Nel caso in cui i pannelli di un impianto fotovoltaico si rivelano non essere di origine europea come invece originariamente dichiarato, il Gestore dei servizi energetici può revocare la maggiorazione del 10% della tariffa incentivante – premio Made in EU – ma non può revocare l'incentivo base del Conto Energia.
Lo ha precisato il Consiglio di Stato (sezione quarta) nella sentenza n. 2006/2016 depositata ieri.
I giudici di Palazzo Spada evidenziano che tanto il D.M. 5/5/2011, quanto il D.L.gs. n. 28/2011 - riferendosi entrambi i testi normativi sia ai casi di “falsità” (concetto presupponente, in teoria, la sussistenza dell’elemento del dolo, nel compimento dell’infrazione) che a quelli di “non veridicità” (comportante, al contrario, la mera non corrispondenza di quanto dichiarato rispetto alla realtà fattuale) dei dati o documenti forniti in sede di procedura per l’ammissione alle tariffe incentivanti - “richiedono, al fine dell’emanazione dei provvedimenti di decadenza dagli incentivi e di recupero delle somme eventualmente già erogate, che la violazione rilevata attraverso la procedura di verifica degli impianti, prevista dagli artt. 21 D.M. 5/5/2011 e 42 D.Lgs. n. 28/2011, debba risultare “rilevante” ai fini del riconoscimento dell’incentivo”.
A norma dell’art. 21, c. 2 D.M. 5/5/2011, infatti, “l’accertamento della non veridicità di dati e documenti o della falsità di dichiarazioni, resi dai soggetti responsabili” comporta “la decadenza dal diritto alla tariffa incentivante” nei (soli) casi in cui le dichiarazioni siano state fornite “ai fini dell’ottenimento delle tariffe incentivanti” e pertanto non qualora, come nella fattispecie, la non veridicità dei dati sia dipesa da un errore formale – tra l’altro, nemmeno commesso dall’istante – la cui assenza non avrebbe in ogni caso modificato l’esito della procedura di incentivazione dell’impianto.
Allo stesso modo, l’art. 42, c. 3 D.Lgs. n. 28/2011 statuisce espressamente che il Gse possa disporre il rigetto dell’istanza ovvero la decadenza dagli incentivi “nel caso in cui le violazioni riscontrate nell’ambito dei controlli di cui ai commi 1 e 2 siano rilevanti ai fini dell’erogazione degli incentivi”.
“Ne deriva, con ragionamento a contrario, che qualora le violazioni rilevate dal Gestore per i Servizi Energetici non risultino rilevanti ai fini dell’ottenimento delle tariffe incentivanti, le stesse non possano essere oggetto di procedura repressiva”, osserva il Consiglio di Stato, secondo il quale è sbagliato ritenere che nella normativa suddetta possa rinvenirsi una sorta di “automatismo” tra la presentazione di dati o documenti falsi ovvero non veritieri, da parte del soggetto istante, e la decadenza dello stesso dalle tariffe incentivanti.
Sono quindi errate le conclusioni cui è giunto il giudice di prime cure, secondo cui la non veridicità delle dichiarazioni rese in merito alla provenienza europea dei moduli fotovoltaici, rilevanti esclusivamente per l’ottenimento del bonus del 10% previsto dall’art. 14, c. 1 lett. d) D.M. 5/5/2011, “porta con sé la decadenza tout court della concessione tariffaria per falsa dichiarazione ai sensi dell’art. 42 co. 3 D. lgs. 28/2011”.
Invero, afferma il Consiglio di Stato, “dalla normativa sopra citata appare sufficientemente chiaro che il Gestore per i Servizi Energetici, qualora riscontri, in sede di verifica ai sensi dell’art. 42 D.Lgs. n. 28/2011, inesattezze dei dati forniti dai soggetti partecipanti alle procedure per riconoscimento di incentivi per la produzione di energia, dovrebbe procedere ad una apposita valutazione – nel caso di specie, non svolta – sulla rilevanza di tali violazioni e non procedere direttamente e automaticamente al rigetto della relativa istanza (ovvero, alla decadenza del soggetto dagli incentivi e al recupero delle somme eventualmente già erogate)”.