La Cassazione – ordinanza n. 8233/2018 pubblicata il 4 aprile – ha ribadito che in tema di compensi spettanti a periti e consulenti tecnici a norma degli artt. 50 e segg. del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, la determinazione dei relativi onorari costituisce esercizio di un potere discrezionale del giudice del merito, e pertanto, se contenuta tra il minimo ed il massimo della tariffa, non richiede motivazione specifica e non è soggetta al sindacato di legittimità, se non quando l'interessato deduca la violazione di una disposizione normativa oppure un vizio logico di motivazione, specificando le ragioni tecnico-giuridiche secondo le quali debba ritenersi non dovuto un certo compenso oppure eccessiva la liquidazione (Cass. n. 27126 del 2014).
Secondo i principi enunciati dalla Corte di cassazione, nel procedimento di opposizione al decreto che liquida il compenso al consulente, il giudice deve accertare se l'opera svolta dall'ausiliare sia rispondente ai quesiti postigli dal giudice che conferì l'incarico e valutarne, quindi, la qualità e la completezza ai fini della liquidazione del compenso (Cass. n. 7294 del 2013).