Sentenze

Offerta anomala e costo del personale: nel nuovo Codice Appalti c'è una formulazione errata

Tar Lazio: il costo del lavoro indicato dalle tabelle ministeriali è il “costo medio orario del lavoro”, e non “i minimi salariali retributivi” come affermato invece nella norma di cui all'art. 97, comma 5, lett. D del d.lgs. n. 50/2016

mercoledì 4 gennaio 2017 - Redazione Build News

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Con la sentenza n. 12873 del 30 dicembre 2016, il Tar Lazio ha affermato che la disposizione dettata dall’art. 97 del nuovo Codice appalti (d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50) in tema di valutazione della anomalia dell’offerta presentata in sede di gara pubblica “appare erroneamente formulata laddove, alla lett. d) del comma 5, afferma che l’offerta è anormalmente bassa e, quindi, deve essere esclusa, quando “il costo del personale è inferiore ai minimi salariali retributivi indicati nelle apposite tabelle” di cui all’art. 23, comma 16, dello stesso Codice dei contratti pubblici.”

Tali tabelle, infatti, “non sono altro che quelle già previste, con disposizione perfettamente sovrapponibile, dall’art. 86, comma 3 bis, d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, che ha individuato la modalità di determinazione del costo del lavoro con riferimento alle tabelle del Ministero del lavoro”.

Il Tar Roma ha evidenziato che il comma 3 bis dell’art. 86 del vecchio Codice appalti (d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163) ha previsto che “il costo del lavoro è determinato periodicamente, in apposite tabelle, dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sulla base dei valori economici previsti dalla contrattazione collettiva stipulata dai sindacati comparativamente più rappresentativi, delle norme in materia previdenziale ed assistenziale, dei diversi settori merceologici e delle differenti aree territoriali. In mancanza di contratto collettivo applicabile, il costo del lavoro è determinato in relazione al contratto collettivo del settore merceologico più vicino a quello preso in considerazione”.

Le tabelle ministeriali, predisposte sulla base dei valori economici dalla norma elencati, stabiliscono il costo medio orario del lavoro, che è cosa ben diversa dal trattamento minimo salariale stabilito dalla legge o dalla contrattazione collettiva, al quale solo si riferisce la previsione d’inderogabilità di cui all’art. 97, comma 6 del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 (secondo cui “non sono ammesse giustificazioni in relazione a trattamenti salariali minimi inderogabili stabiliti dalla legge o da fonti autorizzate dalla legge ….”) e all’art. 87, comma 3, del d.lgs. n. 163 del 2006 (secondo cui “Non sono ammesse giustificazioni in relazione a trattamenti salariali minimi inderogabili stabiliti dalla legge o da fonti autorizzate dalla legge”).

Ad avvalorare il rilievo mosso dai giudici amministrativi di Roma alla formulazione dell'art. 97, comma 5, lett. d, del nuovo Codice dei contratti è la stessa norma dell'art. 23, comma 16, d.lgs. n. 50/2016, puntualmente richiamata dal Tar Lazio, che, nel definire il contenuto delle tabelle ministeriali, senza nulla innovare rispetto alla pregressa formulazione dell'art. 86, comma 3 bis, ultima parte, d.lgs. n. 163 del 2006, conferma che "Il costo del lavoro è determinato annualmente, in apposite tabelle, dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali sulla base dei valori economici definiti dalla contrattazione collettiva nazionale tra le organizzazioni sindacali e le organizzazioni dei datori di lavoro comparativamente più rappresentativi, delle norme in materia previdenziale ed assistenziale, dei diversi settori merceologici e delle differenti aree territoriali. In mancanza di contratto collettivo applicabile, il costo del lavoro è determinato in relazione al contratto collettivo del settore merceologico più vicino a quello preso in considerazione."

Dunque, il costo del lavoro dalle tabelle indicato risulta essere il “costo medio orario del lavoro” e non "i minimi salariali retributivi", come affermato nella norma di cui all'art. 97, comma 5, lett. d, del d.lgs. n. 50 del 2016.

Il Tar Lazio ha inoltre ricordato che “In tema di valutazione della anomalia dell’offerta anche nella vigenza del nuovo Codice dei contratti pubblici vige il principio secondo cui i costi medi della manodopera, indicati nelle tabelle ministeriali, non assumono valore di parametro assoluto ed inderogabile, ma svolgono una funzione indicativa, suscettibile di scostamento in relazione a valutazioni statistiche ed analisi aziendali evidenzianti una particolare organizzazione in grado di giustificare la sostenibilità di costi inferiori; esprimendo solo una funzione di parametro di riferimento è allora possibile discostarsi da tali costi, in sede di giustificazioni dell'anomalia, sulla scorta di una dimostrazione puntuale e rigorosa.”

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