“Sul nuovo Codice degli Appalti si gioca tantissimo del futuro dell’Italia. Si tratta di una riforma pilastro, ma non basta che sia fatta: va fatta bene. Pur dando un giudizio positivo sul testo approvato dal governo, riteniamo ci sia molto da migliorare. E se per farla bene e applicarla bene, serve più tempo rispetto alla scadenza del 31 marzo 2023, allora facciamola slittare di qualche tempo per la sua entrata in vigore”. Così il Presidente dell’Autorità Anticorruzione Giuseppe Busia che è intervenuto ieri al convegno “Cantiere Italia. Tra Pnrr, emergenze e nuovo Codice degli Appalti”, organizzato da Ance, Associazione Nazionale Costruttori Edili.
LE CRITICITÀ SOLLEVATE DA ANAC. Anac è sostenitrice della semplificazione prevista dal nuovo Codice Appalti. Non condividiamo però alcuni punti: l’eliminazione di controlli con uso indiscriminato dell’in-house; l’innalzamento della soglia degli appalti a 500.000 euro per le stazioni appaltanti non qualificate; la soppressione delle verifiche sul conflitto d’interessi; l’uso generalizzato dell’appalto integrato senza motivazioni.
L’APPALTO INTEGRATO SENZA MOTIVAZIONE. Astrattamente l’appalto integrato è una bella cosa. Di fatto l’esperienza ci dice che non funziona. La stazione appaltante affida il progetto, e si ritrova un progetto diverso da quello immaginato, con aumenti spropositati dei costi, e contenziosi infiniti. E ridefinizioni continue del progetto, allungando i tempi di consegna dell’opera. Non c’è da parte di Anac una opposizione ideologica preconcetta. E’ l’esperienza che ci dice che funziona male. La promessa dell’appalto integrato di tempi rapidi non è fondata, come pure la promessa di costi certi. Lo vediamo già dal progetto esecutivo. Non si attua.
SOPPRESSIONE DEL REGISTRO ANAC DELL’IN-HOUSE. Purtroppo la soppressione del registro dell’in-house gestito da Anac nel nuovo Codice, è sbagliata. Avere una verifica preventiva per vedere se il soggetto che acquisisce al di fuori della concorrenza una commessa pubblica ha i requisiti per non fare concorrenza sleale rispetto alle imprese è essenziale. Verificare se davvero vengono rispettati i requisiti richiesti dalla giurisprudenza comunitaria non consente di conoscere quali in-house hanno le caratteristiche per operare correttamente. Due terzi dei richiedenti non hanno quelle caratteristiche, e finora sono rimasti esclusi dall’elenco. Ora entreranno tutti. Ha senso questo? Favorisce una migliore gestione e fornitura di servizi? Aiuta a fornire servizi a prezzi più competitivi? Favorisce la libera concorrenza e la scelta dei fornitori migliori? Io credo di no. Per questo chiediamo al Parlamento di modificare tale aspetto del testo di Codice approvato dal governo. Se non si reintroduce l’albo degli in-house, aumenterà il contenzioso. Il controllo preventivo di Anac è un aiuto fondamentale agli stessi enti per fare scelte giuste e operare bene. Altrimenti il rischio è che si blocchi tutto dopo, con un’impennata di contenziosi e blocco operativo successivo. Oltre alla determinazione di sacche di inefficienza che sono sottratte allo stimolo del mercato, e quindi al miglioramento del servizio.
SOGLIA DI 500.000 EURO PER LE STAZIONI APPALTANTI QUALIFICATE. Aver alzato la soglia di gestione degli appalti a 500.000 euro per le stazioni appaltanti non qualificate è come permettere di guidare in città senza patente dove c’è il limite dei 50 km. Cioè consentire di fare appalti fino a mezzo milione per chi non è in grado di farlo, perché non qualificato. Occorre riportare la soglia a 150.000 euro. Sopra quella soglia per fare appalti bisogna essere qualificati. Oggi in Italia esiste uno numero spropositato di stazioni appaltanti, che non ci possiamo permettere. Le centrali di committenza qualificate non possono essere più di 100. Alcune qualificatissime centrali, e altre potranno essere a livello regionale, provinciale o di città metropolitane. Se un comune non ha personale qualificato per fare appalti di alto livello, i lavori e gli acquisti si fanno male, si spende molto di più del necessario e si buttano soldi pubblici. Altrimenti le pubbliche amministrazioni soccombono nella contrattazione con i grandi gruppi privati. Nessuno vuole blocchi dei Comuni. Troviamo il modo di accompagnare transitoriamente, ma andiamo nella direzione di avere stazioni appaltanti qualificati.
NORMATIVA SUL CONFLITTO D’INTERESSI. Anac chiede, poi, il ripristino della normativa sul conflitto di interessi nel nuovo codice appalti. Adesso è stato introdotto l’onere della prova, per dimostrare che il soggetto è in conflitto d’interessi. Noi crediamo che questo non sia conforme alla normativa europea, che ha un’altra definizione di conflitti d’interessi; e non è conforme alla legge 241.
