In una nota di ieri che riportiamo, “Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie” esprime forte preoccupazione in merito al decreto legislativo di riforma del Codice dei contratti pubblici, approvato venerdì 16 dicembre 2022 in esame preliminare dal Consiglio dei ministri (LEGGI TUTTO).
Il decreto varato oggi dal CdM in merito alla cosiddetta semplificazione del codice degli appalti rischia di alimentare gli appetiti di organizzazioni criminali, corrotti e corruttori, allarga le maglie ed allenta i controlli, anche depotenziando le funzioni dell’Autorità Anticorruzione. Una beffa natalizia che apre la strada ad una liberalizzazione criminogena delle gare d’appalto. Invece di realizzare l'auspicata semplificazione delle norme sugli appalti si “normalizza” la gestione emergenziale sull’altare di un’accelerazione forzosa delle procedure, analoga a quella utilizzata dalla “cricca della protezione civile”, immolando i principi di concorrenza, responsabilità, controllo. Tutto questo in un contesto amministrativo come quello italiano, in cui da sempre le consorterie mafiose e corruttive hanno trovato terreno particolarmente fertile negli appalti assegnati per via straordinaria. Tra i punti più vulnerabili, la generalizzazione dell’appalto “integrato”, che sovrappone la progettazione e l’esecuzione dell’opera in capo al medesimo soggetto privato e induce così una pericolosa commistione di ruoli e una concentrazione di poteri nelle mani sbagliate, svilendo il ruolo pubblico di programmazione e supervisione; la proroga delle deroghe al Codice fino al 2026; l’innalzamento delle soglie per affidamenti diretti senza gara, più esposti a condizionamenti opachi e pressioni corruttive, da 100.000€ a 500.000€; il dimezzamento della garanzia da versare da parte dei vincitori della gara (dal 2% si passa all’1%), che indebolisce il potere negoziale degli enti pubblici; il depotenziamento del ruolo di ANAC nel controllo dei conflitti di interesse dei funzionari e nelle verifiche sulla qualificazione delle imprese. Torna inoltre in auge l'aggiudicazione sulla base del criterio del prezzo più basso, un meccanismo perverso che tende a deresponsabilizzare le stazioni appaltanti, incentivando le imprese a recuperare gli “sconti” effettuati attraverso varianti d’opera, accordi collusivi, scarsa qualità di materiali e prestazioni, oppure risparmiando sulla sicurezza dei lavoratori. La logica dell’emergenza alla quale è sempre pericoloso riferirsi, soprattutto in un paese come l’Italia che vede forti interessi criminali negli appalti pubblici, diventa il diktat attraverso il quale affrontare i lavori previsti nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. La gestione del PNRR può e deve essere un’occasione di rilancio per l’Italia, attraverso la realizzazione di opere anche infrastrutturali necessarie alla modernizzazione del Paese, rilancio e modernizzazione all'insegna della trasparenza e della buona gestione dei fondi europei: per questa ragione gli strumenti legislativi non devono essere indeboliti, ma rafforzati attraverso la messa a disposizione di competenze volte al controllo, a partire dal ruolo centrale degli enti locali, conclude Libera.
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