vengono esattamente raddoppiate rispetto a quelle previste dalla norma.
VALUTAZIONI SUL METODO DI LAVORO SEGUITO NELLA REDAZIONE DEL TESTO. Quanto travagliato sia stato il percorso che ha portato al nuovo testo delle norme tecniche è cosa nota a tutti; ripercorrendolo a grandi tappe, ricordiamo che:
- Prima vi è stata una stagione di lavori, aperti al confronto con il mondo universitario, con le professioni, col settore industriale, che era approdata ad un punto di sintesi
- Tale fase è stata si è poi arrestata bruscamente ed è poi seguita una sostanziale paralisi delle attività per un certo periodo, con archiviazione, di fatto, di quanto già svolto
- Infine, una repentina accelerazione ha portato al licenziamento di un altro testo, diverso da quello precedentemente condiviso, mai passato per un sondaggio od un indagine consultiva con le terze parti interessate.
E’ bene precisare, in premessa alle successive considerazioni, che nessuno può pensare di mettere in discussione la libertà e l’autonomia del ministero di decidere se consultare o meno il privato né quella di coinvolgerlo poco o tanto.
Andrebbe comunque tenuto conto, da parte del Ministero, che, su queste materie in particolare, coinvolgere e consultare le associazioni di settore non significa solo dare voce ad un interesse economico di parte (comunque legittimo) ma vuol dire preminentemente coinvolgere quegli stessi attori ed operatori che hanno preso parte alla discussione ed alla produzione di quegli standard europei che nelle NTC vengono recepiti e citati.
Non è un caso che sia richiesta di tutto il settore quella di essere considerati, per queste ragioni, come parte consulente anzitutto, in grado di contribuire alla chiarezza delle indicazioni da dare al mercato su come adottare ed applicare le norme che riguardano i prodotti ed i materiali delle nostre aziende.
In secondo luogo, vorremmo anche che certe nostre richieste venissero interpretate come un ulteriore contributo a qualificare ulteriormente il mercato, i prodotti e il personale che opera nella filiera.
COME PRIVATO E PUBBLICO DOVREBBERO RELAZIONARSI IN PROSPETTIVA. Restando ferme le prerogative del Pubblico e la sua autonomia nel decidere se coinvolgere o meno il privato, crediamo sia utile e necessario aprire un dibattito su quale dovrebbe essere il livello auspicabile di collaborazione Pubblico><Privato a cominciare da oggi.
Un dibattito del genere, sulle modalità con cui privato e pubblico si rapportano, porta necessariamente ad affrontare il nodo, come si diceva all’inizio, del rapporto tra norma privata e norma giuridica.
Una questione che non va affrontata, nel nostro caso, in una prospettiva accademica del diritto, ma che va declinata nelle sue implicazioni più pragmatiche e che ha riflessi su come Ministero, UNI ed associazioni di settore devono relazionarsi ed interfacciarsi.
A livello generale, su un piano trasversale a tutte le discipline giuridiche che trattano la tecnica e la tecnologia, i rapporti tra Pubblico ed Enti di normazione son da anni ben formalizzati.
Senza addentrarsi nei tecnicismi, vi sono sostanzialmente due modelli prevalenti in Europa, a cui gli altri sono sostanzialmente riconducibili ed assimilabili.
Il modello francese, caratterizzato da un approccio “verticale”, con rinvio cosiddetto “materiale” alle norme, ed in cui la normazione è affidata a soggetti di diritto privato (AFNOR) ma all’interno di cui vi è una forte influenza ed indirizzo del Pubblico.
Il modello tedesco, caratterizzato da una Consuetudine storica di rimandare ‘dinamicamente’ alle norme tecniche private, sancendo, nella legge, solo i principi e le clausole generali; in questo caso i Rapporti tra Enti Federali ed Enti di Normazione regolati da contratti di diritto pubblico.
Non è un caso che la formalizzazione e la definizione dei rapporti, abbia sedimentato in entrambi i modelli il mutuo riconoscimento dei ruoli ed una consolidata tradizione nell’utilizzo della standardizzazione privata.
In Italia sappiamo, senza entrare nei dettagli, di vivere una situazione ancora ibrida e per certi aspetti indefinita. Non desta meraviglia quindi se
- Vi sono in molti casi delle conflittualità o disallineamenti tra quanto previsto dalla normativa tecnica privata e quella pubblica
- L’attitudine dei privati a partecipare alle attività normative, specie quelle in sede europea, è di gran lunga inferiore a quella registrabile negli altri Paesi.
Nel processo di graduale ravvicinamento comunitario delle legislazioni la Commissione è intervenuta adottando un proprio modello che, specie con le direttive di nuovo approccio, si configura molto simile a quello tedesco, ovvero
- Clausole e principi generali sanciti nelle disposizioni di legge
- Rimando alla norma armonizzata, volontaria, per la presunzione di conformità
Il modo in cui la legislazione comunitaria ha regolato il nostro settore specifico ha però delle peculiarità.
Nel campo delle costruzioni infatti sappiamo che
- La qualificazione dei prodotti è disciplinata dalle norme armonizzate ai sensi del regolamento che diventano, quando pubblicate, di applicazione obbligatoria; norme di prodotto che fanno riferimento, per gli aspetti progettuali quando trattati, agli eurocodici
- L’impiego degli stessi prodotti è invece regolato da Leggi nazionali che in Italia, per gli aspetti progettuali, sono autonome, indipendenti e diverse dagli EC
Restando sul capitolo 11, a cui è limitata questa riflessione, il rinvio alle norme tecniche private si configura perciò imprescindibile ed ineludibile.
Appare dunque singolare che la politica del Ministero, almeno l’ultima che abbiamo visto adottata, sia stata quella di non coinvolgere, proprio nella definizione e condivisione delle regole sulle modalità di impiego dei materiali, il privato, che conosce nel dettaglio, perché ne è principale autore, le norme tecniche di propria competenza.