Con la sentenza n.3081/2016 depositata l'11 luglio, la quarta sezione del Consiglio di Stato ricorda che “la disciplina legislativa sul procedimento autorizzatorio degli impianti destinati alla produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili - sulla base di un sostanziale favor del legislatore comunitario e nazionale - ha natura di normativa speciale, informata al canone della massima semplificazione al fine di "rendere più rapida la costruzione degli impianti di produzione di energia alternativa" (cfr. Corte costituzionale, 28 gennaio 2014, n. 13)”.
A tal fine, “la normativa nazionale (combinato disposto dell’art. 20 del decreto legislativo n. 152 del 2006 e art. 12 del decreto legislativo n. 387 del 2003) e quelle regionali stabiliscono delle stringenti griglie di termini anche in tema di valutazione preliminare di sottoponibilità a V.I.A. (c.d. screening), il decorso dei quali di per sé comporta, come ha chiarito la Sezione:
a) l'impossibilità per l'Ente di richiedere ulteriori integrazioni documentali (cfr. anche Consiglio di Stato, sez. V, 26 settembre 2013, n. 4755);
b) l'illegittimità, in ogni caso, del provvedimento di sottoposizione a V.I.A. del progetto in esame.”
Trattasi, conclude Palazzo Spada, “di una normativa speciale, che - in coerenza con l’orientamento di fondo della disciplina di settore, prima ricordata - risolve in maniera tranciante il problema di una eventuale eccessiva durata della fase di valutazione preliminare.”
Nel caso di specie, il termine è stato largamente superato. “Diversamente da quanto ha ritenuto il T.A.R., l’inutile decorso del termine ricordato non ha prodotto un silenzio-assenso (al quale farebbe ostacolo l’art. 20 della legge 7 agosto 1990, n. 241, vertendosi in materia ambientale), ma la perdita di un potere di competenza regionale, quale è appunto quello di disporre il procedimento di V.I.A.”, conclude il Consiglio di Stato.