Il settore dei contratti pubblici è delicato. Anche se non c’è la bustarella o corruzione, danneggia l’interesse pubblico scegliere l’impresa amica, quella più vicina, e non la migliore. Non è interesse soltanto di chi ha perso la gara, evitare il conflitto d’interesse. È interesse collettivo di tutti, per il bene comune e la scelta migliore delle imprese nell’affidare appalti e servizi.
AFFIDAMENTI SOTTO SOGLIA. Anac è per semplificare, e affidare in maniera veloce. Ma attenzione: ragioniamo sul sotto soglia. Non può essere che assistiamo a continue ordinarie forniture di servizi da parte dei comuni tutte a 140.000 euro, per stare sotto la soglia e affidare contratti direttamente. Così si privilegiano i soliti, i più vicini all’assessore o al sindaco, o al dirigente, non le imprese migliori, quelle con i prezzi più bassi, quelle che lavorano meglio. Grazie alla digitalizzazione è possibile fare in fretta, ma anche bene. Senza ricorrere sempre agli affidamenti sotto soglia in maniera discrezionale.
ANCE: SUBITO CORRETTIVI AL CODICE PER EVITARE GLI ERRORI DEL PASSATO E NON BLOCCARE I LAVORI. “Subito correttivi al Codice per evitare gli errori del passato e bloccare i lavori”. E’ la richiesta avanzata al convegno dalla Presidente dell’Ance Federica Brancaccio e dal Vicepresidente Luigi Schiavo, al Ministro Salvini sul nuovo Codice dei contratti approvato prima di Natale dal Governo.
Per la Presidente Ance è necessario avviare subito un confronto sul Codice per apportare le modifiche indispensabili a far funzionare il sistema, predisponendo inoltre un adeguato periodo transitorio dopo l’approvazione. Quella dello slittamento dei tempi per l’entrata in vigore delle nuove norme è una necessità condivisa anche dal Presidente dell’Anac Giuseppe Busia, che ha chiesto un rinvio al 2024.
Tra i pericoli maggiori segnalati dall’Ance quello di comprimere concorrenza e trasparenza perché “per effetto combinato dell’estensione delle procedure negoziate sotto-soglia europea e di quella su settori speciali, ormai del tutto liberalizzati, oltre ai concessionari senza gara, la quasi totalità delle opere pubbliche può essere sottratta al mercato”.
Da rivedere in modo sostanziale anche l’istituto dell’illecito professionale frutto ancora una volta di una visione colpevolista e di conseguenza molto penalizzante per le imprese che rischiano di non poter partecipare alle gare anche per un rinvio a giudizio.
Come da rivedere è anche la misura sulla revisione prezzi che, in contrasto con i principi espressi dal nuovo Codice, presenta troppi vincoli ed interviene solo ex post con un meccanismo troppo complesso. “Soluzione del tutto inefficace”, ha rimarcato la Brancaccio rivolgendosi al Ministro Salvini, “dal momento che le imprese stanno ancora aspettando di ricevere le compensazioni per il 2021”.
Di fronte alla lista Ance di ben 35 correttivi da apportare al testo del nuovo Codice il Ministro Salvini ha assicurato che “la bozza del Codice appalti è aperta e permeabile a qualsiasi suggerimento”. Il confronto dunque è aperto.
La Presidente Brancaccio, dando merito al Consiglio di Stato per il gran lavoro svolto, ampiamente illustrato dal Presidente di sezione Luigi Carbone estensore del testo, ha sottolineato che ora “spetta alla politica intervenire e correggere quei punti che rischiano di bloccare i cantieri e mettere in difficoltà gli operatori economici”.
Tutti concordi sulla necessità di ripristinare un rapporto di fiducia tra pubblico, come sottolineato anche dal Vicepresidente della Conferenza delle regioni, Fulvio Bonavitacola, e dal sindaco di Cremona e componente del Direttivo Anci, Gianluca Galimberti. Mentre da parte degli esponenti parlamentari intervenuti, come Erica Mazzetti di Fi che sarà relatrice del provvedimento alla Camera, e Chiara Braga del Pd è stata espressa piena disponibilità a un confronto per migliorare il testo e dotare imprese e amministrazioni di uno strumento efficiente.
Solo con un lavoro di squadra, ha ricordato il Presidente del Consiglio dei Lavori Pubblici, Massimo Sessa, è possibile comunque raggiungere gli obiettivi ambiziosi posti dal Pnrr. Un invito accolto con convinzione anche dall’Ad di Rfi, Vera Fiorani, che si è detta ottimista sulla possibilità di riuscire a realizzare le opere previste dal Piano nazionale.
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IN ALLEGATO la scheda stampa dell'Ance.