Una norma del decreto Pa (decreto legge n. 90/2014, convertito con modificazioni nella legge n. 114/2014) in materia di soccorso istruttorio, consente alle imprese che partecipano alle gare d'appalto pubbliche, di sanare entro 10 giorni i documenti irregolari, pagando una sanzione che va dall'uno per mille all'uno per cento dell'appalto, entro il tetto di 50.000 euro. Se l'impresa non si mette in regola entro il suddetto termine, viene esclusa dalla gara.
La ratio della norma è quella di ridurre i ricorsi ai Tar che sorgono a seguito dell'esclusione dalle gare motivata da errori meramente formali, come l'omissione per pura dimenticanza di una dichiarazione o di una firma. Tuttavia, l'interpretazione letterale della normativa di riferimento spinge molte stazioni appaltanti a comminare la sanzione anche alle aziende che non intendono avvalersi del nuovo soccorso istruttorio.
LA SANZIONE VA COMMINATA SOLO NEL CASO IN CUI IL CONCORRENTE INTENDA AVVALERSI DEL NUOVO SOCCORSO ISTRUTTORIO. Con il comunicato del Presidente Raffaele Cantone del 25 marzo 2015, l'Autorità nazionale anticorruzione ribadisce che la sanzione va comminata solo nel caso in cui il concorrente intenda avvalersi del nuovo soccorso istruttorio, confermando dunque la posizione espressa con la determinazione n. 1/2015. Il chiarimento è stato fornito in risposta a un quesito presentato dal Ministero dell’Interno in ordine al tema del giusto raccordo tra l’affermazione contenuta nella determinazione n. 1/2015, secondo cui “la sanzione individuata negli atti di gara sarà comminata nel caso in cui il concorrente intenda avvalersi del nuovo soccorso istruttorio” e la lettera dell’art. 38, comma 2-bis, d.lgs. 163/2006, laddove questo prevede che l’operatore economico “è obbligato” al pagamento della sanzione.
Nel comunicato di ieri Cantone spiega che “la lettura fornita dall’Autorità nella citata Determinazione n. 1/2015 si è imposta come doverosa sia per evitare eccessive ed immotivate vessazioni delle imprese sia in ossequio al principio di primazia del diritto comunitario, che impone di interpretare la normativa interna in modo conforme a quella comunitaria anche in corso di recepimento”. Infatti, la direttiva 2014/24/UE sugli appalti pubblici prevede all’art. 59, paragrafo 4, secondo capoverso, la possibilità di integrare o chiarire i certificati presentati relativi al possesso sia dei requisiti generali sia di quelli speciali, senza il pagamento di alcuna sanzione.