“Il progettista, in conseguenza della sua errata progettazione, può essere chiamato a rispondere dei costi della progettazione e della realizzazione dell'opera che ha effettivamente progettato, del risarcimento dei danni a terzi eventualmente provocati dall'opera realizzata non a regola d'arte in conformità dell'errore nella progettazione (siano essi terzi estranei o, come in questo caso, lo stesso committente che ha dovuto rimuovere il muro inidoneo alla funzione di contenimento), ma non anche dei diversi costi di esecuzione dell'opera a regola d'arte, perché ciò non costituisce oggetto della prestazione pattuita, né è un danno conseguente all'illecito.”
Così la terza sezione civile della Cassazione nell'ordinanza n. 16323 del 21 giugno 2018.
Della responsabilità solidale di appaltatore e progettista o direttore dei lavori “non si dubita”, ricorda la suprema Corte: infatti “è consolidata affermazione nella giurisprudenza della Corte (da ultimo, Cass. n. 3651 del 2016), quella per cui in tema di responsabilità risarcitoria, contrattuale ed extracontrattuale, se l'unico evento dannoso è imputabile a più persone, è sufficiente, al fine di ritenere la solidarietà di tutte nell'obbligo al risarcimento, che le azioni e le omissioni di ciascuna abbiano concorso in modo efficiente a produrre l'evento, a nulla rilevando che costituiscano autonomi e distinti fatti illeciti, o violazioni di norme giuridiche diverse”.
Pertanto “nel caso di danno risentito dal committente di un opera, per concorrenti inadempimenti del progettista e dell'appaltatore, sussistono le condizioni di detta solidarietà, con la conseguenza che il danneggiato può rivolgersi indifferentemente all'uno o all'altro per il risarcimento dell'intero danno e che il debitore escusso ha verso l'altro corresponsabile azione per la ripetizione della parte da esso dovuta”.