L’intera vicenda sulla quale si è pronunciato il Consiglio di Stato parte dalla istanza del 2010 di autorizzazione paesistica, avente a oggetto la posa di pannelli fotovoltaici sui manti di copertura di due fabbricati siti in Moniga del Garda (BS), a ridosso del centro storico del paese, in via Magenta, su un territorio soggetto a dichiarazione di notevole interesse pubblico in base al d. m. 24 marzo 1976 e ai sensi dell’art. 1 della l. n. 1497 del 1939.
La Soprintendenza ha reso, nel giugno del 2011, parere sfavorevole di compatibilità paesaggistica ai sensi dell’art. 146, comma 5, del t. u. n. 42 del 2004, per l’apposizione di pannelli fotovoltaici in laterizio in falda di tetto, poiché l’inserimento di due falde fotovoltaiche in un sistema di falde tutte di coppi rossi di carattere tradizionale ripropone l’alterazione percettiva delle coperture già segnalata con precedente parere negativo e soprattutto determina una commistione tra materiali diversi in falda di tetto (coppi e pannelli) aventi colori diversi, aggiungendo che sarebbe stato possibile “utilizzare la falda di copertura solo a fronte di un trattamento unitario di materiali e colori che coinvolga l’intero edificio”.
La Soprintendenza, ricevuta dalla società, in data 30 gennaio 2012, richiesta di parere ulteriore per la “posa di pannelli fotovoltaici opachi di colore rosso mattone”, dopo avere comunicato alla società, il 2 marzo 2012, il preavviso di diniego e avere acquisito, dalla stessa, il 16 marzo, osservazioni ai sensi dell’art. 10 bis della l. n. 241 del 1990, ha, infine, con l’atto impugnato del 18 aprile 2012, reso un nuovo parere vincolante sfavorevole sulla nuova istanza che prevedeva una soluzione cromatica in rosso mattone e la copertura completa e uniforme delle falde dei tetti esposte all’irraggiamento solare, con l’esclusione delle altre falde, vale a dire di quelle non esposte all’irraggiamento, evitando così, secondo il nuovo progetto, commistioni derivanti dalla compresenza, sulla stessa falda, di una copertura a mattoni e di una copertura piana da impianto fotovoltaico. Pur dando atto del cambiamento del colore del pannello fotovoltaico, la Soprintendenza ha censurato nuovamente il progetto perché avrebbe condotto a “scelte di collocazione differenti a seconda delle falde, sia perché le tipologie di falde (non perfettamente rettangolari) di fatto impediscono un reale utilizzo dei pannelli fotovoltaici (moduli rettangolari), sia perché le falde oggetto di intervento sarebbero solo alcune dell'intero complesso con forme geometriche differenti tra loro”.
L’Amministrazione ha contestato alla società di non avere analizzato “una visione di insieme alla luce di tutti gli aspetti che determinano il risultato finale pertanto sia quello materico, che quello architettonico, che quello delle scelte tecnologiche”, e ha rilevato che “la proposta di installare i pannelli fotovoltaici, seppur simili nel colore al manto di copertura tradizionale e integrati totalmente nel tetto, su di un complesso architettonico che si sviluppa con oltre 10 falde di tetto (solo per il corpo B), pur avanzando verso una soluzione meno invasiva percettivamente, se non supportata anche da una revisione architettonica dell'impianto di copertura non risolve le problematiche più volte evidenziate, ovvero, inserendo solo due falde fotovoltaiche in un sistema vario di falde con coppi antichizzati ripropone non solo l'alterazione percettiva delle coperture di carattere tradizionale, ma soprattutto giustappone materiali differenti determinando una sostanziale confusa commistione tra diversi materiali in falda di tetto; sicché il progetto presentato, per l’accentuazione di un elemento incongruo alla identità storica caratteristica dell’insediamento abitativo lacuale, in relazione ai valori riconosciuti nel decreto di vincolo dell’area, (determinerebbe) l’alterazione e la deconnotazione dell'ambito paesaggistico oggetto di intervento a seguito della deconnotazione di uno dei suoi elementi storicamente caratterizzanti; la copertura (qualora in coppi trattata per materiali e colori in modo uniforme) e pertanto non risulta finalizzata ad un miglioramento della qualità paesaggistica complessiva dei luoghi”.
Nella premessa dell’atto lesivo si rileva poi che il manto di copertura in cotto è uno dei principali elementi di connotazione materica dell’edificato; che la scelta del componente va compiuta in funzione dell’immagine complessiva del fabbricato, e che un risultato coerente dal punto di vista architettonico e materico con il contesto si persegue con una “copertura totalmente fotovoltaica”.
La Soprintendenza non ha recepito le osservazioni formulate dalla società “ai sensi dell’art. 10 bis” e, dopo avere ribadito il suggerimento di collocare a terra queste strutture, ha insistito nella conclusione per cui l’inserimento di sole due falde fotovoltaiche in un sistema vario di falde con coppi antichizzati tutt’altro che semplice (il tetto è infatti composto da non meno di 13 falde per il corpo B) non risolve le problematiche materiche e di colore più volte evidenziate posto che il paesaggio non si limita a una falda ma comprende la percezione unitaria di tutti gli elementi che lo compongono sicché nella specie rimane ferma una “situazione di alternanza incoerente di materiali” percepibile dal centro storico sovrastante.
E’ stata inoltre posta in dubbio la possibilità di risolvere “il problema degli elementi angolari di falda con pannelli che esistono in produzione solo di forma rettangolare”.
In esecuzione del parere negativo della Soprintendenza il Comune, con atto del 19 aprile 2012, ha negato il proprio assenso all’intervento di “posa dei pannelli fotovoltaici opachi di colore rosso mattone”.
LA SENTENZA DEL CONSIGLIO DI STATO. Con la sentenza n. 856/2017 pubblicata il 23 febbraio, la sesta sezione del Consiglio di Stato ha evidenziato che nella situazione di fatto in esame, caratterizzata dalla uniformità cromatica di tutte le falde e dalla completa e integrale copertura delle due falde destinate alla installazione dell’impianto fotovoltaico, “non è dato comprendere come il contesto ambientale possa soffrire un pregiudizio dalla esecuzione del progetto più recente di copertura con pannelli fotovoltaici così come presentato dalla società appellante”.
Pertanto, ad avviso del Collegio la sentenza del Tar di Brescia, che aveva respinto il ricorso, “presenta profili di contraddittorietà interna e di omessa adeguata considerazione specie delle modifiche progettuali apportate dalla società”.
Da ciò discende “l’accoglimento dell’appello e, in riforma della decisione impugnata, l’accoglimento del ricorso di primo grado e l’annullamento non solo del parere sfavorevole di compatibilità paesaggistica della Soprintendenza di Brescia ma anche del successivo diniego conforme del Comune”.
In allegato la sentenza del Consiglio di Stato