Mappare “porta a porta” il territorio ed il tessuto costruito e studiare un’ipotesi di carattere assicurativo obbligatorio (o semi-obbligatorio), limitata a zone a rischio e comunque determinate per gli immobili antecedenti al 1974, riguardante la copertura per i privati sul bene edificato.
Queste le proposte di Finco (Federazione Industrie Prodotti Impianti Servizi ed Opere Specialistiche per le Costruzioni) nel suo Progetto “Per Un’Italia Piu’ Bella e Piu’ Sicura” illustrato il 22 settembre dal Dr. Angelo Artale, Direttore Generale Finco, al RemTech Expo 2017 di Ferrara, alla tavola rotonda “Patrimonio edilizio e rischio sismico: tavola rotonda conclusiva e redazione di documento d'intenti”.
L'INTERVENTO DEL DIRETTORE GENERALE FINCO (SLIDE). “Se è vero che gli eventi sismici sono incomprimibili manifestazioni della natura è altrettanto vero che terremoti come quelli del 24 agosto, del 26 ottobre e del 30 ottobre 2016, rispettivamente di magnitudo 5.5, 6.1 e 6.5, non dovrebbero provocare 290 vittime e 400 feriti.
L’ Italia è notoriamente un Paese sismico: oltre il 40% (poco meno di 5 milioni) degli edifici del Paese sismico (livelli 1 e 2) e pochi di essi sono stati costruiti con criteri antisismici (quasi tutti con tecniche tradizionali). Questo implica che, in Italia, almeno tre milioni di edifici residenziali, costruiti in zona sismica prima del 1974, sono ad alto rischio di collasso, in caso di terremoto senza considerare le costruzioni in zone “improprie”: golenali, alvei di fiumi e torrenti (sotto questo profilo potrebbe essere utile un’ulteriore riflessione su come trattare l’abusivismo - anche quello “sanato”).
Tale elevato numero non include scuole, ospedali ed altri manufatti aventi funzioni strategiche e pubbliche che spesso sono localizzati/e in costruzioni storiche o semplicemente vecchie; né edifici che a fronte dell’evento sismico dovrebbero conservare la propria integrità strutturale e funzionale per poter garantire comunque i servizi essenziali. Oltre il 30% delle scuole italiane è dislocato in zone a rischio sismico e di queste solo un ridotto numero è protetto sismicamente.
Sono poi esclusi dall’analisi i numerosi luoghi di culto, che molto spesso possiedono un elevato valore artistico (nelle sole zone colpite dal terremoto si stima siano presenti oltre 50.000 siti culturali).
L’alto rischio sismico del territorio nazionale dipende quindi dalla frequenza ed intensità dei terremoti che periodicamente lo colpiscono, dall’elevata vulnerabilità del patrimonio edilizio (oltre che, in una certa misura, dal materiale “inadeguato” utilizzato talvolta nelle costruzioni).
Moltissimi centri storici italiani si trovano collocati nelle aree a più alto rischio sismico.
Dunque, oltre alle abitazioni ed edifici pubblici che ospitano servizi strategici (scuole, ospedali, caserme, palazzi sede di funzioni amministrative di ogni livello), anche il sistema infrastrutturale, industriale e produttivo, oltre che le reti dei servizi e il patrimonio monumentale ed artistico, presentano un elevato grado di vulnerabilità sismica.
L’unico modo - e comunque il più razionale – per proteggere la popolazione ed il patrimonio edilizio dai terremoti resta perciò quello di realizzare interventi sistematici di prevenzione sugli edifici ascrivibili alla categoria di “vecchi”, cioè costruiti anteriormente all’entrata in vigore della normativa che determina la classificazione sismica del tessuto edilizio italiano, in modo da rafforzarne la struttura e impedirne il collasso in caso di terremoto.
Esistono una serie di considerazioni tese a validare l’idea di un grande progetto di prevenzione sismica, oltre alla principale ed ovvia priorità di sicurezza nelle abitazioni che la Presidenza del Consiglio aveva affermato, a suo tempo, in relazione al Progetto Casa Italia.
In primo luogo, le analisi tecnico-economiche del settore indicano che, intervenendo in via preventiva, si possa realizzare un risparmio stimabile del 40-50% rispetto ai costi necessari per la ricostruzione successiva, senza tener conto del dato sicuramente più rilevante, ovvero il notevole calo in termini di vittime, feriti e senzatetto.
