Con la sentenza n. 60/2017 depositata oggi, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 7 della legge della Regione Abruzzo 8 giugno 2015, n. 12, recante «Modifiche alla legge regionale 11 agosto 2011 n. 28 (Norme per la riduzione del rischio sismico e modalità di vigilanza e controllo su opere e costruzioni in zone sismiche)» nella parte in cui ha introdotto nella legge della Regione Abruzzo 11 agosto 2011, n. 28 (Norme per la riduzione del rischio sismico e modalità di vigilanza e controllo su opere e costruzioni in zone sismiche) all’art. 19-bis, la lettera d) del comma 2.
Il suddetto comma 2, lettera d), del nuovo art. 19-bis, stabilisce che il regolamento attuativo della legge regionale 11 agosto 2011, n. 28 (emanato con decreto del Presidente della Giunta regionale del 5 agosto 2015, n. 3), entrato in vigore il 20 agosto 2015, ha anche il compito di definire il contenuto delle “opere minori” nonché di “quelle prive di rilevanza ai fini della pubblica incolumità”, da ritenersi esentate sia dal procedimento di autorizzazione preventiva previsto dagli artt. 7 e 8 della legge regionale n. 28 del 2011, sia da quello di preavviso, con contestuale deposito, disciplinato, per le opere ricomprese in zone definite di bassa sismicità, dagli artt. 9 e 10 della stessa legge.
La Consulta ricorda che “secondo quanto costantemente affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, le disposizioni di leggi regionali che intervengono sulla disciplina degli interventi edilizi in zone sismiche devono essere ricondotte all’ambito materiale del «governo del territorio», nonché a quello relativo alla «protezione civile», per i profili concernenti la tutela dell’incolumità pubblica”.
“In coerenza, si è ritenuto che, nella materia in disamina, assumono la valenza di principio fondamentale le disposizioni contenute nel TUE che prevedono determinati adempimenti procedurali, a condizione che questi ultimi rispondano ad esigenze unitarie, particolarmente pregnanti di fronte al rischio sismico.”
Tra queste disposizioni, osserva la Corte costituzionale, “assume rilievo fondamentale il disposto di cui all’art. 94 del TUE (…) in forza del quale, nelle località sismiche, ad eccezione di quelle a bassa sismicità, «non si possono iniziare lavori senza preventiva autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico della regione», così da costituire espressione evidente, alla pari degli altri parametri interposti (...), dell’intento unificatore che informa la legislazione statale, palesemente orientata «[…] ad esigere una vigilanza assidua sulle costruzioni riguardo al rischio sismico, attesa la rilevanza del bene protetto, che trascende anche l’ambito della disciplina del territorio, per attingere a valori di tutela dell’incolumità pubblica che fanno capo alla materia della protezione civile, in cui ugualmente compete allo Stato la determinazione dei principi fondamentali» (così la sentenza n. 182 del 2006)”.
“Seguendo detta impostazione”, evidenzia la Consulta, “questa Corte ha già avuto modo di dichiarare costituzionalmente illegittime analoghe disposizioni emanate da altre Regioni, caratterizzate dal sottrarre ad ogni forma di vigilanza e controllo alcuni interventi edilizi realizzati in zone sismiche, non tipizzati dalla legislazione statale di riferimento”.
Di qui la illegittimità costituzionale dell’art. 7 oggetto di impugnazione, nella parte in cui ha introdotto il secondo comma, lettera d), all’interno del disposto di cui all’art. 19-bis della legge regionale n. 28 del 2011.
In allegato la sentenza n. 60/2017 della Consulta