“L’introduzione generalizzata dell’obbligo di appalti BIM per lavori superiori alla soglia di 1 milione dal 1° gennaio 2025 costringerebbe un grande numero di stazioni appaltanti a doversi dotare di personale certificato. Come noto, le norme UNI sul BIM prevedono la necessità di ben quattro distinte figure (BIM Specialist, BIM Coordinator, BIM Manager e CDE Manager) che devono superare specifici esami presso enti accreditati per poter essere certificate.
Dai dati Accredia, il numero di professionisti certificati è ancora molto basso rispetto al necessario. Pochissimi professionisti lavorano presso le Pubbliche Amministrazioni, che sarebbero quindi costrette a ricorrere ad incarichi esterni”.
Lo ha denunciato l'Anci (Associazione nazionale dei comuni italiani) in un documento - presentato al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti - su alcune criticità del nuovo Codice Appalti di cui al d.lgs. 36/2023. Alcune criticità erano state già segnalate anche alla Cabina di regia.
Elevare alla soglia comunitaria l’applicabilità dell’obbligo di appalti BIM
L'Anci propone di “elevare alla soglia comunitaria l’applicabilità dell’obbligo di appalti BIM: in tal modo si inciderebbe soggettivamente su meno stazioni appaltanti, ed oggettivamente sugli appalti più complessi, ferma restando la possibilità, già prevista all’art. 43, c. 2, di far ricorso al BIM anche per importi inferiori.
Si chiarisce inoltre che l’obbligo non si applica qualora siano già stati affidati incarichi a terzi, altrimenti si correrebbe il rischio di varianti ai contratti di progettazione già affidati.
Al codice dei contratti pubblici vanno secondo l'Anci apportate le seguenti modificazioni: a) all’articolo 43, comma 1, le parole «a 1 milione di euro» sono sostituite da «alle soglie di cui all’art. 14, comma 1, lettera a) e comma 2, lettera a)»; b) all’art. 225, dopo il comma 9, è introdotto il seguente comma: «9-bis. La disposizione di cui all’art. 43, comma 1, non si applica alle procedure per le quali è stato formalizzato l’incarico di progettazione prima del 1° gennaio 2025.»
Equo compenso
Per quanto riguarda l'equo compenso, l'Associazione dei comuni osserva che “l’entrata in vigore della Legge 49/2023 ha creato una situazione di incertezza a causa del mancato coordinamento con il Codice dei contratti pubblici, che all’art.41 c. 15 prevede che i corrispettivi sono utilizzati “ai fini dell'individuazione dell'importo da porre a base di gara dell'affidamento”.
L’art. 1 dell’All. I.13 conferma che i corrispettivi sono “da porre a base degli affidamenti dei servizi di ingegneria e architettura” e rinvia al DM 17.06.2016.
Il DM precisa che “il corrispettivo è costituito dal compenso e dalle spese ed oneri accessori” e che i corrispettivi “possono essere utilizzati quale criterio o base di riferimento ai fini dell'individuazione dell'importo dell'affidamento”.
“Risulta evidente”, nota l'Anci, “che il Codice dei Contratti Pubblici costituisce una fonte normativa di tipo speciale, trattandosi di un complesso di norme volte a disciplinare un particolare settore e definendo per esso delle regole specifiche.
La Legge n. 49/2023 sull’equo compenso è, invece, una legge ordinaria che detta regole a carattere generale e può trovare applicazione per tutti i rapporti professionali aventi ad oggetto una prestazione d’opera intellettuale”.
Al fine quindi di superare l’incertezza applicativa, l'Associazione dei comuni propone che all’articolo 8 siano apportate le seguenti modifiche: al comma 2, il secondo periodo è soppresso; dopo il comma 3 è inserito il seguente comma: “4. Le disposizioni della legge 21 Aprile 2023, n. 49 non si applicano alle procedure per l’affidamento dei servizi di ingegneria e architettura, anche nell’ambito di un appalto integrato, nonché degli altri servizi di natura tecnica e intellettuale, disciplinate dal presente decreto”.