In secondo luogo ed in subordine, gli interventi di prevenzione sismica sono investimenti produttivi, capaci di rilanciare e sostenere economicamente il settore delle costruzioni, capillarmente diffuso anche nelle zone meno economicamente sviluppate del Paese, che corrispondono spesso a quelle più esposte a rischio sismico.
Alcune tipologie di intervento permettono di raggiungere elevati gradi di protezione sismica tali da evitare danni non solo alle strutture portanti dei fabbricati ma anche al loro contenuto. Si possono infatti limitare, o addirittura annullare, danneggiamenti a tamponature e finiture, garantendo l’operatività anche in seguito ad eventi di discreta intensità.
In relazione a questo ultimo punto, per quanto riguarda in particolare il rapporto con il mercato privato, decisiva risulta la nuova normativa in materia che permetterà in modo chiaro e strutturato di poter realizzare interventi di adeguamento o miglioramento sismico degli edifici finanziandone i lavori con la possibilità di accesso a detrazioni fiscali potenziate da parte dei contribuenti, fino addirittura all’85% nel caso di parti condominiali. E, sotto questo profilo, sarebbero da approfondire le ulteriori possibilità di rendere conveniente perseguire il binomio virtuoso efficienza energetica/efficienza sismica.
Allo stato attuale, uno degli scogli ai fini di questo “approccio integrato” può essere talvolta rappresentato dalla difficoltà di persuasione del cittadino italiano medio circa l’opportunità di assicurare la propria abitazione: è tuttora radicato il concetto di avere diritto di ottenere sempre e comunque l’aiuto da parte dello Stato in caso di calamità, approccio che si lega spesso alla non piena comprensione dei rischi reali legati all’incolumità fisica delle persone ancor prima che al recupero dei danni economici in caso di eventi sismici.
Questo approccio è particolarmente tipico delle zone per le quali vi è stato un significativo e repentino inserimento nelle aree sismiche in quanto la relativa popolazione, stante la pregressa classificazione di non sismicità, non si è allertata sotto questo punto di vista (ved. terremoto Emilia).
Ciò premesso, in particolare la Federazione nel suo Progetto “Per Un’Italia Piu’ Bella e Piu’ Sicura” propone di:
- mappare “porta a porta” il territorio ed il tessuto costruito. Una vera e propria “due diligence” sismica, energetica, idrogeologica da affidare, tramite incarichi professionali, in particolare agli under 35. Le ricadute in termini di occupazione sarebbero veloci e molto interessanti, mentre le competenze tecniche e l’innovazione tecnologica, in un arco temporale di 5 - 10 anni, sarebbero tali da consentire uno sviluppo tecnologico italiano nel recupero urbano. Le competenze e le tecnologie maturate sarebbero inoltre successivamente “esportabili”.
Il costo di tale operazione risulterebbe ben inferiore a quanto sin qui sostenuto dallo Stato per far fronte ai disastri naturali negli ultimi 30 anni.
Questa proposta tocca un punto delicato vale a dire dal problema della disponibilità immediata di numerose competenze specialistiche e professionali necessarie per gli interventi che si propongono.
Ciò vale anche per i controlli e le verifiche ai numerosi impianti presenti nelle località interessate dal sisma.
- Studiare un’ipotesi di carattere assicurativo obbligatorio (o semi-obbligatorio), limitata a zone a rischio e comunque determinate per gli immobili antecedenti al 1974, riguardante la copertura per i privati sul bene edificato.
Ciò porterebbe a due positive conseguenze, cui va aggiunta quella di un nuovo approccio al tema da parte dei cittadini:
1) la prima in termini di responsabilità: essendo necessaria un’assicurazione, posto che nessuno garantirebbe un bene a rischio, è evidente che un’opera, ubicata in zona a rischio, non sarebbe più edificata (per il già costruito l’opera va messa in sicurezza o abbattuta se non è possibile garantirne la sicurezza);
2) la seconda, in termini di copertura economica: dando attuazione al D.L. n. 59 del 15 maggio 2012, nel quale viene in sostanza disposto che lo Stato non provvederà più alla ricostruzione di beni privati dopo eventi calamitosi, terremoti, ecc. si rende, quindi, necessaria un'assicurazione obbligatoria a copertura di eventuali danni derivanti da suddetti fenomeni. Il costo di questa assicurazione deve poter essere portato in detrazione fiscale, onde non appesantire le già rilevanti imposte sulla casa.”