Unire in un colpo solo due trend molto in voga nella progettazione contemporanea, quello della stampa 3D e quello della biomimetica. E’ quello che fa la cosiddetta “osteobotica”, una tecnica di stampa tridimensionale robotica che si ispira alla solidità strutturale delle ossa.
Il processo, attualmente in fase di studio alla Architectural Association School of Architecture di Londra, utilizza un polimero sintetico speciale detto policaprolattone (PCL), che ha basso punto di fusione (60 gradi) e che può essere ‘filato’, proponendosi come alternativa interessante alla tradizionale estrusione.
Biodegradabilità
Ma le potenzialità non finiscono qui. Il PCL ha infatti la caratteristica di essere biodegradabile e questo comporta due prospettive interessanti. Le strutture stampate possono essere facilmente smontate e modellate con maggiore flessibilità. Il materiale può essere poi riutilizzato fondendolo e dandogli nuove forme e nuova vita, risolvendo il problema dello smaltimento dei rifiuti e riducendo di molta l’impronta ecologica dei processi costruttivi.
Un video ne illustra il funzionamento.